Al vertice di Bruxelles, il 15 dicembre scorso, Johaness Hahn ha sottolineato che gli aiuti europei all’Ucraina si concretizzeranno solo all’attuazione da parte di quest’ultima di riforme e politiche che vadano a lottare ed estinguere la corruzione imperante, e che permettano quindi una maggiore governabilità e stabilità economica della nazione. Prerogative indispensabili agli occhi dei dirigenti dell’Unione perché la mano offerta dai vicini europei non trascini loro stessi in una posizione rischiosa, soprattutto dal punto di vista economico. Eppure la recente istituzione di un nuovo ministero, quello delle politiche dell’informazione (Міністерство інформаційної політики), il 2 dicembre sembra sottolineare che l’Ucraina persegue, per il momento, anche altri fini. Non che perseguire una linea autonoma non sia ammesso al nuovo governo eletto, ma è interessante indagare i motivi che hanno portato alla nascita di questo tanto contestato nuovo ministero, o per lo meno analizzare i compiti che il ministro Jurij Stec (Stets secondo la traslitterazione americana) si prefiggerà.
La proposta della creazione del ministero è partita dal consigliere del Ministero degli Interni Anton Geraščenko ed è stata affidata a un post di Facebook, in russo, domenica 30 novembre; Geraščenko scriveva: “l’idea è quella di creare la struttura di un gabinetto ministeriale per il Ministero delle politiche dell’informazione, il cui compito principale sia proteggere lo spazio dell’informazione dell’Ucraina dalla propaganda russa e dalla contro-propaganda in Russia e nei territori ora occupati temporaneamente della Crimea e dell’Ucraina orientale. La questione è da tempo da risolvere; direi anche da troppo tempo ormai”. Lunedì Stec ha risposto, sempre sul social network ma in ucraino: “Io la vedo così: paesi differenti con diverse esperienze storiche e culturali, in tempi di crisi sentono il bisogno di creare un corpo di potere esecutivo che controlli e organizzi la sicurezza dell’informazione del paese”. Martedì 2 dicembre il parlamento unicamerale ucraino ha quindi subito approvato la creazione del Ministero, e ne ha affidato la direzione allo stesso Stec, ex direttore del canale televisivo di proprietà di Porošenko e suo fedele alleato politico.
Il nuovo Ministero delle politiche dell’informazione si occuperà quindi – stando alle dichiarazioni ufficiali – di controbattere alla presunta “aggressione” da parte dei media russi, alla loro campagna di disinformazione inerente alla crisi ucraina e alla situazione del Dombass. I giornalisti ucraini hanno subito però fiutato anche aria di censura e controllo – non è trascorso dopotutto troppo tempo dagli anni sovietici – e la loro reazione è stata immediata: già martedì, fuori dalla Rada ucraina, una quarantina di loro, principalmente appartenenti ai movimenti “Česno” (“Onestamente”) e “Stop censorship!”, invocava un intervento della magistratura, manifestando con cartelli che recitavano “Hello, Big Brother”. Reporters without borders si è opposto decisamente alla creazione del ministero; il suo direttore Christophe Deloire ha dichiarato: “In una società democratica, i media non dovrebbero essere regolati dal governo. La creazione di un ministero dell’informazione è la peggiore risposta possibile alle sfide serie che il governo sta affrontando”. Porošenko a questi timori ha risposto il 7 dicembre, dichiarando alla stampa che è assolutamente ridicolo pensare che il ministero possa diventare un organo preposto alla censura. Certo è che la sola esistenza di un tale “Ministero della Verità” (мінправди; il nome viene dal romanzo “1984” di Orwell) non può non inibire i giornalisti nel loro lavoro. Intanto c’è chi parla di “un ritorno all’URSS” e chi fa notare che “il modo di combattere la propaganda russa è da cercare nella trasparenza e nella sincerità, non tentando di battere la Russia al suo stesso gioco” (parole di un membro dell’amministrazione presidenziale che ha deciso di restare anonimo).
Sono perfettamente d’accordo con lei sui pericoli di un Ministero della Verità. però definire “presunta” l’aggressione da parte dei media russi, mi sembra quantomeno riduttivo, se non mistificante. In proposito le consiglio un articolo di questa testata: RUSSIA: Disinformacija! La guerra dei troll russi contro la Lettonia (e l’Europa). https://www.eastjournal.net/russia-disinformacija-la-guerra-dei-troll-russi-contro-la-lettonia-e-leuropa/52013
Un ministero della propaganda mi sembra una risposta esagerata a quanto siti ed emittenti russe stanno facendo. Bastava un ufficio propaganda del ministero dell’interno per controbattere senza dare l’impressione di voler istituire una qualche forma di censura che sarebbe sbagliatissima. Concordo con Gian Angelo sul fatto che i media russi facciano propaganda a senso unico. Una propaganda che ovviamente viene percepita in una nazione dove tutti parlano e capiscono il russo.
> Reporters without borders si è opposto decisamente alla creazione del ministero; il suo direttore Christophe > Deloire ha dichiarato: “In una società democratica, i media non dovrebbero essere regolati dal governo.
Hanno ragione, meglio farli controllare dalle multinazionali 😀