RUSSIA: Mosca diventa l'ottava potenza, Italia fuori dal G8. Ma è davvero così?

Su Repubblica un titolo ad effetto: “L’Italia non è più tra gli otto grandi, superata dalla Russia”. Un titolo ripreso anche da altre testate, sul web è persino possibile leggere “Italia fuori dal G8, superata dalla Russia“. Ma è davvero così? Secondo l’articolo di Repubblica, la Russia entra tra gli otto grandi della terra. E lo fa ai danni dell’Italia che scende al nono posto per prodotto interno lordo. In un ipotetico G8 basato sul solo Pil l’Italia resterebbe alla porta, già superata dal Brasile, nel 2000, e dalla Cina nel 2010. Ma il Pil non è l’unico dato su cui misurare la ricchezza di un paese. E soprattutto non c’entra col G8.

Il G8, forum dei governi delle otto principali potenze del pianeta, non misura più i suoi membri in base al Pil, quello che conta è la ricchezza finanziaria. E quella russa non è significativa, anzi Mosca – che pure è membro del club degli “otto grandi” – dovrebbe lasciar spazio a Pechino che in termini di Pil e di ricchezza finanziaria la supera nettamente. Allora perché la Cina non è parte del G8? Perché, oltre ai criteri misurabili di Pil e ricchezza finanziaria netta, c’è un parametro politico e ideologico cui bisogna rispondere: la Cina è esclusa perché “non piace” e nel salotto buono dei paesi ricchi non ci entri se non condividi i cosiddetti valori occidentali. La Russia, in virtù della sua crescente potenza militare e influenza politica, è stata invitata nel club dei grandi mentre altre “potenze” ne sono state escluse. L’Italia, quindi, continuerà a far parte del G8 sia perché la Russia, che l’ha scalzata nel Pil, è anch’essa parte del forum (come sarebbe possibile un’esclusione quindi?), sia perché gli “otto grandi” non sono gli otto più grandi. Il G8 è un club privato di grandi potenze, non ci si entra “per merito” ma per scelta dei membri. Nulla di più balzano dire che l’Italia è fuori dal G8, semmai si può dire che non è tra le otto potenze economiche mondiali. E sai che novità.

E poi, se proprio dobbiamo guardare a chi sono i più grandi del mondo, non c’è solo il Pil o la ricchezza finanziaria. Un indice che in economia ha sempre più peso per stabilire la “potenza” degli stati è l’ISU, indice di sviluppo umano (in inglese: HDI-Human Development Index). Tale indice misura lo sviluppo dei vari paesi tenendo conto dei diversi tassi di aspettativa di vita, istruzione e reddito nazionale lordo procapite. In base a questo indice gli otto più grandi sono, nell’ordine, Norvegia, Australia, Stati Uniti, Olanda, Germania, Nuova Zelanda, Irlanda e Svezia. Di questi solo Stati Uniti e Germania sono membri del forum G8. L’Italia è 25sima e la Russia è fuori dai primi cinquanta.

I più progressisti guardano poi anche a un altro indice, l’ Indice di benessere economico sostenibile (in inglese: Index of Sustainable Economic Welfare o ISEW) che oltre alla ricchezza prodotta tiene conto della distribuzione del reddito, del deperimento delle risorse naturali e delle perdite economiche dovute al degradamento dell’ambiente, valorizzando il tempo libero (che ha un proprio valore economico), il lavoro domestico non pagato, gli investimenti in ricerca e sanità. Da questo indice deriva il Genuine Progress Indicator (GPI), detto anche “indice di progresso effettivo” che accanto al Pil misura i costi del degrado ambientale, del crimine, dell’inquinamento e i “guadagni” delle buone politiche ambientali e sociali. Il GPI ha dimostrato come, fino agli anni settanta, crescita del Pil e “progresso effettivo” siano andati di pari passo mentre negli ultimi trent’anni la forbice tra i due valori si sia allargata, specialmente in Europa.

Quindi se la Russia supera l’Italia nel Pil, una reale classifica dovrebbe tenere conto di altri criteri. Poiché non si è grandi solo per ricchezza o potenza militare. Ma anche per benessere e possibilità di futuro. Un futuro migliore che si possa realizzare “in potenza”, appunto.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Non ci vuole il g8 per capire che l Italia e’ fallita

  2. Vabbè…..e dopo aver letto tutto sto pippone ci siamo resi conto che qualunque tipo di parametri vengano utilizzati nel ranking delle principali potenze mondiali, l’italia, di fatto, non vi rientra. PUNTO!

    P.s. I responsabili dello sfascio dovranno essere giudicati da una giuria popolare, privati dei loro averi e messi in carcere!

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