Repubblica dell’Altaj, Federazione Russa, anno 1993. L’archeologa Natalia Polosmak fa una scoperta sensazionale: la sepoltura di una giovane donna, il cui corpo mummificato, perfettamente conservato, risale a ben 2.500 anni fa. Accanto a lei, oggetti sacrificali che fanno dedurre l’alto rango della donna, che diventerà famosa in tutto il mondo come la “Principessa di Ukok”.
I Pazyryk dell’altopiano sulle Montagne d’Oro
L’altopiano di Ukok è situato nella Siberia meridionale, al confine con Kazakistan, Cina e Mongolia. Circondato delle catene montuose degli Altaj meridionali, dal massiccio del Tabyn Bogd-Ola e dai monti Sajljugem a sud, e dai monti Južno-Čujski a nord, l’altopiano è parte del sito patrimonio dell’umanità UNESCO denominato “Montagne d’Oro dell’Altaj”. Un’area di selvaggia bellezza, il cui isolamento e caratteristiche ambientali uniche la rendono habitat di molte specie rare.
Qui tra il sesto e terzo secolo a.C. viveva una popolazione nomadica chiamata Pazyryk. Legati agli Sciti, popolazione indoeuropea di ceppo iranico attestata nella steppa euroasiatica dal XIX al IV secolo, i Pazyryk erano soliti seppellire i propri defunti in loculi ricoperti da uno strato di pietre, su cui veniva poi costruito un alto tumulo di terra – una tipologia di sepoltura diffuso in Europa e Asia Centrale, che qui veniva chiamata kurgan.
Nei secoli, la pioggia e la neve sono trapelati attraverso lo strato di rocce, che ne ha però impedito l’evaporazione. Grazie anche alla presenza del permafrost in questa regione, il contenuto all’interno dei kurgan si è dunque potuto conservare egregiamente per secoli. E infatti, sono numerose le sepolture ritrovate in quest’area – celebre è, ad esempio, il tappeto Pazyryk ritrovato in una di queste sepolture, risalente V-IV secolo a.C., e ora custodito al museo Hermitage.
Quando Natalia Polosmak ha trovato la sepoltura della “Principessa di Ukok”, si è dunque trovata davanti un blocco di ghiaccio, senza riuscire a vederne il contenuto. Versando un bicchiere di acqua calda alla volta per evitare di rovinare il ritrovamento, Polosmak ha visto emergere gli incredibili resti della mummia.
Tutto sulla principessa
Lo straordinario stato di conservazione ha permesso di ottenere molte informazioni sulla principessa. Età compresa tra i 20 e i 30 anni, la donna soffriva di cancro al seno, i cui dolori aveva cercato di placare tramite l’uso di cannabis, sepolta insieme a lei e anch’essa sopravvissuta alla prova del tempo. Seppelliti con lei anche sei cavalli sacrificali (il cui valore indica l’alto status sociale della principessa), due tavolini di legno e una scatola decorata contenente resti di latticini, che hanno fatto pensare gli archeologi che si sarebbe potuto trattare di yogurt.
L’eccezionale stato di conservazione della mummia della principessa ha consentito anche di osservarne i numerosi tatuaggi, presenti sulla spalla, braccio e pollice sinistro. Tatuaggi che ritraggono animali fantastici, tra cui un cervo con il becco di un grifone e il corno di un capricorno.
Una (in)degna sepoltura
Dopo la scoperta della sepoltura, la salma della principessa è stata analizzata per mesi e infine consegnata al Museo Nazionale della Repubblica a Gorno-Altaj, scatenando le proteste della popolazione indigena locale, che ha chiesto che la principessa venisse sepolta nuovamente, per rispetto verso le tradizioni locali. Secondo alcuni, la dissepoltura avrebbe addirittura causato una serie di disgrazie alla popolazione dell’Altaj, tra cui il terremoto e l’inondazione che hanno colpito quest’area nel 2003.
Le proteste della popolazione non hanno avuto successo. La “Principessa di Ukok” è tutt’ora esposta nel mausoleo del museo di Gorno-Altaj. Come riporta il direttore in una nota personale sul sito del museo, il desiderio di seppellire nuovamente la mummia è stato preso in considerazione, ma secondo la Costituzione della Federazione Russa, i cittadini devono avere accesso ai reperti di tipo storico-culturale. Per questo la mummia viene esposta al pubblico solo alcuni giorni al mese, mantenendo un ambiente con temperatura e umidità adatte alla sua conservazione. Sempre secondo il direttore, questo permetterebbe di tenere in considerazione le tradizioni locali, poiché i giorni di esposizione corrisponderebbero ai giorni centrali del ciclo lunare, che per le popolazioni dell’Altaj sono quelli dedicati agli eventi e alla vita pubblica. Per i discendenti della “Principessa di Ukok”, forse, una magra consolazione e un finale non degno di questa storia straordinaria.