MONTENEGRO: “Un complotto russo” per uccidere Milo Djukanovic

Il procuratore generale del Montenegro, Milivoje Katnic, ha dichiarato che un gruppo di nazionalisti russi voleva uccidere il primo ministro Milo Djukanovic e compiere un colpo di stato. Il gruppo avrebbe progettato di entrare in parlamento e, armi alla mano, rovesciare il governo, mentre un cecchino sarebbe stato ingaggiato per sparare a Djukanovic.

“Non abbiamo prove che il governo russo sia coinvolto in alcun modo, ma sappiamo che gli organizzatori sono russi e provengono da ambienti nazionalisti” ha dichiarato il procuratore.

E’ dall’indomani delle elezioni dello scorso ottobre, in cui si è registrata la vittoria di Djukanovic, che il paese è al centro di tensioni. L’arresto di un gruppo di persone, inizialmente identificate come un gruppo paramilitare serbo, avvenuto proprio all’indomani del voto, ha gettato l’ombra del complotto internazionale sul paese. Un complotto, vociferano alcuni, che Djukanovic avrebbe confezionato da sé, ma che potrebbe legarsi alla decisione di portare il paese nella Nato, ipotesi assai poco gradita dai russi che hanno, in Montenegro, interessi economici rilevanti.

Parte dell’opinione pubblica montenegrina non vede di buon occhio l’ingresso del paese nella Nato, previsto nel 2017, anche alla luce dei legami culturali e politici (ma anche d’affari) che legano la piccola repubblica balcanica alla Russia.

Tuttavia le ragioni di queste tensioni possono essere trovate nelle proteste che, prima delle elezioni, hanno riguardato il paese. I partiti di opposizione appaiono più che mai decisi a mettere la parola fine sul ventennale potere di Djukanovic. Per delegittimarli, il primo ministro li ha accusati di avere ricevuto fondi da Mosca. Certo, Djukanovic ha vinto le elezioni ma la sua posizione resta incerta, non avendo raggiunto la maggioranza necessaria per formare un governo.

Così, tra complotti russi, tentati omicidi, gruppi paramilitari e misteri di palazzo, le recenti vicende del Montenegro sembrano sempre meno il frutto di un intrigo internazionale, e sempre più il risultato di una messa in scena a uso e consumo interno.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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