UCRAINA: Il leader di Pravy Sector nominato allo stato maggiore

Dmytro Yarosh è il nuovo assistente del comandante in capo delle forze armate ucraine, Viktor Muzhenko. Un ruolo di alto profilo e assoluto prestigio, che lo inserisce nella cerchia dello staff presidenziale. La nomina di Yarosh è stata voluta dal presidente Poroshenko in persona. Yarosh non è un uomo qualunque. E’ il capo di Pravy Sector, il famigerato movimento di estrema destra che caratterizzò la svolta violenta della piazza durante le proteste di Maidan. Dal luglio 2014 pende, sulla testa di Yarosh, un mandato di cattura dell’Interpol che lo accusa di incitamento al terrorismo. Ha combattuto a Donetsk, unitamente a un battaglione ultra-nazionalista, ed è stato ferito durante la battaglia per la conquista dell’aeroporto cittadino. E’ noto per le sue posizioni apertamente anti-liberali, contrarie sia all’influenza europea sul paese che a quella russa. Secondo alcuni il suo movimento, Pravy Sector, è neonazista. La sua nomina a un gradino così alto della scala di potere ucraina non lascia ben sperare per gli sviluppi democratici del paese.

Pravy Sector è stata la prima organizzazione a formarsi durante le proteste di Maidan e a cui era demandato il controllo del settore destro della piazza. Da qui il nome del movimento il cui carattere ultra-nazionalista, e il simbolico richiamo alla controversa esperienza dell’esercito di resistenza ucraino (UPA) attivo durante la Seconda guerra mondiale, ne hanno fatto un campione dell’estremismo di destra in Ucraina.

Malgrado alcuni studiosi – come Andreas Umland – siano scettici nel definirlo un “naonazista”, le parole d’ordine del movimento e le simbologie cui si richiama lasciano pochi dubbi in merito alla collocazione ideologica del gruppo. Il nazionalismo ucraino si lega a doppio filo con l’esperienza di Stepan Bandera e dell’UPA-OUN, che collaborò apertamente con i nazisti durante la Seconda guerra mondiale. La storiografia ucraina è più cauta nell’associare la resistenza dell’UPA al nazismo, sottolineando come l’UPA fosse composta anche da intellettuali nazionalisti d’ispirazione socialista e descrivendo il collaborazionismo con il Terzo Reich come un passaggio necessario della lotta per l’indipendenza nazionale.

Pravy Sector è stato protagonista della fase più violenta della protesta di piazza Indipendenza a Kiev anche grazie a un buon arsenale di armi e bombe rudimentali che il gruppo aveva potuto procurarsi anche grazie agli ingenti finanziamenti provenienti dalla diaspora ucraina. La presenza di Pravy Sector è stato il più forte elemento di dubbio sulla “democraticità” delle istanze ucraine. Yarosh è riuscito a farsi eleggere come indipendente al parlamento, durante le elezioni del maggio 2014, ottenendo un seggio a Vasylkivka Raion, nella regione di Dnepropetrovsk, una di quelle che sono considerate bastione del voto filorusso, ma dove Yarosh è nato è ha legami personali. Tuttavia il totale fallimento alle elezioni politiche (1,25%) hanno evidenziato come la popolazione ucraina sia assai distante dall’estremismo del gruppo che, nel frattempo, si è fatto partito. Un partito che, come ricorda Stratfor, non ha mai sostenuto i due governi seguiti alla fuga di Yanukovich ma di cui Yarosh ha cercato di cavalcare la fama per una propria affermazione personale.

Ma in Ucraina la popolazione conta assai poco. Molto di più valgono le amicizie influenti. Pravy Sector è infatti finanziato da Igor Kolomoisky, oligarca e governatore (guarda caso) della regione di Dnepropetrovsk. Kolomoisky è uno degli oligarchi che meglio si è mosso dopo la fuga di Yanukovich, riuscendo a riciclarsi nel nuovo regime. Alleato di un altro oligarca, Petro Poroshenko, ne ha appoggiato l’ascesa politica senza mai farsi mettere i piedi in testa. La sua “eccessiva indipendenza” gli è recentemente costata la rimozione dai vertici di UkrNafta, primo produttore di petrolio del paese.

Il nuovo regime di Kiev sta lentamente mostrando il suo vero volto. Copia non conforme del precedente, vede in Poroshenko un oligarca accentratore in lotta con altri oligarchi, mentre nel sottobosco si fa piazza pulita dei nemici (con una impressionante serie di suicidi sospetti) e i metodi mafiosi continuano a essere quelli con cui il potere si esprime. Elementi come Yarosh possono venirle comodi: la guerra, oltre che nel Donbass, si combatte anche nei palazzi di Kiev.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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12 commenti

  1. “Ma in Ucraina la popolazione conta assai poco”…”Il nuovo regime di Kiev sta lentamente mostrando il suo vero volto”… la patetica di queste a altre frasi di ‘sto testo… sembra di leggere qualcosa nei siti di purissima distillata propaganda russa… non so se l’opinione della redazione sia vicina a questa del sig. Zola… spero proprio di NO… lo spero davvero. E continuiamo di speculare con la somiglianza delle parole nazionalisti e nazisti… per le orecchie impreparate((( Vergogna!

