ROMANIA: Arrestato per tangenti il sindaco di Bucarest

In Romania c’è qualcosa che aleggia più dei fantasmi del Muro di Berlino e degli oltre quarant’anni di dittatura di Nicolae Ceausescu. Si chiama corruzione ed è molto più di un fenomeno fisiologico in un Paese che ha scelto di far parte dell’Unione Europea e di abbracciare le sue regole soprattutto grazie agli sforzi dei primi anni ’90. Molto è cambiato da allora, anche se si avrebbe quasi la tentazione di dire affinché nulla cambi. Corruzione e malaffare continuano ad essere una piaga sociale a qualsiasi livello, dalla sanità alla pubblica amministrazione, senza risparmiare la classe politica.

L’ennesima ferita arriva dalla capitale. Il sindaco di Bucarest, Sorin Oprescu, è stato arrestato pochi giorni fa. L’accusa è di quelle pesanti: secondo la Direzione Nazionale Anticorruzione (DNA) avrebbe garantito appalti per opere pubbliche in cambio di una parte dei guadagni, e intascato anche una tangente da 25mila euro da quattro imprenditori che poi hanno denunciato il fatto. Nulla di nuovo sotto il sole. L’affaire Oprescu è solo l’ultimo di una serie di scandali che da anni lacerano la Romania, che pure si era impegnata a intraprendere una serie di riforme per ambire a standard di democrazia e trasparenza più accettabili. E invece, le lancette spesso tornano indietro. Solo pochi mesi fa anche il premier Victor Ponta era stato incriminato per corruzione. Si potrebbe poi ricordare lo scandalo che aveva coinvolto l’ex presidente Trajan Băsescu, relativo ad alcune presunte tangenti intascate dal fratello Mircea. Senza contare che il 2014 è stato forse uno degli anni peggiori nella storia del Paese, per via dell’ondata di arresti che hanno coinvolto gran parte della sua classe dirigente. E più di qualcuno non ha esitato a parlare di “Mani Pulite” in salsa rumena, pur al prezzo di spericolati paragoni.

Per il presidente della Repubblica Klaus Johannis, eletto poco più un anno e mezzo fa, è una brutta gatta da pelare: la lotta al malaffare era infatti uno dei punti fondamentali del suo programma politico. Lo stesso Johannis non aveva esitato a chiedere le dimissioni del primo ministro, da lui subito respinte con la motivazione che tanto è il Parlamento che decide. Tra l’altro, la vicenda Oprescu capita in un momento non felicissimo per la Romania e per l’Unione Europea, alle prese con il dramma dei rifugiati e dei profughi siriani. Sulle ricette da adottare per far fronte all’emergenza si gioca la credibilità di un’Europa in preda allo sconquasso sociale e impreparata a certi fenomeni  epocali, nonostante le recenti aperture di sponda tedesca e francese.

“La corruzione è una piaga che si alimenta di relazioni sociali”. 

Andrei Taranu insegna alla National School of Political and Administrative Studies di Bucarest. Non sembra particolarmente sorpreso dell’aria che tira: “In Romania fenomeni di natura corruttiva sono molto radicati perché fanno parte della nostra storia almeno a partire dal periodo ottomano – precisa – per cui dal contadino al voivoda, passando per il pascià, si trattava un sistema capillare e ramificato. Il comunismo ha contribuito ad alimentarlo, anche se in un certo senso l’ha quasi reinventato. Si corrompeva chiunque anche per ottenere l’essenziale”.

A suo parere saremmo di fronte a un nuovo feudalesimo che funziona come una catena di sant’Antonio: “L’idea della famiglia da noi è molto forte, sia in senso tradizionale sia come identità di gruppo. La corruzione si alimenta in un sistema di potere e denaro che ha bisogno di continue relazioni e rapporti sociali. E la vera sfida è cercare di conservarli”.

Guardando un po’ a ovest l’Italia non sembra lontana, anche se si tratta di due situazioni molto differenti. Secondo Taranu, infatti, la piramide sociale rumena è invertita rispetto a quella del Belpaese. “Da noi i giovani stanno meglio degli anziani, che dopo la dittatura si ritrovarono con meno di niente. I sindacati sono deboli e tutelano solo poche fasce sociali, ma non i giovani”. Paradossalmente, però, proprio dalle giovani generazioni si è alzata la protesta contro un sistema politico obsoleto e mummificato. Lo dimostra l’elezione alla presidenza di Klaus Johannis, esponente della minoranza tedesca di matrice protestante, eletto anche grazie al sostegno dei rumeni che vivono all’estero.

Non bastasse, della debolezza delle associazioni sindacali approfittano alcuni gruppi di pressione, che per Taranu sono una cura peggio del male. “In genere sono gruppi di pensionati che si mettono insieme per ottenere qualcosa dai politici, ma hanno interesse solo a tutelare se stessi e sono molto ricettivi nei confronti del potere e ai soldi pubblici”. Anche per questo al momento non sono state  trovate ricette efficaci, ma di una cosa Taranu è sicuro: “Si cominci a restringere le sacche di povertà. È un vecchio rimedio, ma ancora valido”.

Non tutti i segnali, però, sono negativi. Negli ultimi anni è stato avviato un serio tentativo di riforma della giustizia. Nel 2014 la DNA ha formulato dodici richieste di via libera al perseguimento penale di vari esponenti politici, tra i quali ministri ed ex ministri. E dal 2007, per accompagnare l’entrata di Romania e Bulgaria nell’UE, le istituzioni europee hanno deciso di istituire Meccanismo di Cooperazione e Verifica che consiste in una intensa attività di monitoraggio al fine di stabilire un calendario di riforme. Per ora le pene non sembrano essere state un deterrente efficace, ma qualcosa si muove. E se aumentano arresti e incriminazioni, si può sperare che il sistema cominci a funzionare.

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2 commenti

  1. tutti i Paesi dell’EST, hanno come comune denominatore: l’evasione fiscale, la burocrazia controllata, le Tangenti, il “testimone”…..

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