Presentato al Lido ieri, l’adattamento del romanzo di Giuliano da Empoli ripercorre l’ascesa di Putin – interpretato da Jude Law.
Nell’adattare il romanzo francofono Le Mage du Kremlin, che segue l’ascesa di Vadim, uno dei collaboratori del presidente russo (ispirato liberamente alla figura di Vladislav Surkov), il regista Olivier Assayas ha scelto la collaborazione di Emmanuel Carrére alla sceneggiatura. Da qui potrebbe emergere una sorta di affinità con un altro duo romanzo-film francofono recente, costituito dal Limonov di Carrére e dall’adattamento di Kirill Serebrennikov. In quel film, Serebrennikov ha omesso e ridotto al minimo gli anni in cui l’eccentrico poeta si è reso oppositore politico di Putin, un passaggio del libro che permetteva anche di ripercorrere fasi salienti dell’ascesa dello “zar”, come in questo film viene spesso nominato. Così, forse per questo, chi non ha letto il noto bestseller di Giuliano da Empoli, potrebbe percepire Le mage du Kremlin di Olivier Assayas come un contrappunto al film Limonov che ha il coraggio di affrontare i meccanismi di questa fase storica.
Affrontare, ma non approfondire: il film ripercorre vari momenti importanti, a partire dall’atmosfera degli anni ’90 e l’ascesa del presidente russo, fino ad avvicinarsi agli antefatti dell’invasione dell’Ucraina nel 2022. Quello che compie Assayas è più una panoramica, in cui gli eventi si susseguono, e manca una spiegazione particolarmente profonda delle cause – la ragione è semplice: la Russia di Putin è dipinta nel film come un potere vacuo, ripiegato su se stesso, che fa riferimento ad un passato storico-culturale che “non esiste, o almeno, non esiste più”. La prospettiva su Vadim ha lo scopo di esprimere quella che è, secondo la tesi del film, una mentalità diffusa in Russia, soggetta ad un potere assoluto dal quale è impossibile scostarsi. Resta piuttosto insufficiente un approfondimento di questo sistema, riportato nella sua essenziale meccanicità.
Jude Law nel ruolo di Putin non compie una satira o un’imitazione – non è la rappresentazione che vuole mimetizzare l’attore nel personaggio, anzi. La scelta di un attore spesso connotato con ruoli ambigui, che spesso assumono un certo aspetto minaccioso, e mantenerlo “visibile” è più che intenzionale: l’ambiguità di Law si somma con quella del suo personaggio, di Putin restano alcuni manierismi ma soprattutto resta una certa essenza.
Le Mage du Kremlin forse resta piuttosto superficiale nel presentare un processo politico che influenza le dinamiche mondiali e nel non entrare troppo nei dettagli.