Arumeni, esuli della romanità

Verso le montagne

Si sono nascosti sulle montagne per sfuggire alle invasioni, hanno sviluppato piccole comunità dedite alla pastorizia continuando a usare la loro lingua che conta, oggi, circa 300mila parlanti. Sono gli arumeni, una delle tante minoranze dimenticate dei Balcani. La loro origine è oscura, ma non troppo, il loro stesso nome ne tradisce la provenienza. Era infatti il III secolo d.C. quando, al tramonto dell’impero romano – in quel lasso di tempo che oggi gli storici chiamano età tardo antica – le regioni dei Balcani orientali furono attraversate dalle prime massiccie migrazioni di popoli germanici e sarmati.

La zona della Dacia, l’attuale Romania, era fortemente romanizzata ed era popolata, appunto, dai Daci romanizzati e dai coloni romani. Con l’arrivo degli slavi e, un secolo dopo, dei magiari, questi popoli romanizzati si ritirarono vero l’interno cercando riparo sulle montagne. Quelli che dai Carpazi, attraverso i monti Rodopi, emigrarono a sud – dirigendosi verso l’attuale Macedonia, la Grecia e l’Albania –  sono gli antenati dei nostri arumeni.

Si tratta in sostanza di genti romanizzate emigrate verso sud sotto la spinta delle grandi migrazioni dell’alto Medioevo. La progressiva slavizzazione dei Balcani li isolò in sempre più piccole comunità che tra loro si chiamavano “aruman”. L’isolamento ne conservò la lingua che subì, nel corso dei secoli, influenze dal greco e dall’albanese. L’impianto marcatamente neolatino consegna però la lingua arumena alla famiglia delle lingue romanze, specificamente al sottogruppo delle lingue romene. Le lingue romene (anche dette balcanoromanze) sono infatti quattro: il romeno tout-court, l’arumeno, l’istorumeno (parlato in Istria), e il meglenoromeno (nel nord della Grecia).

I meglenoromeni, o vlaschi

Dalle varianti linguistiche è possibile seguire le tappe di questi esuli della romanità rifugiatisi tra i monti balcanici. Gli aromeni che, dalla Macedonia, si diressero poi in Grecia (nella zona della Moglena) parlano oggi il meglenoromeno, con forti inflenze slave. Queste genti oggi non si riconoscono “arumeni” e chiamano se stessi “vlaschi“. Il termine sembrerebbe derivare dal germanico walh a significare “straniero”. Questo termine veniva usato sia per indicare le genti latine o romanizzate che quelle di lingua celtica. Secondo alcuni sarebbe all’origine anche del termine “valacco“*.

Gli istoromeni cacciati da Tito

Dopo l’invasione ottomana una parte degli arumeni rifugiatisi nei Balcani fuggì nuovamente verso nord in direzione dell’Istria. Intorno alla metà del Quattrocento le aree istriane erano spopolate a causa delle epidemie che attraversarono quelle terre in seguito alle invasioni dei cavalieri magiari. Qui gli arumeni vissero senza problemi fino all’inizio del Novecento. Nel 1922 il Regno d’Italia creò il comune di Valdarso grazie all’operato di Andrea Glavina, politico dalla vita assai particolare e autore del primo libro in istoromeno. Valdarso, che presto raggiunse i tremila abitanti, fu la “capitale” degli arumeni d’Istria, qui si aprirono scuole in istoromeno. Poi, con la conquista di Tito, la comunità si disperse seguendo le sorti degli esuli dalmato-istriani. Oggi Valdarso conta appena 300 abitanti mentre un censimento del 1991 conta appena 811 parlanti istoromeni in Istria.

Oggi la lingua arumena è riconosciuta ufficialmente solo in Macedonia, l’alfabeto è latino. A seguito della conquista ottomana una parte degli arumeni stanziati in Macedonia emigrò in Valacchia, qui seguì le sorti del popolo romeno e venne -facilemente- assimilato.

