KULTURA: Il coraggio di ricordare, intervista a Slobodan Snajder

traduzione di Daniela Ferrara

Hegel ha scritto: ‘Nella storia dell’umanità le pagine della felicità sono vuote‘. “Ma le nostre pagine rigurgitano di scrittura, anche troppo. Ecco perché è necessario il coraggio per leggerle” – dice Slobodan Snajder, romanziere e scrittore di teatro di origine croata, nella sua intervista al giornale Blic, in occasione dell’incontro del 10 febbraio scorso presso il Goethe Institute di Belgrado. Tema dell’incontro: “ Il coraggio di ricordare. La cultura del ricordo nel territorio del dopo-Jugoslavia”.

L’incontro è stato avviato dai tedeschi, ovvero dal Goethe-Institut?
L’incontro si è svolto nel contesto di un’idea molto bella avviata dai tedeschi del Goethe-Institut di Atene. Gli articoli sono stati scritti su loro iniziativa e pubblicati in una rivista tedesca influente dal titolo ‘Die Horen’. I testi sono stati tradotti nelle lingue di tutti i partecipanti.
E’ giusto sapere, comunque, che il contesto era più ampio rispetto al territorio dell’ex-YU e comprendeva, per esempio, anche Cipro e la Grecia.
Se avessimo solo saputo in tempo dei problemi che Cipro aveva negli anni ’70! Le similitudini sono sconvolgenti! Era chiaro già allora che cosa succede quando una società si divide in base al principio etnico.

Che significato ha, in generale, questo tipo di incontri tra scrittori e artisti?
Gli scrittori pensano che tutti gli altri scrittori siano noiosi. Sono tutti noiosi tranne chi lo pensa, appunto. Così, quando un Ente raccoglie tutti allo stesso tavolo, senza risse, quello è davvero un buon risultato.

La prima, recente, dello spettacolo ‘Gospoda Glembajevi’ al teatro ‘Atelje 212’ ha raccolto persone di cultura provenienti da una parte della ex Jugoslavia?
Devo dire che l’effetto marketing ha quasi consumato l’evento. Si è avvertita la mancanza di Mira Trailovic che sapeva agire bene e con classe in questo campo. Ma ‘Glembajevi’ al teatro ‘Atelje 212’ è un risultato sorprendente. Si tratta di una sorta di esibizione come quelle fortemente finanziate dai teatri tedeschi, evidente nell’accostamento agli scrittori classici di quel Paese. Naturalmente, la messa in scena è preminente. Il fatto che un teatro serbo (e la Serbia è lungimirante in fatto di attori e attrici) abbia ingaggiato ‘stranieri’ per entrambi i ruoli principali maschili la dice lunga.

E cosa ci può dire del rapporto tra arte e politici, o del ruolo degli artisti?
“Gli artisti non sono importanti, oggigiorno, e alcuni di essi stanno affrontando molto male questo dato di fatto. I cosiddetti comunisti temevano fortemente gli artisti, ma il teatro era importante. Oggi non lo è. Che altro dire, se non lottare per il livello di metodo? Tutto quello che facciamo lo facciamo “COME SE”…..Come vede la posizione della cultura nel territorio ex Jugoslavia?“Il coordinamento nazionale ha assunto definitivamente la posizione di partito principale e, come ogni altro partito, vuole anche essere uno e solo. Tuttavia, questo non può esistere in democrazia, almeno non come il Coordinamento vorrebbe che fosse.

Quale testo ha scelto di leggere nel corso dell’incontro al Goethe-Institut?
Ho letto un estratto dal romanzo che ho scritto su una storia della mia famiglia in quanto membri di etnia tedesca.

Quali progressi culturali sono stati fatti in relazione alla ex Jugoslavia degli anni ’70 e ’80?
“Siamo tornati indietro da ogni punto di vista. Il problema non è con la democrazia, ma con ciò che ne abbiamo fatto di essa. Le democrazie sono molto provate oggigiorno, ma al momento non c’è niente di meglio di quello che abbiamo”.

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