Le lingue iraniche, dai curdi a Zoroastro

La scorsa puntata abbiamo visto come il persiano moderno, o farsi, sia una lingua appartenente alla grande famiglia indo-europea (la stessa dell’italiano) e che poco o nulla abbia in comune con l’arabo, malgrado le apparenze suggeriscano il contrario. Adesso cerchiamo di capire quali sono le lingue iraniche.

Le lingue indo-iraniche sono un ramo della famiglia indo-europea, a loro volta si articolano al proprio interno in due ulteriori sottogruppi, le lingue iraniche e quelle indo-arie. Senza ulteriori complicazioni diremo che il farsi appartiene al sottogruppo delle lingue iraniche ma ha la particolarità di essere scritto con una versione modificata dell’alfabeto arabo. Non è sempre stato così, prima dell’invasione araba il persiano era scritto in alfabeto aramaico, quello della lingua di Gesù, per intenderci. Non deve stupire troppo. Un alfabeto è un codice, un modo per trascrivere suoni, e la stessa lingua può essere scritta in più alfabeti. Nella lunga storia del persiano, molti sono stati i sistemi di scrittura utilizzati per trascriverlo.

Le antiche lingue iraniche

Il farsi è una lingua iranica, questo l’abbiamo detto. Ma le lingue iraniche hanno subito, nei millenni, un processo di evoluzione e differenziazione. Tra le lingue iraniche più antiche c’è l’avestico, la lingua con cui è scritta appunto l’Avesta, il testo sacro dello Zoroastrismo che è stato per secoli la religione dominante in quasi tutta l’Asia centrale, dal Pakistan all’Arabia Saudita, fino alla rapida affermazione della religione islamica nel VII secolo. Una religione monoteista profondamente filosofica,  nota al grande pubblico soprattutto per il suo utilizzo da parte del filosofo Friedrich Nietzsche in Così parlò Zarathustra. Sorella dell’avestico fu il persiano antico, parlato dal II millennio a.C. fino al 400 a.C. nell’attuale Iran sud-occidentale. Era scritto in caratteri cuneiformi e fu la lingua ufficiale dell’impero Achemenide (540 – 330 a.C.) che fu il primo impero persiano della storia.

Quando Alessandro Magno distrusse l’impero persiano, anche la lingua mutò. L’avestico rimase una lingua liturgica mentre il medio persiano, detto pahlavi, resistette fino alla conquista araba del 640 d.C. Il termine pahlav è un’evoluzione del termine parthava, cioè dell’aggettivo con cui si indicava il regno dei Parti, noti nel nostro paese per avere sconfitto i Romani, che erano un regno persiano. La vastità dei vari imperi persiani ne ha diffuso la lingua al punto che oggi possiamo contare molte lingue iraniche.

Le lingue iraniche moderne

Oltre al farsi, parlato nell’odierno Iran e in larga parte dell’Afghanistan, nonché diretta filiazione del persiano antico e medio, abbiamo una serie varietà di lingue iraniche a loro volta influenzate in diversa misura dall’arabo. C’è il pashto, che è la lingua ufficiale dell’Afghanistan, dove è lingua madre del 60% della popolazione, è parlato da circa 40 milioni di persone tra Pakistan, Afghanistan e nelle regioni a sud dell’Hindi Kush. Il nome pashto deriva dalla radice proto-iranica *parsawa, ovvero “lingua persiana” e testimonia quindi, fin dal nome, la propria origine.

Il curdo è la terza lingua iranica più parlata (circa 15 milioni di persone) e si articola in tre principali varianti, il kurmanji parlato a settentrione (tra Turchia, Armenia, Kazakhstan), il sorani, parlato nell’area centrale (Iraq e Iran del nord) e il curdo meridionale, nella provincia di Kermanshah. Il curdo, a differenza del pashto, non ha una posizione politica riconosciuta ma ha sviluppato, specie nelle sue varianti centrali e settentrionali, una letteratura a partire dai primi anni del Novecento; c’è poi il balochi, che si parla tra Iran e Pakistan; le lingue del Pamir, massiccio montuoso tra Afghanistan, Cina, Tagikistan e Pakistan; l’osseto, vero e proprio fossile linguistico, parlato nell’Ossezia, piccola regione del Caucaso, erede della lingua delle popolazioni alane e sarmate che cavalcarono le steppe tra gli Urali e il Volga tra il I e il IV secolo d.C.

Tutto questo universo di lingue e culture deriva dallo sviluppo e dall’espansione della civiltà persiana, evolutasi nelle epoche e fondatrice di grandi imperi, Achemenide, Partico e Sasanide, sempre in rapporto di incontro-scontro con le civiltà vicine, babilonese, ellenistica, islamica e turco-mongola. Questa è l’incredibile storia persiana che, un poco alla volta, cercheremo di farvi scoprire.800px-Iranian_tongues.svg

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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