La volpe russa nel pollaio europeo, cosa esce dal summit di Deauville

di Matteo Zola


Deauville non è un posto come un altro, di quelli che te li ricordi quando ci passa il Tour de France, confinato nell’oblio delle carte geografiche. Deauville, coi suoi 4000 abitanti lungo le coste dell’alta Normandia, ha ospitato un summit internazionale di alto profilo. Come spesso accade una piccola località è teatro di grandi incontri, come se i protagonisti volessero celare tra le pieghe della vita di provincia la portata storica delle loro decisioni. I protagonisti in questo caso sono tre pezzi da novanta: Dimitri Medvedev, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy. Deauville fu nell’Ottocento una nota località balneare ma i tre non erano lì a prender bagni.

Un vertice trilaterale, “solo un brainstorming” -hanno precisato dall’entourage di Sarkozy- “in cui non si parlerà di economia ma solo di sicurezza”. Già, ma sicurezza oggi vuol dire anzitutto sicurezza energetica. E’ per il gas -oro azzurro- e il petrolio che si combattono guerre come quelle del Caucaso, in Cecenia o in Georgia, o che nascono stati criminali come il Kosovo. La partita energetica è la più importante, e la vecchia Europa la gioca sulle teste della “nuova”.

In ballo c’è il South Stream, il gasdotto rivale dell’europeo Nabucco e che Gazprom ed Eni stanno costruendo per portare gas russo nel vecchio continente. Ad esse si è aggiunta la Edf francese e ora si dà quasi per certo l’ingresso della Wintershall tedesca (in principio si era vociferato della Basf), in barba a Bruxelles. L’entrata dei tedeschi nel progetto era il nodo dell’incontro. Saputo del summit, da Roma hanno fatto notare a Parigi il “disappunto” per non esser stati coinvolti, sottolinenado che Eni è pur sempre il secondo partner di Gazprom. Proprio la quota di Eni, infatti, andrà ridotta a favore dell’azienda energetica tedesca.

Il disappunto italiano dimostra come il vertice non sia stato convocato per parlare di Transdniestria, come i giornali francesi hanno riportato. Certo la questione era in agenda, e già che ci siamo ecco cosa si è deciso a riguardo. La Transdniestria sarà il banco di prova per una nuova politica estera euro-russa. Ue e Russia guideranno il reintegro della provincia nella madrepatria moldava, consentendo poi a Chisinau di negoziare il suo ingresso nell’Unione. Chissà se a Bruxelles sono stati avvisati. La decisione di fatto spodesta la Romania, che stava svolgendo un ruolo di mediazione nella vicenda, e a Bucarest non l’hanno presa bene.

Anche in Polonia dalle prime pagine dei giornali giungono lamenti, certo non per la Transdniestria, ma per quello che a Varsavia puzza di accerchiamento: Rzeczpospolita titola “L’Unione vuole rinegoziare i suoi rapporti con la Russia”, e -temono i polacchi- intende farlo in nome della partnership energetica per tutelare la quale sono ben disposti a soprassedere “sulla guerra in Georgia e sulle ingerenze in Ucraina“, dice il quotidiano Dziennik Gazeta Prawna, aggiungendo che non bisognerebbe far entrare la volpe russa nel pollaio europeo. Un new deal in cui la democrazia e la sua tutela (non la sua esportazione, quella è altra cosa) sono agnelli sacrificali sull’altare (o sul fornello) del gas. E a calmare i polacchi non è bastato che nel vertice si sia cercato di spiegare alla Russia la “necessità” dello scudo antimissile (in teoria) anti-iraniano. E’ vero che in Polonia hanno la sindrome da accerchiamento ma è altrettanto vero che sempre, nel passato, hanno intuito prima degli altri i mutamenti della Storia.

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Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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