    • molto divertente, cara Ganna. Dopo essere stato accusato per un anno di essere io antirusso, ora mi trovo da lei apostrofato di filorussismo. Lo prendo come un complimento. Sono pur sempre l’autore, in tempi non sospetti, di quest’altro articolo: https://www.eastjournal.net/perche-la-russia-e-un-pericolo-per-leuropa-e-nessuno-lo-dice/19163. Ma se si vuole mettere l’etichetta su cinque anni di lavoro di una persona in base a un articolo solo, prego, faccia pure…

      m.z.

      • E’ molto poco divertente invece, gentile Matteo. Direi inutile qui citare un precedente articolo per confermare “la democraticità” del proprio pensiero. La redazione ha diritto di pubblicare gli opinioni opposti e diversi, d’accordo – non siamo in Russia per fortuna. Io penso delle responsabilità, non poche, dei giornalisti che si mettono a scrivere sui temi così seri. Qui io vedo un grave danno dal suo articolo – nel fatto che così arditamente e sicuro applicando i cliché del tipo regime, dopo cui segue nazisti, Bandera, UPA, oligarchi… manca solo amatissima dal Cremlino nomina come “la giunta fascista di Kiev”… Per i lettori italiani molto meno di Lei e di Marco Rosini preparati sul tema (una ‘stra maggioranza) diventa un “romanzo nero ucraino”. Perché ovviamente non si può in un testo di poche migliaia di battute mettere, in questo brodo, tutto insieme, senza spiegare i dettagli (che è impossibile in un breve articolo) – dalla storia della’Armata Ucraina indipendentista degli anni 40 del Novecento a Kolomijskiy & Co di oggi… Poi già con le conclusioni fatte – così il lettore non deve nemmeno sforzarsi… Diventa un borsch fatto male!

        • Gent. Ganna, ha ragione, c’è molta carne al fuoco. Ma i nostri lettori sono preparati, almeno spero. E’ da un anno che seguiamo la crisi ucraina e abbiamo prodotto anche un e-book che è stato distribuito gratuitamente per un mese prima di metterlo alla cifra di 1 euro. Abbiamo cercato di entrare nel dettaglio delle questioni, nei limiti di quello che può fare un giornale (molto meglio di noi possono fare gli storici o gli analisti). So che in molti credono al “romanzo nero ucraino”. Tuttavia sarebbe sbagliato non denunciare dove il “nero” c’è, quando c’è. Secondo me, per essere obiettivo, un giornale deve essere critico anzitutto nei confronti di ciò in cui crede. Noi crediamo nel diritto dei cittadini ucraini di decidere da soli del proprio futuro, ma crediamo anche che quel futuro -per essere migliore- debba avere solide basi. Quelle che stanno gettando Poroshenko & Co. non ci sembrano solide. Il rischio è che l’Ucraina si indebolisca ancora di più, finendo preda dei potenti vicini.

          In altri articoli, linkati nel pezzo, abbiamo approfondito la figura di Bandera o il ruolo dell’UPA-OUN. Così come altrove abbiamo parlato diffusamente di Kolomoisky. In un solo articolo non può starci troppa roba ma se un lettore ha pazienza di leggere anche i pezzi più vecchi, linkati nel pezzo, può farsi un’idea più completa senza cadere nella trappola del “romanzo nero”. Almeno spero. Cordialmente

          matteo

  2. Nessuno che si interroghi autenticamente può essere “coerente”: direi che le accuse di segno opposto sono un ottimo segnale, per la rivista e per l’autore. Cerco tuttavia di leggere questo articolo in parallelo con quello di Catelli sulla potenziale nuova offensiva su Mariupol, e il combinato disposto dei due pezzi racconta di una pessima situazione, per l’Ucraina e per il mondo intero. Idee su come se ne possa uscire?

    • caro Marco

      personalmente idee non ne ho. La situazione mi pare negativa sotto ogni aspetto, da un lato l’ingerenza russa e la guerra nel Donbass; dall’altro un potere che in Ucraina non si discosta dal precedente regime di Yanukovich. In mezzo, secondo me, la gente che vota quel che c’è, e prende le bombe da chi gliele tira. Soluzioni internazionali che salvino il paese dal pasticcio non ne vedo: se la Russia riafferma il proprio potere sul paese, questo non sarà realmente indipendente né i cittadini potranno mai svilupparlo nella direzione che desiderano. Se il cosidetto “occidente” continua ad appoggiare Poroshenko e compagnia bella, non credo che le speranze di Maidan possano mai vedere una concretizzazione. Forse, finisse il conflitto, si potrebbe (con estrema lentezza) spingere per una transizione verso la democrazia, magari puntando su Yatseniuk o chissà chi altro. E comunque sarebbe un processo ventennale. Ma perché la guerra finisca bisogna trovare un accordo con la Russia e la Russia sembra disponibile solo a una soluzione che le consegni ampie fette di territorio in palese violazione con il diritto nazionale e quindi inaccettabile dal cosiddetto “occidente”. Insomma, comunque vada sarà un insuccesso… almeno secondo me

