ALBANIA: "L’unione con il Kosovo è inevitabile, che all’UE piaccia o no", parola di Edi Rama

L’unione tra il Kosovo e l’Albaniaè inevitabile e indiscutibile“. E si farà “dentro l’Unione Europea, oppure senza il consenso di Bruxelles come reazione alla cecità e alla pigrizia europea”. Queste le parole del primo ministro albanese, Edi Rama, rilasciate durante un’intervista congiunta con il ministro degli Esteri kosovaro, Hashim Thaci, all’emittente televisiva di Pristina “Klan Kosova”. Parole che pesano nel contesto balcanico. A stretto giro è giunta la secca replica del primo ministro serbo, Aleksandar Vučić: “questo non avverrà mai. Le dichiarazioni di Rama servono solo a destabilizzare la regione”. La notizia finisce qui, ma è inevitabile che faccia discutere.

Negli ultimi anni Belgrado ha cercato di portare avanti una politica di normalizzazione nelle relazioni con l’Albania e sulla questione del Kosovo. Il primo ministro Vučić e il presidente Nikolić, pur provenendo da un partito radicalmente nazionalista, sono i fautori di questa politica di distensione. Forse per opportunismo, forse perché spinti dall’Unione Europea, forse perché in cerca di una nuova verginità politica, i due leader hanno tuttavia fatto quanto nessuno prima: l'”Accordo sui principi che disciplinano la normalizzazione delle relazioni” tra la Repubblica di Serbia e la Repubblica del Kosovo siglato nell’aprile del 2013 è stata un’intesa storica. Belgrado, che per anni si è rifiutata di accettare il fatto compiuto dell’indipendenza del Kosovo, voltava così pagina.

Malgrado l’accordo, le tensioni sono rimaste. Il primo ministro serbo Vučić, pur avendo firmato l’accordo, continua a usare le vecchie retoriche nazionaliste, utili per mantenere il consenso. Le dichiarazioni di Edi Rama sembrano avere lo stesso scopo: distrarre l’opinione pubblica albanese dai problemi reali. Rama si è fin qui distinto per una buona dose di “situazionismo”, rivolgendosi alle istituzioni europee con toni e argomenti ben diversi da quelli che poi esibisce in casa. Ma anche a volerlo credere sinceramente intenzionato a perseguire l’unità nazionale, il premier albanese dimostra di non avere capito che cosa rappresenta concretamente l’indipendenza del Kosovo, un paese che ospita la più grande base militare americana in Europa, una testa di ponte per la Nato in una regione che – oggi più che mai – subisce l’attrazione di Mosca. E proprio in virtù di questo ruolo speciale, ai leader kosovari sono stati perdonati crimini, ruberie, traffici commessi durante e dopo la guerra. L’annessione è impossibile almeno finché il Kosovo resterà nell’orbita del neocolonialismo americano. L’intervento di Rama, se non è dettato da opportunismo, tradisce una certa ingenuità politica.

A Belgrado, per una volta, si fa gli offesi stando dalla parte di quelli che vogliono la “stabilità”. Ma non mancano i mal di pancia per una dichiarazione che, se fosse venuta da parte serba, avrebbe fatto gridare allo scandalo mezza Europa e che provenendo invece da parte albanese è stata trattata alla stregua di una “gaffe”. Belgrado però si limita all’indignazione sussiegosa consapevole che, visto il passato recente del paese, non può permettersi di fare la vittima.

Non c’è dunque da attendersi ulteriori reazioni, né l’episodio deve essere assurto a suffragio delle abituali retoriche che descrivono i Balcani come una inesauribile polveriera. Quel che è certo è che ci sono leader, nei Balcani, che non sono all’altezza della fase storica in cui si trovano. Di leader così ne è piena l’Europa, e dichiarazioni improvvide ne sentiremo ancora. Il Kosovo, dal canto suo, ha ben altri problemi da affrontare che le opposte manie di grandezza.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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3 commenti

  1. non capisco la notizia. mi sembra una semplice dichiarazione, come se ne fanno tante, da tutte le parti, per accarezzare il pelo ai propri sudditi.

  2. Caro Matteo,lei sicuramente avra doti di scrittura ma non capisce la sensibilita` dell’albania nei confronti della questione Kosovo.Edi rama parlava di unita naturale non amministrativa,e unita tramite progetti e non cambiando i confini (perche i confini sono stati cambiati dopo guerra togliendo a l’albania gran parte del suo territorio).
    Detto questo il Kosovo e` al 99% di etnia albanese e non ha mai fatto parte della serbia (ma della jugosllavia),e` anche allora faceva parte come stato autonomo etcino albanese.
    Adesso che l’albania cerchi la unita tramite progetti e cose varie non fa scandalo perche i Kosovari sono albanesi e non serbi e non c’entrano nulla con la serbia.(anche se la serbia dice che e` il cuore ,patetico).

  3. geppolindoferretti

    Caro Mario, il Kosovo era provincia autonoma della Serbia all’interno della SFRJ prima e della FRJ poi. Dire che “non ha mai fatto parte della Serbia” è una falsità. La variazione demografica avvenuta durante il periodo jugoslavo, inoltre, spiega come mai oggi il Kosovo sia a popolamento prevalentemente albanese (88% vs 6%); a inizio ‘900 non era così (due terzi di albanesi e un terzo di serbi): http://en.wikipedia.org/wiki/Demographic_history_of_Kosovo#/media/File:Demographic-history-of-Kosovo-in-20th-century.png

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