Il 7 ottobre scorso a Sarajevo si è spento Halid Bešlić, una delle più grandi voci della musica popolare bosniaca e simbolo culturale per l’intera regione balcanica. I funerali si sono tenuti a Sarajevo lunedì 13 ottobre, dopo una domenica di celebrazioni sentitissime in tutto il mondo.
L’ultimo addio dei fan in tutto il mondo
Da Sarajevo a Belgrado, da Parigi a Sydney, passando per Stoccolma, Monaco, Francoforte e tante altre città, domenica 12 ottobre decine di migliaia di fan in tutto il mondo sono scesi per strada per rendere omaggio al cantante bosniaco Halid Bešlić, scomparso il 7 ottobre scorso all’età di 71 anni. I cori nelle varie città hanno intonato all’unisono i suoi più grandi successi, tra cui: Miljacka, Romanija, Put me zove, Prvi poljubac, celebrando il mito e la leggenda di un uomo che ha incarnato la musica popolare bosniaca, lasciando dietro di sé un’opera che ha valicato confini e generazioni.
È dell’attore bosniaco Enis Bešlagić l’iniziativa di organizzare questi tributi, così da accompagnare attraverso il canto e le emozioni condivise un uomo che, con la sua musica, è riuscito a “unire le persone, ovunque vivessero“. L’evento, intitolato “Srcem za Halida“ (con il cuore per Halid), ha riunito gente in circa sessanta città in Europa e nel mondo. Solo a Sarajevo erano in 15.000 di fronte alla Fiamma Eterna, in un corteo commosso che si è snodato lungo tutta la Titova ulica, teatro per l’occasione di una cerimonia sentitissima – iniziata con la celeberrima “Sarajevo, ljubavi moja” (Sarajevo, amore mio), eseguita da un coro di bambini.
Una vita in musica
Nato il 20 novembre 1953 a Knežina (Bosnia), Bešlić si trasferì giovanissimo a Sarajevo dopo il servizio militare e iniziò a farsi conoscere cantando in ristoranti e locali della capitale. Il suo primo album risale agli anni Ottanta, ma il vero legame con il pubblico si è costruito e solidificato negli anni grazie a una serie di brani che sono entrati nella quotidianità di matrimoni, feste, kafane e raduni popolari.
La discografia conta decine di album e centinaia di composizioni che lo hanno reso uno degli artisti più celebri e venduti della ex Jugoslavia. Le sue canzoni affrontano temi profondi ma in qualche modo accessibili, in grado così di diventare pietre miliari del repertorio pop-folk.
Negli ultimi mesi Bešlić era stato ricoverato all’Ospedale universitario di Sarajevo. Dopo un peggioramento delle condizioni di salute, concerti e apparizioni pubbliche sono stati progressivamente cancellati. La malattia — di natura oncologica, con problemi anche al fegato — alla fine ha avuto la meglio, nonostante gli sforzi dei medici.
Halid Bešlić attraverso confini e generazioni
La notizia della morte di Bešlić, percepita come la perdita di un punto di riferimento identitario per più generazioni, ha provocato un’ondata di commozione in tutta la regione: colleghi, politici e personalità dello spettacolo e della cultura hanno espresso cordoglio, ricordando tanto la voce quanto l’uomo dietro il microfono.
I numerosi omaggi degli artisti della regione hanno messo in luce sia il talento che la profonda umanità del cantante: da Zdravko Čolić, che ha definito le canzoni di Bešlić “un balsamo per l’anima“, a Haris Džinović, che ha ricordato il collega come un “uomo di immensa gentilezza“. Anche la cantante croata Nina Badrić ha voluto onorare Bešlić con parole dolci, e come lei tanti altri colleghi – tra cui Dino Merlin – e amici in tutto il mondo, a testimonianza di come la musica e il messaggio di Halid Bešlić fossero universali.
Il sito web croato Index ricorda che la voce calda e lo stile semplice di Bešlić hanno rapidamente conquistato sia pubblico che case discografiche, mentre il portale bosniaco Klix sottolinea il carattere transnazionale e transgenerazionale del cantante, riconoscendo al contempo come la capacità dell’artista di coniugare il successo con la modestia, la generosità e l’attaccamento alla nativa Bosnia Erzegovina che lo contraddistinguevano.
I giorni felici della Jugoslavia, quelli della guerra e l’impatto culturale
Con la sua voce calda e inconfondibile Bešlić è diventato un simbolo di identità per molti bosniaci e per chi, nei Balcani degli anni Novanta, ha vissuto momenti drammatici. Spinto forse dal suo sentirsi irriducibilmente jugoslavo, durante la guerra in Bosnia Bešlić non si è mai allontanato dal suo pubblico, continuando viceversa a organizzare concerti di beneficenza a sostegno delle vittime e dei profughi, guadagnandosi così anche la reputazione di figura umanitaria oltre che artistica. Questo periodo consolidò la sua immagine come voce di una comunità in difficoltà, capace di mettere la sua notorietà al servizio di chi soffriva.
Anche dopo la guerra Bešlić è rimasto presente nella vita culturale, con concerti sia in Bosnia che all’estero, per le nutrita comunità della diaspora. Il legame con il pubblico era fortissimo: la sua arte non si è mai posta al di sopra, non è mai stata distante, ma viceversa è sempre stata profondamente legata all’esperienza di vita delle persone comuni.
Un’eredità da coltivare
L’eredità di Halid Bešlić non si misura solo in numeri — concerti e album venduti — ma nel modo in cui le sue canzoni sono diventate parte della memoria collettiva. Canzoni che sono diventate un vero patrimonio culturale in grado ancora oggi di definire un modo di sentire e di vivere nella regione. La sua eredità è quindi immensa e multi-sfaccettata: da quella prettamente artistica – la più immediata – grazie alla quale è considerato un maestro da molti giovani artisti bosniaci, croati e serbi, a quella identitaria, che vede nella sua voce uno strumento d’identificazione transnazionale, passando per quella musicale, ovviamente, dal momento che Bešlić è stato uno dei pochi artisti capaci di collegare la tradizione della sevdalinka (il canto d’amore e malinconia bosniaco) con la musica pop contemporanea, diventando un vero e proprio ponte tra generazioni.
Infine, la sua è un’eredità culturale e linguistica, poiché ha portato il bosniaco e la cultura locale sulle grandi scene dei Balcani, mantenendo vivo un linguaggio musicale che unisce persone di religioni e etnie diverse, in un messaggio di tolleranza e cosmopolitismo che va assolutamente coltivato. Ed è questa, forse, la sua eredità più preziosa.
Foto: SarajevoTimes