EGITTO: La controrivoluzione uccide ma non fa notizia

Concentrati sulla guerra in Libia, su un’emergenza profughi creata ad arte per stornare l’attenzione della pubblica opinione da affari interni, i media nostrani dimenticano il nord Africa dopo averne tanto parlato, spesso senza saper che dire. Così, dopo gli entusiasmi per la rivoluzione dei gelsomini, dopo la glorificazione di facebook, ci si è dimenticati dell’Egitto. Eravamo rimasti a piazza Tahrir con i manifestanti che cacciavano Mubarak e l’esercito che “guidava la transizione”. Qualcuno lo chiamerebbe colpo di stato, ma non in Egitto dove la piazza ha però ben compreso come il nuovo corso si sia avvalso del malcontento e delle manifestazioni per scalzare il vecchio Mubarak e sostituirlo. Diceva Tomasi di Lampedusa che affinché nulla cambi, tutto deve cambiare.

I manifestanti hanno così organizzato, venerdì scorso, una nuova manifestazione per chiedere riforme democratiche. Risultato: un morto, forse due, e una settantina di feriti. Lo riferiscono fonti mediche e attivisti citati dalla tv satellitare Al Jazeera. Cifre confermate dal ministero della salute egiziano. Ancora oggi centinaia di manifestanti occupano piazza Tahrir. Il Consiglio Supremo delle Forze Armate al potere si era impegnato a rimuovere alcuni governatori provinciali nominati dal deposto presidente, tentando così un’apertura nei confronti della piazza, che però chiede che Hosni Mubarak* e gli uomini a lui più vicini vengano processati rapidamente. E chiede soprattutto che la transizione guidata dall’esercito non diventi permanente.

Secondo Ahmed Salah, uno dei leader della protesta esplosa il 25 gennaio, in un’intervista al Corriere della Sera, dice che in Egitto: “è in atto una cospirazione evidente per mantenere il vecchio regime. I militari guidati dagli ex uomini di Mubarak, come lo stesso capo del Consiglio Tantawi, e molti membri del partito dell’ex rais NDP hanno stretto un patto con i Fratelli musulmani e gli islamici per non cambiare niente e quasi tutti i partiti storici di opposizione tacciono per opportunismo. Stanno uccidendo la rivoluzione”.

Se esista realmente una cospirazione, è difficile dirlo. Senz’altro, al buio delle telecamere internazionali, la rivoluzione egiziana muore giorno dopo giorno mentre la “transizione” sembra tentata dal kemalismo Ma, evidentemente, la controrivoluzione non si avvale di facebook e twitter. Roba vecchia, da regime già visto, che non fa notizia.

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*Mubarak ha comunicato oggi, con un audio messaggio, di essere disposto a farsi processare. Si vedrà quanto ciò corrisponda al vero.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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