I ruteni, il popolo dai mille confini

C’è un posto che si trova dove confinano tutti i confini, dove le frontiere si fronteggiano e le dogane impazziscono. Una regione sottosopra, a seconda di come la si guarda. Questo che posto non esiste, non me ne vogliano i suoi abitanti, e si chiama Rutenia. La popolazione locale è piuttosto confusa da secoli di spostamenti: non che siano stati loro a muoversi, bensì gli Stati che hanno mutato così tante volte fronte da rendere i ruteni cosmopoliti loro malgrado.

Anche la religione, in Rutenia, è un miscuglio tra oriente e occidente: il culto uniate coniuga il rito greco alla fedeltà al pontefice. Cattolici di rito ortodosso, insomma. La principale città della regione-che-non-esiste è (oggi) Uzhgorod ma non si possono dimenticare Kosice e Leopoli. Un pasticcio vero? proviamo a dipanarlo.Oggi una Rutenia esiste, è una regione dell’Ucraina denominata “subcarpatica” (dagli ucraini) e “transcarpatica” (dagli slovacchi), situata a sud dell’oblast di Leopoli -che invece è parte della regione storica della Galizia- e a est della Slovacchia. In pratica è un insieme di placide valli in cui scorrono, in direzione ovest, gli affluenti del fiume Tibisco.

Questa Rutenia è abitata in prevalenza da ucraini (80%) e ungheresi (12%) con minoranze russe, romene, slovacche, tedesche e rom. Il capoluogo di questa regione è, appunto, Uzhgorod. La città fu conquistata dai magiari nel XI secolo, da allora fu parte del Regno d’Ungheria e quindi dell’Impero Asburgico (poi Austro-Ungarico) fino al 1918 quando, a seguito della sconfitta, l’impero venne smembrato col trattato del Trianon. Uzhgorod passò come tutta la Rutenia alla neonata Cecoslovacchia. Quando con lo scoppio della Seconda guerra mondiale la Cecoslovacchia collassò, la Rutenia si dichiarò indipendente. L’esistenza di questo piccolo stato libero consentì a più di centomila soldati e civili polacchi di fuggire allo sterminio nazista. Alcuni tra quei soldati si ritroveranno a combattere sui fronti di mezz’Europa, in Italia a Montecassino. L’occupazione dell’Armata Rossa mise fine all’indipendenza. Dopo la guerra la Rutenia finì all’Ucraina in seno alla ridefinizione dei confini interni fatta dall’Unione Sovietica.

Rutenia è però un concetto assia più volubile. Il termine si fa risalire alla radice norrena roos, termine con il quale le popolazioni slave e baltiche chiamavano i popoli scandinavi nell’alto Medioevo. Quegli scandinavi, che noi conosciamo col nome di vichinghi o variaghi, penetrarono infatti nella pianura tra i Carpazi e gli Urali dando vita a un regno vichingo, quello della Rus’ di Kiev. La frantumazione di quel regno portò alla formazione di numerosi principati poi conquistati dai mongoli e successivamente rinati. Il termine ruteni, quindi, è una derivazione parallela di russi, e di rugi (si pensi oggi all’isola di Rugen) dalla comune radice linguistica norrena. Con “russi” e “ruteni” si intendevano però i vichinghi.

Col nome “ruteni” furono poi indicati, intorno al XVI secolo, gli abitanti del Granducato di Lituania (attuale Lituania e Bielorussia). La burocrazia asburgica invece chiamo “rutene” le genti dell’attuale Ucraina occidentale, talvolta sovrapponendola alla Galizia che ha in Leopoli il suo principale centro urbano.

L’identità rutena è quindi oggi molto liquida. L’orso rosso in campo dorato è un simbolo che si può ritrovare in Slovacchia orientale, in Galizia, in Ungheria al confine con l’Ucraina e nell’Ucraina stessa. La religione uniate è il principale elemento identitario. Nel 1646, infatti, la chiesa ortodossa rutena prese la decisione di accettare la comunione con il Papa, ma di conservare il rito bizantino. Nasceva così la chiesa greco-cattolica rutena. L’accordo prese il nome di Unione di Uzhgorod. Il culto uniate è anche il simbolo del fondersi di oriente e occidente, punto di incontro tra il mondo bizantino, quello russo e quello cattolico. La persecuzione religiosa del periodo sovietico ha quasi distrutto questa fede, e con lei la cultura rutena, che solo oggi torna a vivere dopo decenni di oscurantismo.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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4 commenti

  1. Alcune precisazioni da un ungherese di origine, da parte di madre, con la madre delle sue figlie si ungherese, ma lei con madre di origine proprio rutena, ma al di qua del confine tra ungheria ed ucraina, cioè in ungheria.
    Volevo solo precisare che ci sono comunità rutene sia in ungheria, slovacchia, romania e serbia territori appartenuti alle terre della corona di santo stefano cioè il millenario regno d’ungheria, sconfitto dal trattato di trianon.
    Ed inoltre ci sono comunità rutene anche negli stati di emigrazione come canada ed usa.
    caratteristiche particolari uso dell’alfabeto cirillico, lingua slava orientale molto vicino all’ucraino, uso in chiesa dell’antico slavo ecclesiastico, pur in territori e stati dove si usano alfabeti latini!

  2. interessante e molto sintetico, nota il 2° rigo: Questo che posto non esiste,
    – uno studio sui nomi può nascondere aspetti curiosi dal punto di vista storico-antropologico…
    – Heinz Siegert, nel suo libro sui Traci scrive che tutti i popoli europei hanno un forte influsso di discendenza da quei popoli in guerra, popoli in viaggio per mare e per terra che popolarono Denmark, Latvia, Pomerania, Vlanderen e in parte le isole britanniche… Hugh Henke nei suoi studi sugli Elmetti militari dimostra che quei copricapo con le corna come li avevano i Vikinghi, furono rinvenuti in Denmark e molti di più nelle coste del Mediterraneo, specie in Siria, Lebanon e Creta e qualcosa in comune con quei bronzetti sardi cornuti… negli studi sui gruppi sanguigni di Mourant è evidente una forte parentela fra Normanni o discendenti dei Vickinghi e popoli costieri mediterranei, … è evidente che quei popoli in guerra, in giro, lasciarono tracce genetiche dappertutto, ..uno storico tedesco studiando le proprie radici antropologiche inseguendo i Goti, ne rimase deluso dal fatto che la maggior parte dei Goti si fosse insediata in Italia, vedi Godo e Russi presso Ravenna, i Goti fondarono Kiev e chissà anche Chievo, … i Goti erano parte dei Bizantini… e la capitale venne portata a Ravenna…
    – ..inseguendo le parole vi è una strana parentela fra la fonetica dei parlari del basso Campidano e quella dei discendenti dei Traco-Illirici, specialmente fra lingue slave e campidanese di Quartu ma anche di Sardara, quei suoni raschiati.. quei sri, sra, sru, e tanti toponimi comuni.. e se Sardinia derivasse dalla stessa radice del termine slavo SRDENJA?
    Matteo Zola, mi sembra sardo… un saluto da Antoni Perra

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