E’ stato un ferragosto di protesta e di repressione violenta in Serbia, dove le manifestazioni proseguono da ormai nove mesi contro l’amministrazione del presidente Aleksandar Vučić, considerata corrotta e responsabile della tragedia di Novi Sad lo scorso novembre, quando persero la vita 16 persone.
Per tutta la settimana si sono verificati scontri tra polizia e manifestanti a Belgrado in varie città dal nord al sud del paese, con denunce di brutalità e uso eccessivo della forza da parte della polizia. Le dichiarazioni di preoccupazione e gli inviti alla calma da parte dei rappresentanti internazionalie – dal segretario del Consiglio d’Europa Alain Berset alla Commissaria europea Marta Kos – non sembra finora aver sortito effetti.
Venerdì 15 agosto è stato il quarto giorno di disordini nelle città serbe, inclusa la capitale Belgrado, dove la polizia ha lanciato gas lacrimogeni contro i dimostranti, che sono stati anche attaccati da manifestanti filo-governativi (“ćaci“). Decine di persone sono rimaste ferite nei violenti scontri, mentre centinaia (almeno 114) sono state arrestate. Tra di loro anche un italiano, estraneo agli scontri, che ha denunciato di non avere avuto accesso a un legale per oltre dodici ore prima del rilascio.
Il regime serbo passa alla fase dei manganelli
Venerdì sera il presidente Vučić ha affermato che lo Stato è più forte di qualsiasi protesta e ha elogiato la polizia. “Questa è la fase della disperazione e dell’impotenza, quando non hai più nulla da offrire ai cittadini se non percosse e manganelli“, ha dichiarato all’emittente televisiva nazionale RTS.
Il ministro degli interni serbo, Ivica Dačić, ha accusato i dimostranti di aver aggredito gli agenti. “Senza alcun motivo, la polizia è stata attaccata in modo massiccio e brutale e ci sono stati violenti tentativi di sfondare i cordoni di sicurezza”, ha affermato, contando 121 agenti feriti e negando ogni uso eccessivo della forza.
Le manifestazioni di venerdì si sono svolte con lo slogan: “Facciamo loro vedere che non siamo un sacco da boxe“. I dimostranti hanno lanciato uova contro la polizia, che li ha caricati nell’ampio viale di fronte alla sede del governo serbo. Video sui social media mostrano poliziotti con scudi e manganelli che picchiano manifestanti inermi. I ćaci filo-Vučić hanno inoltre lanciato fuochi d’artificio, pietre e bottiglie di vetro contro i manifestanti antigovernativi.
Gli scontri a Belgrado e nelle altre città
La sera di giovedì 14 agosto a Novi Sad, seconda città del paese, i manifestanti hanno attaccato la sede del partito SNS al potere, gridando “è finito”, mentre rompevano le finestre e ricoprevano i muri di vernice rossa. Il giorno prima, i sostenitori del presidente avevano ripetutamente lanciato razzi contro i manifestanti a Novi Sad. I manifestanti hanno poi rotto le finestre degli uffici, mentre la polizia antisommossa era schierata all’esterno per sorvegliare l’edificio.
A Belgrado, sempre giovedì, la polizia ha utilizzato gas lacrimogeni per disperdere gruppi di dimostranti antigovernativi. La polizia antisommossa ha separato due schieramenti contrapposti nella città centrale di Kraljevo. Manifestazioni si sono svolte anche nelle di Kragujevac e Čačak nella Serbia centrale, e nella città meridionale di Niš.
Mercoledì 13 agosto, in conferenza stampa con il cancelliere austriaco Christian Stocker, Vučić ha dichiarato che le proteste in Serbia sono “molto violente, e lo sono state anche ieri sera”. I funzionari e media di regime hanno ripetutamente descritto i manifestanti come “terroristi“, e Vučić li ha chiamati “teppisti“, sebbene le proteste fossero state pacifiche fino ad allora. Mercoledì sera Vučić si è presentato a un accampamento di suoi sostenitori fuori dal palazzo presidenziale a Belgrado, a mò di sfida.
Le proteste di mercoledì sono state organizzate in risposta agli incidenti di martedì 12 agosto nella città di Vrbas, nel nord-ovest, dove i manifestanti hanno denunciato di essere stati aggrediti dai filo-governativi con lanci di razzi, pietre e bottiglie. La polizia è intervenuta per separare i due campi e ha proceduto a vari arresti, affermando che i dimostranti “erano venuti per attaccare” i sostenitori del governo. La stessa dinamica di Vrbas si è verificata a Backa Palanka e successivamente a Novi Sad e nella città meridionale di Niš. A Belgrado, la polizia antisommossa ha respinto i manifestanti che si erano radunati in centro.
Un deputato d’opposizione aggredito in strada
Gli analisti indipendenti avvertono che la Serbia potrebbe dirigersi verso una maggiore instabilità se il governo non prenderà sul serio le richieste dei manifestanti.
Una rete informale di accademici, tra cui insegnanti, ricercatori e docenti universitari della Vojvodina, la regione in cui sono scoppiate le prime proteste, ha condannato il rifiuto del partito al governo di indire elezioni, una richiesta fondamentale che ha guidato il movimento. Affermano che Vučić “è pronto a provocare una guerra civile solo per evitare di indire le elezioni”.
Foto: AP / Darko Vojinovic