Monumenti e diplomazia culturale serba verso la diaspora. Il caso Malta

E’ stato inaugurato lo scorso agosto a Malta un monumento alla memoria dell’affondamento del Polynésien, nave che nel 1918 trasportava truppe serbe verso il fronte di Salonicco. Un’operazione di diplomazia culturale che esemplifica gli sforzi della Serbia per controllare e mobilitare la diaspora, rafforzandone l’indentificazione con la Nazione.

La cerimonia a Malta

Malta, 10 agosto 2025, baia di San Tumas, ore otto della sera. Il ministro della cultura Owen Bonnici inaugura un monumento in ricordo del naufragio nel 1918 del transatlantico francese SS Polynésien. Con lui un delegato dell’ambasciata francese, e anche Arnaud Gouillon (Arno Gujon), politico francese di estrema destra naturalizzato serbo, oggi “direttore dell’ufficio per la diplomazia pubblica e culturale del Governo della Serbia”. In platea, la comunità serba sull’isola di Malta.

Nella sua allocuzione, il ministro della cultura ha ricordato i legami tra la Serbia e Malta, che passano anche attraverso la politica di neutralità internazionale seguita dalle due nazioni. Il pope ortodosso, che ha benedetto il monumento e commemorato le vittime, ha ricordato come la Serbia abbia versato un altissimo tributo di sangue nelle due guerre mondiali e ancora oggi subisca violenze e sofferenze, ma “è sempre rimasta dalla parte giusta della storia“.

Come indica Gujon,  “vogliamo che ogni maltese, ogni turista che passa accanto al monumento sappia che dietro questa nave ci sono Milunka Savic, i cadetti serbi e lo Stato di Serbia. Un sentito ringraziamento all’associazione Sant’Elena d’Angiò e a tutta la comunità serba di Malta, ideatrice di questo progetto, che noi, come Ufficio per la diplomazia pubblica e culturale, abbiamo sostenuto con tutto il cuore.”

Sono oltre seimila i serbi a Malta, la quinta comunità dopo britannici, italiani, indiani e filippini, organizzati in varie associazioni culturali. Non è chiaro se le autorità maltesi fossero a conoscenza del background di estrema destra di Gujon, e quali altri incontro il politico franco-serbo abbia avuto sull’isola.

L’affondamento del Polynésien 

Il Polynésien trasportava truppe serbe, in transito da Biserta verso il fronte di Salonicco, quando fu silurato da un sottomarino tedesco e affondò a 3 km dalla costa di Malta il 10 agosto 1918, verso la fine della Prima Guerra Mondiale.

Il transatlantico francese, lungo 152 metri, fu varato nel 1890 e trasportava fino a 580 passeggeri. Aveva una velocità di crociera di 17,5 nodi. Prima della guerra era impiegato in viaggi regolari tra il Mediterraneo e l’Australia. Fu requisito dalle autorità militari francesi allo scoppio della guerra nel 1914, trasportando truppe da e per la Nuova Caledonia, l’Indocina e attraverso il Mediterraneo.

L’ultimo viaggio della Polynésien iniziò il 7 agosto 1918 a Biserta, in Tunisia. La nave trasportava 499 cadetti serbi e un piccolo numero di ufficiali diretti al fronte di Salonicco in Grecia. Tra loro c’era un’eroina serba della Prima Guerra Mondiale, la sergente Milunka Savić, reduce di tre diverse guerre e la donna più decorata nella storia della guerra.

Il Polynésien si avvicinò a Malta il 10 agosto, diretto al porto di Marsaxlokk, ultima nave di un convoglio. Verso le 10:30 fu scossa da una violenta esplosione a mezza nave sul lato sinistro e affondò rapidamente. Era stata colpita da un siluro sparato da un sottomarino posamine tedesco al comando di Eberhard Weichold, che riuscì a dileguarsi.

La maggior parte dei passeggeri – inclusa Milunka Savić – riuscì a mettersi in salvo, ma almeno 11 membri dell’equipaggio e sei passeggeri morirono. I naufraghi serbi furono curati a Malta e poi trasportati sul fronte di Salonicco per prendere parte alle battaglie finali della Prima Guerra Mondiale e alla liberazione della Serbia. La nave, affondata a una profondità di 65 metri, è oggi un popolare sito per immersioni, noto come tal-platti, per via delle stoviglie rinvenute intorno al sito.

Il monumento in bronzo, realizzato dallo scultore maltese Joseph Chetcuti. è stato realizzato su iniziativa dell’associazione culturale serbo-maltese Sant’Elena d’Angiò, in collaborazione con Heritage Malta e il consiglio comunale di Marsaskala. Previsto per il centenario, l’inaugurazione è avvenuta solo ora, a 107 anni dall’affondamento.

Arno Gujon, paladino del neo-serbismo

Arno Gujon è nato Arnaud Gouillon 41 anni fa a Grenoble.  Nel 2012, 27enne, aveva tentato di candidarsi alle elezioni presidenziali per il Bloc identitaire, senza riuscire a raccogliere le 500 firme necessarie. Ha poi fondato l’associazione Solidarité Kosovo, anch’essa legata all’estrema destra e si è “impegnato nel lavoro umanitario per sostenere i cristiani serbi cacciati dalle loro terre dai musulmani“. Sposatosi nel 2007 al monastero di Visoki Dečani con la serbo-bosniaca Ivana Gajić, conosciuta a Zvornik, Gujon ottiene nel 2015 la cittadinanza serba per “meriti umanitari”.

Nel novembre 2020, Gujon è nominato Segretario di Stato per i serbi nella diaspora, sotto l’autorità del Ministro degli esteri serbo. Nel maggio 2024, è nominato a capo del nuovo “ufficio di diplomazia pubblica e culturale“, inclusa la diplomazia digitale. A settembre, il presidente serbo Vučić lo incarica di gestire una squadra di risposta alla disinformazione sulla Serbia nei media stranieri.

Diplomazia culturale e riproduzione della Nazione

Il caso del monumento al Polynésien a Malta è emblematico degli sforzi delle autorità serbe per controllare e mobilitare la diaspora nei paesi europei.

La proiezione dell’immagine della Serbia come comunità organica (chiesa e governo insieme), con una continuità storica ultracentenaria (come già indicato dall’uso di simboli monarchici su una bandiera repubblicana), e una distinta identità tramandata e riprodotta tramite associazioni culturali per la socializzazione dell’infanzia e della gioventù, servono a sostenere l’auto rappresentazione di una Nazione coesa e unitaria (a dispetto della profonda polarizzazione della società in Serbia) e a favorire il sentimento di identificazione con lo Stato e col governo da parte di espatriati e famiglie non più in diretto contatto con la madrepatria.

Diplomazia culturale e soft power si fanno strumento di riproduzione dell’idea di Stato e Nazione concepita dall’ideologia neo-nazionalista del Partito Progressista Serbo al potere dal 2012.

Foto: Arno Gujon

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