Oggi landa periferica tra Ucraina e Romania, nel 1775 fu annessa dall’Impero d’Austria, all’interno del quale visse la sua fase di massimo splendore.
Bucovina significa “terra dei faggi” ed era conosciuta con questo nome già alla fine del XIV secolo, come parte del vecchio Principato di Moldavia. Nelle scorse settimane le cronache l’hanno riportata improvvisamente in prima pagina, dopo gli attacchi russi del 12 luglio che ne hanno colpito la metà ucraina, violando un’area fino a quel momento ancora risparmiata (o quasi) dal conflitto. Il raid ha provocato due vittime a Cernivci, la piccola Vienna, vetrina della fortunata dominazione asburgica iniziata 250 anni fa.
Dall’annessione alla costituzione del ducato
Per lungo tempo la Bucovina ha rappresentato il cuore spirituale del Principato di Moldavia, Stato autonomo a maggioranza romena ma tributario dell’Impero Ottomano. Un territorio boscoso attraversato dai fiumi Prut e Siret, celebre per i monasteri ortodossi (tuttora meta di pellegrinaggio) realizzati durante il lungo regno di Stefano il Grande. Dopo la metà del settecento però, con la Sublime Porta ormai in piena decadenza, tutti i territori collocati tra i Carpazi e il Mar Nero divennero oggetto delle mire espansionistiche dell’Impero Zarista e dell’Impero Asburgico.
Tra 1769-1774 una grande guerra tra Russi e Turchi, vinta dai primi, si concluse col trattato di Kucuk-Kaynarca (oggi Kajnardza, in Bulgaria) che consegnò a Caterina II la penisola di Crimea e il protettorato sui sudditi ortodossi del sultano. L’anno successivo la sua omologa Maria Teresa d’Austria approfittò della situazione favorevole per invadere la Bucovina, con il pretesto di garantire collegamenti e sicurezza al neonato Regno di Galizia, annesso nel 1772 in seguito alla prima spartizione della Polonia. Né i contingenti turchi né la nobiltà locale ebbero la forza di opporsi.
Fino al 1786 la Bucovina rimase un distretto della frontiera militare Transilvana, sottoposta al regime speciale tipico di tutti i territori a contatto col nemico Ottomano. Solo con il passaggio all’amministrazione civile venne integrata nella vicina Galizia. Nel 1848 però il contagio dei moti risorgimentali arrivò fino alle estremità orientali dell’impero, e Vienna fu costretta ad accettare almeno parzialmente le svariate istanze di autodeterminazione. Nacque così il Ducato autonomo di Bucovina: governato da una dieta di 31 membri con sede nella capitale Czernowitz, e dal 1861 detentore di 14 seggi nel Reichsrat.
Czernowitz: crocevia di mondi
Nonostante le conquiste politiche, la Bucovina restava la cenerentola dell’Impero sul piano delle infrastrutture, delle vie di comunicazione, delle attività produttive e dell’istruzione. Per sbloccare finalmente la situazione il governo centrale promosse un rapido ripopolamento attraverso sussidi, sgravi fiscali e patenti di tolleranza religiosa. A fianco della tradizionale comunità romena crebbe così il numero dei ruteni e degli ebrei; si insediarono poi tedeschi, armeni, polacchi e non solo.
Molti dei nuovi arrivati confluirono nelle due maggiori città del ducato: Suceava, storica capitale moldava, attualmente in Romania, ma soprattutto Czernowitz, (Cernauti in romeno, Tshernovits in Yiddish), oggi l’ucraina Cernivci, che alla fine dell’ottocento toccò i 90.000 abitanti e si trasformò in un mosaico di etnie e religioni con architetture di pregio, una fiorente vita commerciale e grandi fermenti culturali.
Il tedesco s’impose presto come lingua ufficiale nell’amministrazione, nella letteratura e nell’esercito, ma ogni comunità trovò facilmente spazi e voci per esprimersi. A Czernowitz venne fissata la residenza dei metropoliti bucovini e dalmati, con giurisdizione su tutti i fedeli ortodossi della Cisleitania. La città ospitava inoltre un grande numero di Ebrei, oltre il 30% della popolazione secondo l’ultimo sondaggio asburgico del 1910, dato che valse alla capitale l’appellativo di “Gerusalemme sul Prut”.
L’idillio non durò a lungo, all’inizio del novecento l’esasperazione dei nazionalismi compromise la convivenza in tutto l’Impero. A Czernowitz terreno privilegiato di scontro fu la grande Università Francesco-Giuseppe, fondata nel 1875 e popolata da confraternite studentesche i cui “conflitti, che non di rado degeneravano in scazzottate, erano all’ordine del giorno. I membri della pantedesca Arminia, quelli dell’Austria, di sentimenti filoimperiali, gli internazionali della Gothia e dell’Alemannia, i Romeni della Bucovina nonchè i nazionalisti ebrei della Hasmonea, della Zephira e della Hebronia” (M.Pollack, Galizia, 2017). Nel giro di pochi anni le tensioni si trasferirono al di fuori dell’ateneo fino all’attentato di Sarajevo, che mise la parola fine sulla favola della piccola Vienna.
Le guerre mondiali e la divisione
Per oltre metà della Prima Guerra Mondiale la Bucovina fu attraversata dal fronte austro-russo, ma nel 1918 tra i due litiganti godette il terzo, ovvero la Romania, che approfittando dell’implosione dei due imperi annesse la provincia in un regno mai così esteso. la Bucovina salvò la sua integrità, ma perse gran parte del suo retaggio mitteleuropeo.
All’inizio della Seconda Guerra Mondiale, infine, Stalin impose la divisione tuttora in essere tra nord sovietico e sud romeno. Nel giugno 1940 l’URSS invase la Bessarabia e la Bucovina settentrionale, forte dell’accordo segreto con la Germania nazista e della massiccia presenza di ruteni di lingua ucraina. Bucarest allora si alleò con Hitler e grazie all’operazione barbarossa recuperò momentaneamente entrambi i territori. Nel 1944 però l’offensiva Iasi-Chisinau dell’Armata Rossa fu quella definitiva. I nuovi confini vennero confermati dai trattati di Parigi del 1947, la storia unitaria della Bucovina era ufficialmente conclusa.
Foto dal profilo Facebook di Manastirea Putna
East Journal Quotidiano di politica internazionale