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* si ringraziano i lettori per le segnalazioni

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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7 commenti

  1. Molto interessante. In Romania sono tanti e sono anche grandi:

    Ecclesiastici: Ioachim Martineanu, vescovo della Chiesa ortodossa romena.
    Andrei Saguna, vescovo della Chiesa ortodossa romena

    Artisti, attori, musicisti:
    Camil Ressu, pittore in Romania.
    Cristian Hadji Culea, direttore di teatro romeno.
    Papaconstantin Tache, architetto in Romania e a Parigi.
    * Ion Luca Caragiale, considerato il piu grande drammaturgo e uno dei maggiori scrittori romeni.
    * Toma Caragiu, uno dei più grandi attori romeni.
    * Cristian Hadji Culea, direttore di teatro romeno.
    * Ion Caramitru, attore ed ex ministro della cultura, poi direttore del Teatro Nazionale di Bucarest.
    * Sergiu Nicolaescu, produttore.

    Politici: Nicolae Iorga- personalita della cultura romena (noto storico, drammaturgo, poeta, critico letterario, ministro, primo ministro, insegnante universitario e membro accademico).
    Gigi Becali, parlamentare europeao, presidente del partito politico Partito della Nuova Generazione in Romania e proprietario della Steaua di Bucarest.

    Scienziati: Mina Minovici, direttore del primo Istituto di Medicina Giuridica Romena.
    Storici: Dimitrie Bolintineanu, politico e diplomatico in Romania.
    Anton Pann, poeta e compositore dell’inno nazionale della Romania.
    Constantin Noica, noto filosofo, poeta, saggista, pubblicista e scrittore in Romania.
    Alexandru Odobescu, scrittore, politico e archeologo in Romania.
    Petre Tutea, noto filosofo, saggista, economista e politico in Romania.
    Neagu Djuvara

    Sportivi: Gheorghe Hagi, conosciuto come “Re del Calcio Romeno”

  2. Ciao, l’analogia terminologica tra “włoski” (polacco per “italiani”) e “vlaschi”-arumeni mi sembra poco giustificata. Hai fonti che la supportino? Io ho trovato online questo:
    http://en.wikipedia.org/wiki/Etymology_of_Vlach#Origins_of_the_word
    http://it.wikipedia.org/wiki/W%C5%82ochy

    • Vero! hai ragione. Mi hai riportato alla mente vecchi esami di linguistica. E ricordo perfettamente come il termine Welsh, a indicare le genti del Galles, fosse di antica origine germanica e indicasse (probabilmente in modo generalizzato) i celti col significato di “stranieri”. Ritrovare il libro sarà un’impresa che non avrò tempo di affrontare, ma leggo (grazie a tua segnalazione) da più parti su internet che forse (e in questi casi il forse è d’obbligo) sia alla radice del termine Vlach con cui sono designati gli Arumeni. Quindi, hai ragione. Tanto più che l’analogia col polacco è un sottoprodotto della mia mente malata 🙂

  3. Anch’io avevo qualcosa da dire sul nome, ma è già stato detto. In Italia, penso, che siano stati chiamati anche Valacchi.
    Il geniale scrittore serbo Borislav Pekic (delle stesse origini) ha scritto un capolavoro; uno dei romanzi più belli che io abbia letto nella mia vita, “Il vello d’oro”.

  4. il nome viene da la parola ,,armanu” che ne la nostra lingua significa,,io ci sto”,non voglio andare via”..e quando diverse nazioni invadente ci mandavano via,la nostra risposta era ,,mini armanu`(io non vado via) e da li e facile a capire…si volete piu dettagli de la istoria dei aromeni,dovete chiedere a uno di noi..la nostra storia inizia 5000 anni fa..con le karagouna”..le guardie di Alessandro cosiddette le guardie nere’…etc etc….nella rete trovate soli dei articoli influenzati da la politica..

  5. Noi Armànii(Arumenii)siamo i UNICI E VERI i discendenti dei Pelasgi..no i albanesi.I Pelasgi avevano un alfabeto una scritura (non sono i sumeri quelli che hanno inventato la scritura) piu di 7000 anni.ILIADA E ODISSEA sono opere scrite dai PELAGI e HOMERO li A TRADOTO in lingua greca arhaica (cerca BRANISLAV STEFANOSKI AL DABIJA e un armàn (arumeno) con discendente dai DABIJA,la nostra linqua e la stessa che si parlava nei tempi di FILIPPO 2 E ALEXANDRO IL MAGNO. BRANISLAV STEFANOSKI AL DABIJA a tradoto molto facile dice lui IL SOLE DA LEMNOS PERCHE E SCRITA IN PELASGO =ARMANA (ARUMENO)LEMNOS E UNA PAROLA ARMANA .I ARMANA LEMNU =LEGNO IN ITALIANO

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