Romania elezioni

ROMANIA: All’indomani delle elezioni. Un terremoto previsto?

Ad una settimana dal primo turno delle ripetute elezioni presidenziali in Romania, avvenuto domenica 4 maggio dopo l’annullamento delle stesse in novembre dell’anno scorso, East Journal vi propone una lettura in due parti più ragionata e distaccata di quanto si è visto (e non si è visto) alle elezioni, e delle possibili conseguenze all’indomani del voto nel contesto interno.

Nonostante il successo di George Simion fosse atteso, la dimensione è stata per certi versi sorprendente. Simion non solo è in testa, ma ha raccolto quasi due milioni di voti in più rispetto a Nicușor Dan, rendendo il recupero per quest’ultimo un’impresa numericamente dura.

Alcune dinamiche elettorali

Nonostante la maggiore partecipazione, con più di 9,5 milioni di romeni in totale che hanno votato fra diaspora e paese, la disaffezione elettorale è rimasta comunque rilevante, con una presenza alle urne di appena 0,7 punti percentuali in più rispetto al 2024 e ancora di pochissimo superiore al 53%.

In totale, Simion ha preso quasi il doppo di Dan, con oltre 3,8 milioni di voti (quasi il 41%). Il dato è particolarmente interessante perché supera addirittura i voti presi insieme da Georgescu e Simion a novembre, che insieme facevano circa 3,4 milioni. Nicușor Dan, invece, che a queste elezioni ha preso la parte di Lasconi come alternativa sia al polo nazionalista che a quello composto da PSD-PNL, ha ottenuto circa poco meno di 2 milioni di voti, un dato simile al numero di voti vinti da Lasconi a novembre.

Crin Antonescu, il candidato unico della coalizione attualmente al governo, formata da PSD-PNL, gli ungheresi e altre minoranze, ha preso 1,893 milioni di voti. A novembre, tuttavia, i due candidati esponenti della coalizione, Marcel Ciolacu e Nicolae Ciucă, avevano ottenuto insieme oltre 2,5 milioni di voti. Sommati agli ulteriori 416mila del candidato ungherese, la coalizione aveva raccolto insieme quasi 3 milioni di voti. Ebbene, questo milione abbondante di voti “mancanti” è quasi perfettamente ascrivibile a quelli ottenuti da Victor Ponta, ex PSD, partito di cui faceva parte fino a pochi mesi fa. In questa campagna elettorale, Ponta si è riorientato come candidato dai toni fortemente sovranisti, conservatori ed euroscettici, richiamando quasi tutte le posizioni espresse da Simion, a cui però non ha fatto concorrenza, come alcuni credevano, ma ha anzi allargato e rafforzato il fronte sovranista.

Il terzo posto di Antonescu, e l’ulteriore contrazione dei voti dell’ennesimo voto di forte protesta contro i partiti tradizionali, hanno dato il colpo di grazia alla coalizione, che è tracollata. Il giorno immediatamente dopo il voto, infatti, Marcel Ciolacu ha annunciato le dimissioni da primo ministro e il PSD ha ritirato il proprio appoggio alla coalizione, facendo cadere il governo.

Il voto di rigetto per i partiti tradizionali ha avuto ricadute anche a livello di geografia del voto: le celeberrime “baronie” rosse, le storiche roccaforti rurali e delle piccole città in cui, dalla fine del comunismo, hanno imperato i Socialdemocratici, a questo turno sono state polverizzate. La mappa del voto di domenica mostra, infatti, come, ad esclusione dei territori ungheresi, che sono quasi tutti rimasti fedeli al candidato convenuto e hanno quindi votato Antonescu, e tolte Cluj e Bucarest, che sono andate in modo maggioritario a Dan, ovunque il colore dominante è il giallo, il colore di George Simion – anche a causa della dispersione del voto social democratico.

Un’altra dinamica interessante viene, come sempre, dalla diaspora, che a queste elezioni si è mobilitata fortemente, con più di 150mila voti in più. Sono confluiti massicciamente verso George Simion, un voto che è stato letto da diversi analisti come un “voto di rivalsa”, “contro coloro che hanno causato l’emigrazione di massa” dalla Romania. Simion ha raccolto, inoltre, circa 145mila voti in più rispetto alla somma dei voti presi dallo stesso e da Georgescu a novembre. Ciò gli ha permesso di prendere fra la diaspora due volte e mezzo il numero di voti che ha raccolto Dan, raccogliendo circa 587mila voti (61%), e staccando Dan di quasi 340mila voti.