      Matteo

  3. Caro Matteo, ogni tanto un briciolo di ottimismo non guasterebbe.
    Ci possono essere altre letture di questa nomina. La propaganda del Cremlino la presenta come il disvelamento della vera faccia della cricca banderista di Kyiv o del peso delle formazioni fasciste in Ukraina. Fermo restando che nessuno all’estero (tranne naturalmente i russi) si ricorda che la riscossa ukraina contro l’invasione russa fu iniziata proprio dalle formazioni di volontari mentre l’esercito ukraino (cioè i quadri ufficiali, fortemente infiltrati dal GRU e preoccupati più dei loro privilegi che dei destini del Paese) si era collocato in prudente attesa di capire da che parte avrebbe peso la bilancia, questa nomina può essere letta come una “normalizzazione” delle formazioni volontarie, in quello sforzo di riassorbirle nell’esercito regolare, sottraendole ad altre “fedeltà”. Non l’hanno fatto capo di stato maggiore! Gli hanno dato una sedia intorno ad un tavolo con altre 15/20 persone. Questa mossa io la leggo si come un riconoscimento del ruolo iniziale delle varie formazioni volontarie ma per il resto un buon vecchio “Promoveatur ut amoveatur”: sembra di percepire qualche mugugno circa “l’imborghesimento” dei vertici da parte dei puri della prima ora. Comunque, ripeto, le formazioni di “destra” contano ben poco a livello politico in Ukraina, hanno maggior peso nella stessa Russia o in Italia, Francia, Germania ecc….
    Che tutto questo rafforzi o indebolisca la rotta che la maggior parte del popolo ukraino ha scelto, ce lo dirà la storia. Sicuramente le ultime mosse di Putin sembrano tradire più nervosismo che una salda presa della barra del timone.
    Ha perfettamente ragione Ganna: dobbiamo emanciparci dal “romanzo nero” in salsa moscovita.

    • Gent. Gian Angelo

      c’è una cosa da cui non mi emanciperò mai. Ovvero dal ritenere dolce ciò che è amaro solo perché non c’è alternativa all’amaro. Yarosh non è uomo che può avere il mio plauso. Sono un democratico radicale, mi stanno sui cosiddetti i nazionalisti, gli estremisti (rossi, neri, blu e gialli) e non credo che una democrazia si costruisca mettendo insieme gentaglia di questa risma. Qui di salsa moscovita ce n’è poca. Qui c’è la salsa di uno che non crede nei balli in maschera del potere. La nomina di Yarosh è senz’altro il frutto di una convenienza e andrebbe vista con realismo. Ma io non sono un realista. Cordialmente

      Matteo

  4. Gentile Matteo
    mi auguro che lei continui a NON essere un realista, però mi sembrava che l’articolo fosse dedicato alla valenza e/o significato politico della nomina di tal Yarosh, non sulle sue (di Yarosh) convinzioni politiche o oggettive responsabilità.
    Ripeto, non attribuisco tutto quel peso a questa nomina, ma condivido la sua avversione a stringere la mano ad un tale losco figuro. Se è vero che la democrazia non si può costruire stabilmente con certi compagni di viaggio, è altrettanto vero che ci sono situazioni in cui si è impossibile scegliere liberamente: se non ci fossero i carri armati del gangster del Cremlino, gli ukraini e il governo da loro liberamente eletto si potrebbe comportare diversamente.

  5. in un paese in guerra chiunque dia una mano e´ giocoforza benvenuto. A molti, in diverse direzioni, fa comodo che le cose volgano al peggio. Bisogna ricordare sempre chi, con l’ucraina sconvolta dalla strage del maidan, l’ha pugnalata alla schiena. Alla fine di tutto, nei territori che resteranno all’Ucraina dopo la fine di questa guerra, sara´ molto difficile dimenticare.

    • non sono d’accordo Giovanni. Se vuoi costruire un paese nuovo, lo costruisci su basi nuove. Di un’Ucraina “libera” dall’influenza di Mosca ma gestita da criminali, oligarchi, e farabutti di varia estrazione, se ne fanno poco sia gli ucraini che il resto d’Europa…

  6. il paradiso non esiste..tantomeno da quelle parti…bisognava vedere come sarebbe andata senza il furto della crimea e l’invasione mascherata del Donbass..non si possono pretendere miracoli quando si parte da basi disastrate…e´ gia´ un miracolo, purtroppo per Mosca, che il paese non si sia sfasciato dopo il doppio colpo da ko…le categorie occidentali da quelle parti non funzionano…e l’ucraina senza la Russia difficilmente puo´ reggere economicamente…ma fare gli schizzinosi dall’Europa e´ un puro esercizio di stile…la´ le cose vanno secondo il corso naturale..che non e´ dei piu´ delicati..ci piaccia o no..

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