Nell’ultimo periodo, sotto la guida del Primo Ministro Nikol Pashinyan, l’Armenia è stata teatro di una crescente tensione politica e sociale. Tra arresti di oppositori, repressione del dissenso e scontri con la Chiesa Apostolica Armena, il governo ha avviato un ambizioso progetto di ridefinizione dell’identità nazionale e di rafforzamento del proprio potere.
Benché Nikol Pashinyan, a seguito della “Rivoluzione di Velluto” del 2018, avesse dichiarato di non voler modificare in maniera sostanziale la politica estera armena, né di distanziarsi dall’ideologia del Movimento Karabakh, la guerra nel Nagorno-Karabakh del 2020 e l’esodo degli armeni del Karabakh nel 2023 a seguito della pulizia etnica portata avanti dall’Azerbaigian, hanno portato ad una ridefinizione dell’ideologia di governo.
La “Vera Armenia”
Tale ideologia viene chiamata da Pashinyan con il nome di “Vera Armenia” o “Nuova Armenia” e include alcuni punti essenziali:
- La normalizzazione dei rapporti con Turchia e Azerbaigian;
- La Vera Armenia è la Repubblica dell’Armenia, ovvero un territorio di 29743 km2 entro i confini riconosciuti a livello internazionale;
- La madrepatria è lo stato, ovvero la Repubblica dell’Armenia (è importante notare che per la gran parte degli armeni sia in Armenia che nella diaspora, la Madrepatria storica include i territori considerati armeni nell’attuale Turchia orientale, il Nagorno-Karabakh e una parte dell’Iran settentrionale storicamente abitato da armeni, nonché della regione georgiana meridionale del Javakheti);
- Essere indipendenti attraverso l’essere dipendenti da più poteri – cioè una politica estera volta a ridurre la dipendenza da un singolo potere quale la Federazione Russa, aumentando e migliorando i rapporti con l’Unione Europea e i vicini nella regione, ovvero Turchia, Azerbaigian ed Iran.
Questa ideologia sta portando ad una ridefinizione dell’identità nazionale armena. Infatti, Nikol Pashinyan è accusato dalla popolazione di star eliminando i simboli di tale identità. Come ad esempio il monte Ararat, riconosciuto dalla nazione armena come simbolo fondamentale della propria identità storica nonché religiosa – l’Ararat è considerata la montagna su cui si fermò l’arca di Noè a seguito del diluvio universale. Tramite decreto governativo, è stata decisa la rimozione del simbolo del monte Ararat dai timbri di frontiera a partire dal 1 Novembre 2025.
La “Quarta Repubblica”
In occasione dell’ultimo congresso del suo partito, Contratto Civile, di inizio ottobre, il Primo Ministro, ha dichiarato che, nell’ottica di una rinnovata vittoria alle elezioni a giugno 2026, la sua amministrazione si assumerà la responsabilità di dare vita ad una “Quarta Repubblica”. L’attuale Repubblica dell’Armenia è considerata la “Terza Repubblica” che succede l’Armenia Sovietica e la Prima Repubblica (1918-1920).
La differenza principale, secondo Pashinyan, sta nel fatto che se la terza repubblica era fondata sulla logica del conflitto e sulla ricerca utopica della Madrepatria storica, la quarta sarà fondata su una logica di pace e sul fatto che una Madrepatria esiste già, ed è la Repubblica dell’Armenia. Ciò inoltre implica la redazione, nonché sperata approvazione tramite referendum, di una nuova costituzione – punto necessario sollevato da Baku per la firma di un accordo di pace tra i due Paesi.
Ciononostante, la maggior parte della popolazione armena critica sia l’ideologia della Vera Armenia che la Quarta Repubblica, in quanto percepite come concessioni nei confronti di Baku e Istanbul, nonché un attacco all’identità nazionale e alla memoria del Genocidio e delle recenti guerre in Nagorno-Karabakh e le ingenti perdite umane.
Un ulteriore problema riguarda il tentativo di destituire il Catholicos Karekin II e l’erosione della democrazia.
Cosa sta succedendo con la Chiesa Apostolica Armena?
Qualche mese fa abbiamo parlato delle tensioni tra il Primo Ministro e la Chiesa Apostolica Armena. La situazione non è migliorata e, in vista delle elezioni parlamentari a giugno 2026, la tensione continuerà ad aumentare.
Negli ultimi mesi, diverse diocesi hanno subito nuovi raid che hanno portato all’arresto di ulteriori preti e un vescovo.
Due settimane fa, durante una sessione parlamentare di domande e risposte – boicottata dall’opposizione – il Primo Ministro ha colto l’occasione per criticare aspramente Chiesa e Catholicos, accusandoli di essere “agenti di poteri esterni”.
Inoltre, un sacerdote in servizio al monastero di Hovhannavank, Aram Asatryan, è stato recentemente deposto dalla Chiesa Apostolica Armena su decisione del Catholicos Karekin II, con l’accusa di aver screditato l’istituzione ecclesiastica e di non aver menzionato il Catholicos e il vescovo durante la messa. Asatryan ha respinto le accuse, definendo la sua rimozione una decisione politica legata alle sue critiche verso gli alti rappresentanti della Chiesa. Nonostante ciò, il sacerdote ha annunciato che continuerà a celebrare la messa e ha invitato il Primo Ministro Nikol Pashinyan a partecipare, invito che quest’ultimo ha accettato.
Per due domeniche di fila, Pashinyan – insieme ad altri ministri, membri del partito Contratto Civile e governatori – ha partecipato alla liturgia celebrata da Asatryan, suscitando indignazione da parte del clero e dalla popolazione.
In un video prima della messa, il Primo Ministro ha dichiarato la liturgia “l’inizio concreto della liberazione della Santa Sede di Etchmiadzin”.
Deriva autoritaria
Oltre al suo scontro con la Chiesa Apostolica Armena, negli ultimi mesi, il governo di Nikol Pashinyan ha intrapreso una serie di azioni che sollevano serie preoccupazioni sullo stato della democrazia in Armenia.
Diversi esponenti dell’opposizione, inclusi potenziali candidati alle elezioni del 2026 come Samvel Karapetyan e Davit Hambardzumyan (sindaco di Masis), sono stati arrestati con accuse di corruzione e altri reati, insieme ad individui critici verso il governo e le sue politiche, come l’avvocato Aleksandr Kochubayev – episodio fortemente criticato dall’Ombudsman Anahit Minasyan, la quale ha espresso preoccupazione per l’abuso della detenzione preventiva, che rischia di minare la fiducia nel sistema giudiziario.
Nelle scorse settimane è stato arrestato anche il sindaco di Gyumri Vardan Ghukasyan, il quale aveva vinto le elezioni a scapito del candidato di Contratto Civile nell’aprile scorso. Ghukasyan aveva criticato il Primo Ministro e il suo governo per la repressione nei confronti della Chiesa Apostolica Armena, ricevendo in risposta dalle autorità la minaccia di subire a sua volta repressioni.
Tali misure, giustificate come parte della lotta alla corruzione e al cosiddetto “revanscismo”, appaiono tuttavia mirate a neutralizzare ogni forma di dissenso politico. Dinamica che entra in evidente contraddizione con i piani annunciati dal Ministro degli Esteri Mirzoyan di intensificare il percorso di integrazione europea e di democratizzazione a partire dal 2026: l’Unione Europea dovrebbe valutare con attenzione la natura e il tempismo di questi arresti, che sembrano avvenire proprio in concomitanza con l’avvicinarsi delle elezioni, sollevando dubbi sul reale rispetto dei principi democratici.
East Journal Quotidiano di politica internazionale