CALCIO: Siria, il sogno mondiale si coltiva sotto le bombe

Successi nonostante le bombe: la Siria, superato il giro di boa del secondo turno delle qualificazioni asiatiche alla Coppa del Mondo 2018, sta coltivando il suo sogno mondiale. Attualmente la squadra, che martedì ha regolato l’Afghanistan 5-2 con una tripletta di Osama Omari e una doppietta di Mahmoud Maowas, si trova in testa al girone E. Sono due i punti di vantaggio su Singapore e sul Giappone anche se quest’ultima, unica squadra a battere finora i siriani (3-0 la scorsa settimana), ha un incontro in più da disputare.

Molti dei giochi si potrebbero già risolvere il mese prossimo, quando entrambe le squadre incontreranno la terza in classifica Singapore, potenzialmente cercando di aprire un gap decisivo per la qualificazione. Il passaggio al terzo turno, garantito alle vincitrici dei gironi e alle quattro migliori seconde, vorrebbe dire giungere a una fase con due gironi di sei squadre, con in palio quattro posti per i Mondiali russi del 2018 e un posto per i play-off di qualificazione. Per la Siria una qualificazione significherebbe la prima partecipazione in assoluto a una Coppa del Mondo.

Fino a questo momento la Siria ha spadroneggiato, vincendo quattro incontri e segnando 18 gol in soli cinque incontri, grazie anche a due vittorie 6-0 contro Afghanistan e Cambogia. Si tratta del miglior attacco del girone e del secondo migliore attacco di tutto il secondo turno di qualificazione, dietro le 24 reti del Qatar, che però ha all’attivo una vittoria 15-0 contro il Bhutan. I migliori marcatori sono proprio Osama Omari (dell’al-Wahda di Damasco), Mahmoud Maowas (al-Riffa, Bahrein) e Omar Khribin (al-Mina’a, Iraq). Omari, insieme al portiere Ibrahim Alma e all’attaccante Raja Rafe, suoi compagni di squadra all’al-Wahda, è uno dei soli tre convocati della squadra a giocare nel campionato domestico, con gli altri sparsi tra le leghe di Oman, Qatar, Iraq (dove giocano ben otto di loro), Libano e Arabia Saudita, ma anche Turchia (Sanharib Malki del Kasımpaşa) e Bosnia (Ahmad Kallasi del FK Sarajevo).

Le buone performance nelle qualificazioni però non possono nascondere il difficile momento che sta vivendo il calcio siriano e tutto il paese: la nazionale sta disputando i propri incontri casalinghi in Oman ed è impossibilitata a giocare sul proprio suolo per via del conflitto. L’ultimo incontro disputato sul suolo siriano risale ormai alla sconfitta amichevole contro l’Iraq a Damasco del 22 dicembre 2010. La squadra è accusata di non rappresentare il paese, ma solo il governo di Assad, tanto che sia in Libano sia in Turchia sono state fondate nazionali “ribelli”, di impronta anti-assadista e che vogliono richiedere di divenire i rappresentanti ufficiali del paese presso la FIFA.

Nel frattempo la federcalcio ufficiale siriana ha ridato il via alle competizioni domestiche, nonostante la fuga di diversi giocatori all’estero, la morte di altri (come Youssef Suleiman, vittima di un colpo di mortaio) e l’utilizzo di alcuni stadi come basi militari o centri di detenzione. La nazionale deve fare invece i conti con molteplici tensioni politiche interne. Diversi giocatori si sono rifiutati di vestire la maglia della nazionale: tra di loro anche l’assiro-svedese Louay Chanko, esperto mediano del Syrianska, e l’attaccante Firas al-Khatib, ritiratosi nel 2012 dichiarando di non voler rappresentare il regime di Assad. Dalla nazionale giovanile è passato all’opposizione attiva invece l’ex portiere Abdelbasset Saroot: cantautore di protesta soprannominato Canarino, figura tra i leader del sollevamento di Homs, inizialmente si unì all’ISIS, per poi invece passare a Jabhat al-Nusra, affiliata Quaedista.

Quando nel 2012 la nazionale siriana vinse il Campionato WAFF (West Asian Football Federation) l’attaccante Omar al-Soma fece sventolare la bandiera dei ribelli. E anche il giocatore più esperto della squadra – il portiere Mosab Balhous, che figura tra i convocati e che il mese prossimo potrebbe giocare la sua centesima partita con la maglia della nazionale – non sembra nutrire simpatie per il regime. Nel 2011 Balhous venne infatti arrestato con l’accusa di aver fornito rifugio e sostegno a dei ribelli armati anti-Assad.

Mentre la nazionale maggiore spinge per qualificarsi alla Coppa del Mondo, c’è una nazionale siriana che già è riuscita a centrare l’obiettivo storico: l’under 17 settimana prossima esordirà alla Coppa del Mondo che si terrà in Cile, disputando il suo secondo torneo (dopo la partecipazione nel 2007). Il capitano della squadra, Mohammed Jaddou, considerato uno dei talenti più cristallini del continente asiatico, non sarà però presente alla manifestazione. Lo scorso aprile Jaddou è fuggito, attraversando la Turchia, il Mediterraneo e l’Italia per recarsi in Germania. Nel cuore la madre e i fratelli rimasti in Siria, le minacce subite mentre era capitano della nazionale under 17, la paura vissuta in cinque giorni e cinque notti fermi in un guscio di noce in mezzo al Mediterraneo e il ricordo di un compagno di squadra, Tarek Ghrair, morto appena quindicenne a Homs, vittima dei mortai. Nella testa il sogno e l’ambizione di raggiungere il livello del suo idolo, Cristiano Ronaldo, e vestire un giorno la maglia del Real Madrid.

Per ora Mohammed Jaddou deve accontentarsi dell’alloggio a Oberstaufen, dell’udienza per la decisione sulla sua domanda d’asilo e della maglia del Ravensburger, nella quinta divisione tedesca. Come ha raccontato James Montague in un documentario di Copa90, un provino con l’under 19 del Bayer Leverkusen ha fatto capire che Jaddou potrebbe avere la stoffa per giocare in Bundesliga, ma ogni progresso è stato fermato dalle questioni relative ai suoi documenti.

Foto: Syrian Soccer Site (Facebook)

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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