Al primo sguardo è dunque evidente una minima mobilitazione del voto pro-europeo (di appena 30mila unità rispetto al voto per Lasconi), contro un ricompattamento e addirittura un allargamento del voto per il candidato di estrema destra, sia nel paese che nella diaspora.

C’è un’ulteriore precisazione da fare: il voto della diaspora si è perfettamente diviso fra Europa occidentale, compatta su Simion, e Europa orientale, che ha scelto Dan, ricalcando dopo più di trentacinque anni, la vecchia Cortina di ferro. Il dato va di pari passo con la diversa “sensibilità” al conflitto in Ucraina delle società in cui le diaspore nazionali vivono, più o meno vicine alla minaccia che pone la Russia.

Instabilità sociale, politica ed economica

Il primo turno si è svolto in un clima di crescente instabilità economica e incertezza politica che si protrae ormai da mesi. Negli ultimi anni, la rediviva coalizione di governo tra PSD e PNL aveva continuato a governare tra alti e bassi. Lo stesso ultimo esecutivo era già nato con tutti i venti contrari e sulle più fragili premesse. Le elezioni presidenziali erano state annullate poche settimane prima, e questo aveva acceso proteste contro il voto da rifare, contestato al grido di “Turul doi înapoi” da chi voleva il “secondo turno indietro”. Numerose ombre sono rimaste sulle indagini relative agli eventi che avevano portato all’annullamento del voto, e la decisione di escludere Georgescu dalla corsa verso Cotroceni, la sede della Presidenza, hanno ulteriormente alimentato le tensioni socio-politiche, già in crescita per il radicalizzarsi della narrativa dovuta all’ascesa della destra estrema, nonché alla radicalizzazione e frustrazione sempre più diffuse nella società romena.

Le crescenti pressioni su Klaus Iohannis lo hanno infine costretto a dimettersi da presidente, e le dimissioni di Ciolacu hanno lasciato sia la presidenza sia il governo in regime ad interim, e quindi con capacità decisionale e operativa ridotta.

A tutto ciò si aggiunge la crisi economica che la Romania sta attraversando. L’arrivo di Simion al secondo turno con un ampio margine ha avuto immediate ripercussioni sulla stabilità finanziaria del paese: il leu ha perso valore, superando la soglia psicologica di 5 lei per un euro, un evento mai avvenuto prima. Per sostenere la moneta nazionale, la Banca Nazionale ha dovuto acquistare urgentemente 2 miliardi di euro sulle piazze internazionali. Molti analisti sottolineano il rischio che, se dovesse vincere Simion, numerosi capitali stranieri e investimenti possano lasciare il paese, aggravando la già precaria situazione economica e finanziario. Sui quotidiani rumeni si legge quasi quotidianamente del rischio default per il paese e proprio il preoccupante contesto economico è il tema centrale di queste elezioni.

Il peggioramento economico-finanziario del paese era già stato messo in evidenza in un report pubblicato a inizio anno, secondo il quale la Romania continua a registrare deficit elevati sia sul bilancio statale che sul conto corrente, con previsioni di ulteriore aumento, anche a causa dell’incertezza politica. Anche il debito pubblico è dato in crescita. Questi parametri sono particolarmente significativi considerando che la Romania è tuttora monitorata per l’adozione dell’euro, e rischia di perdere per anni “il treno”, anche a causa di strutture economiche e finanziarie già deboli di loro.

(FINE PRIMA PARTE).

Foto: Digi24

Chi è Rebecca Grossi

Appassionata di politica e di tutto ciò che sta al di là della ex Cortina di ferro, ha frequentato Studi Internazionali a Trento e Studi sull'Est Europa presso l'Università di Bologna. Dopo soggiorni più o meno lunghi di studio e lavoro in Austria, Grecia, Germania, Romania e Slovenia, abita ora a Lipsia, nell'ex DDR, dove è impegnata in un dottorato di ricerca sul ruolo del Mar Nero nella strategia geopolitica della Romania. Per East Journal si occupa principalmente di Romania.

Leggi anche

Nicușor Dan

ROMANIA: Nicușor Dan eletto presidente. Sconfitta l’estrema destra

Nicușor Dan è eletto presidente della Romania grazie ad una forte mobilitazione contro l'estrema destra: sconfitto George Simion.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com