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CALCIO: Iran diviso tra qualificazioni mondiali e festività religiose

Sarà uno scontro cruciale per il girone, ma sta facendo parlare soprattutto fuori dal campo. Domani allo stadio Azadi di Teheran la nazionale dell’Iran incontrerà la Corea del Sud in uno scontro valido per il girone A del terzo turno delle qualificazioni asiatiche alla Coppa del Mondo 2018. Le due squadre, ancora imbattute dopo tre gare, occupano le prime due posizioni del girone a pari punti, tallonate strettamente dall’Uzbekistan (-1) e dalla Siria (-3). Lo scontro diretto tra le due squadre potrebbe quindi rimescolare le carte del girone. Soprattutto però la gara si sta dimostrando per il calcio iraniano un terreno di confronto con la religione.

A creare scompiglio è la data dell’incontro: l’11 ottobre è infatti per gli sciiti il giorno di Tāsū‘ā’, il nono giorno del mese sacro del Muharram. Il Tāsū‘ā’, insieme al giorno successivo (ʿĀshūrāʾ), rappresenta infatti la celebrazione del lutto per il martirio dell’Imām Husayn, nipote di Maometto. La data dell’incontro era nota da circa quattro anni, mentre quella della festività è stata definita solo successivamente: spesso per determinare le date dei giorni sacri il mondo musulmano si regola attraverso le fasi lunari.

La coincidenza della gara di qualificazione con una giorno sacro di lutto ha spinto l’Āyatollāh Muḥammad Yazdī a criticare pubblicamente l’operato del ministro per lo sport e le politiche giovanili Mahmoud Goudarzi (un ex lottatore). Yazdī entrò nella vita pubblica iraniana come membro dell’assemblea che scrisse la nuova Costituzione del paese dopo la rivoluzione islamica del 1979. Fu al vertice del sistema giudiziario dal 1989 al 1999 ed è stato il presidente dell’Assemblea di Esperti (che ha potere di eleggere e revocare la Guida Suprema del paese) fino al 23 maggio di quest’anno. È noto per le sue posizioni oltranziste e per la sua critica aperta alle politiche sociali e culturali del presidente Hassan Rouhani, considerato eccessivamente libertario.

La replica è arrivata da Ali Motahari, conservatore moderato e vicepresidente del Parlamento iraniano. Attraverso una lettera aperta al quotidiano Jamejam Online, Motahari ha definito la posizione di Yazdī insostenibile: «Immaginate che l’Iran segni contro la Corea del Sud e delle persone esultino. Vuole forse dire che le persone stanno esultando per il martirio dell’Imām Husayn? Se qualcuno incontra dopo anni sua madre, suo padre o suo figlio alla vigilia dell’ʿĀshūrāʾ, non dovrebbe allora essere felice e sorridente per non violare la santità dell’Imām? Il dovere del clero e dei giusti è di combattere contro i punti deboli della società e i costumi superstiziosi che hanno incatenato i piedi e le mani della gente, e non cavalcare tali correnti».

Non è la prima volta che il calcio iraniano e gli Āyatollāh entrano in collisione. Quando nel 1997 l’Iran si qualificò alla Coppa del Mondo per la prima volta dopo la rivoluzione islamica, diverse donne manifestarono fuori dallo stadio Azadi per essere ammesse nell’impianto e partecipare ai festeggiamenti per la squadra. Nel 1987 persino Khomeini dovette capitolare di fronte all’attaccamento mostrato dalle donne iraniane nei confronti del calcio, diramando una fatwā che permetteva loro di assistere alle gare in televisione. Nel giugno 2009, proprio in occasione di una gara di qualificazione al Mondiale contro la Corea del Sud, sei giocatori della nazionale scesero in campo con al polso delle fascette verdi in sostegno del candidato riformista Mīr-Hoseyn Mūsavī, allora principale sfidante del presidente Mahmoud Ahmadinejad.

Foto: IranSportsPress (Facebook)

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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