SERBIA: A che serve l’autonomia alla Vojvodina?

Fin dal 2009, quando si è cominciato fattivamente a discutere dell’autonomia della Vojvodina,  si sono moltiplicati gli allarmi per le strade di Belgrado. Se la Serbia accordasse un’autonomia alla regione settentrionale, la più ricca del Paese, questa prima o poi arriverebbe alla secessione. A quel punto allora la regione a maggioranza bosnjaca di Sandžak,nel sud ovest del Paese, e ciò ridurrà la Serbia alle frontiere del 1878. E per una nazione che, ancora fino Milosevic, coltivava il sogno (infarcito di retorica) della “Grande Serbia” sarebbe uno smacco.

Malgardo questi proclami catastrofisti, il 14 dicembre scorso il Parlamento di Belgrado ha approvato uno statuto speciale per la Vojvodina che ne amplia i poteri e le competenze. La questione ha acceso il dibattito politico ma, secondo Marko Blagojević, analista ed esperto di sondaggi, non raccoglie l’interesse dell’opinione pubblica. La provincia ha sempre goduto di una relativa autonomia a causa della sua composizione etnica: molto forti sono le minoranze ungheresi, slovacche, croate e rutene. Fino agli anni Novantal a somma delle minoranze raggiungeva il 50% della popolazione. Tra il 1974 e il 1988 ha beneficiato di una larghissima autonomia all’interno della Yugoslavia federale, come anche fu per il Kosovo. Ma era quella, appunto, una repubblica federale e in quel contesto le autonomie sono fondamento dell’ordinamento politico. La Serbia di oggi è altra cosa.

Le guerre degli anni ’90, però, hanno mutato la composizione etnica della Vojvodina. Senza dubbio il prossimo censimento del 2011 mostrerà come, dei due milioni di abitanti, il 70% è serbo. Alla luce di ciò, alcuni si chiedono se l’autonomia sia ancora necessaria. I partigiani dell’autonomia dichiarano che, in ogni caso, la Vojvodina è altro dalla Serbia. Ma quali sono questi elementi di alterità?

Non la cultura, non la composizione etnica, ma il denaro. La provincia, che ha come capoluogo Novi Sad, è la più ricca del Paese. Gran parte del reddito nazionale è prodotto in Vojvodina. Autonomia significa maggiore libertà fiscale. E non sono queste motivazioni da poco. Si ricordi che le spinte indipendentiste slovene, che poi sfociarono nella guerra dei dieci giorni, hanno origine nel malcontento fiscale. Era la Slovenia infatti la regione più ricca della Yugoslavia, e la più vessata. Allo stesso modo le spinte autonomiste catalane, quelle fiamminghe, persino quelle dell’Italia settentrionale hanno -dietro la maschera della differenza etnica o culturale- un profondo interesse economico essendo quelle le regioni più ricche dei rispettivi Paesi. Tali spinte autonomistiche, dunque, non sono da sottovalutare poiché più forti di qualsiasi motivazione di ordine etnico o culturale.

Fonte: Courrier des Balkans, Birn

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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