Accedono al secondo turno delle elezioni presidenziali in Romania il candidato d’estrema destra George Simion e il liberale indipendente Nicușor Dan.
Senza grandi sorprese, il candidato d’estrema destra George Simion vince il primo turno delle elezioni presidenziali in Romania con oltre il 40% dei voti. Segue a larga distanza il candidato liberale e indipendente Nicușor Dan (21%) che si qualifica dunque per il secondo turno. Ecluso il candidato della coalizione di governo Crin Antonescu, cosi come l’ex premier Victor Ponta ed Elena Lasconi, che era riuscita ad accedere al secondo turno delle presidenziali annullate.
Alla guida del partito AUR, Simion è riuscito a raccogliere il voto in precedenza disperso del suo campo politico. Alle elezioni presidenziali dello scorso 24 novembre, poi annullate formalmente per interferenze russe sull’esito, il voto estremista era stato in larga parte raccolto dall’allora semi-sconosciuto Călin Georgescu – la cui vittoria ha poi appunto spinto la Corte Costituzionale ad annullare le elezioni. Alle successive elezioni parlamentari tre partiti si sono contesi l’elettorato sovranista: AUR, che si è piazzato al secondo posto con il 18%; il Partito delle Persone Giovani (POT), formazione superficiale che ha raccolto parte del consenso di Georgescu attestandosi al 6.5%; il 7.5% dei voti è infine andato al più radicale S.O.S. Romania, il partito di Diana Șoșoacă (la cui candidatura alle presidenziali era stata rigettata perché non compatibile con i valori della democrazia, della costituzione e dello stato di diritto). Georgescu e Șoșoacă impossibilitati a partecipare allo scrutinio, Simion ha fatto incetta di voti sia in Romania che nella diaspora (con percentuali bulgare oltre il 70% in Italia e Spagna).
Il sindaco di Bucarest Nicușor Dan, fondatore del partito USR che ha successivamente abbandonato, si qualifica dunque per il duello finale grazie al massiccio voto proveniente dalle zone urbane ed al suo secondo posto nella diaspora. Dan non è dunque stato intralciato dalla presenza di due candidati appartenenti allo stesso universo; l’elettorato liberale, urbano ed educato si è affidato completamente a lui, lasciando l’amaro in bocca a Lasconi, ferma sotto al 3%.
La sconfitta più pesante è senza dubbio quella di Crin Antonescu, candidato del governo formato dal Partito Social Democratico (PSD), il Partito Nazional Liberale (PNL) ed il partito della minoranza ungherese UDMR. Messo da parte il suo profilo poco vendibile, Antonescu paga la defezione di una buona parte dell’elettorato del PSD: Antonescu proviene infatti dai ranghi del PNL. L’elettorato PSD si è dunque parzialmente rivolto a Victor Ponta: l’ex premier si è presentato come candidato indipendente e ha condotto una campagna elettorale fortemente ispirata a Donald Trump che gli ha permesso di raccogliere il 13% dei voti.
La sconfitta di Antonescu solleva numerosi quesiti. Primo fra tutti quello del destino della coalizione di governo che sembra ormai non avere più nessuna legittimità popolare. Si vocifera già di nuove elezioni parlamentari. Numerosi esperti iniziano poi a parlare di un’eventuale partecipazione di AUR al governo a seguito di uno scrutinio che confermerebbe la tendenza sovranista dell’elettorato rumeno: il partner più consono al profilo ideologico del partito sarebbe il PSD. Tale scenario è preso in considerazione proprio perché le previsioni per il secondo turno lasciano presagire una vittoria di Simion: se davanti ad un duello contro Antonescu l’elettorato moderato si sarebbe potuto mobilitare contro l’estrema destra, è difficile immaginare che larga parte dei fedeli PSD darà il suo voto Dan. Oltre alla divergenza di profili (quello del PSD è un elettorato perlopiù rurale, poco istruito ed economicamente debole), i vari candidati liberali si sono più volte distinti per un certo disprezzo nei confronti del bacino elettorale PSD.
Ma la sconfitta di Antonescu ci permette anche di osservare il tramonto della politica mainstream, che in Romania avviene in ritardo rispetto al resto d’Europa. Sembrano scollarsi quei rapporti clientelari che hanno a lungo deciso il destino della politica rumena: gli elettori sembrano non rispettare più le consegne di partito e dei baroni locali, così come vengono chiamati in Romania gli eletti a livello subnazionale. La geografia elettorale riserva nuove sorprese ad ogni appuntamento.
Salvo grandi sorprese (premessa necessaria considerato l’esito delle ultime elezioni), appuntamento al prossimo 18 maggio con il secondo turno delle presidenziali.
Foto: dal profilo Facebook di Alianța pentru Unirea Românilor – AUR