Le proteste in Serbia e i semi della riconciliazione nei Balcani

Le proteste anticorruzione guidate dagli studenti in Serbia, oltre alla contestazione del regime politico, portano i semi di passi avanti nella riconciliazione in tutta la regione dei Balcani occidentali. Un cambiamento generazionale, ancora acerbo, ma che va seguito da vicino.

Le relazioni inter-etniche in Serbia e l’abbraccio del Sandzak agli studenti

Il 15% dei cittadini serbi è membro di minoranze nazionali – un fatto poco noto e spesso nascosto. Attorno a Novi Pazar, nella regione storica del Sangiaccato, i bosgnacchi sono la maggioranza.

Sebbene le guerre degli anni ’90 non vi abbiano lasciato le stesse pesanti conseguenze che in Bosnia e in Kosovo, e serbi ortodossi e bosgnacchi musulmani vi coesistano, permangono significative divergenze tra i due gruppi, con un più ampio impatto anche sulle relazioni serbo-bosgnacche nei Balcani occidentali e sulle dinamiche tra Serbia e Bosnia-Erzegovina.

Le proteste degli ultimi mesi hanno visto una notevole partecipazione di studenti e giovani bosgnacchi del Sangiaccato e hanno portato al rafforzamento dei loro legami con gli studenti serbi del resto del Paese.

Il raduno studentesco a Novi Pazar, tenutosi il 12 aprile 2025, è stato particolarmente significativo in questo senso. Studenti provenienti da diverse città della Serbia, tra cui Niš, Jagodina, Ćuprija, Paraćin e Belgrado, hano raggiunto Novi Pazar a piedi e in bicicletta. La comunità locale li ha accolti in una atmosfera festosa, con musica, striscioni e un tappeto rosso. La protesta principale, con lo slogan “Riforma il sistema”, ha visto discorsi, un concerto e il rilascio simbolico di una colomba bianca come gesto di pace.

Nei giorni successivi, si sono episodi di solidarietà interetnica e interreligiosa per una causa comune. Durante i giorni di occupazione studentesca dell’edificio della Radio e Televisione Serba (RTS), gli studenti musulmani di Novi Pazar hanno raggiunto Belgrado per dare il cambio ai loro colleghi ortodossi, permettendo loro di celebrare la Pasqua con le loro
famiglie e allo stesso tempo mantenere la blokada.

Messaggi di pace e unità tra i bosgnacchi di Novi Pazar e i cittadini di altre parti della Serbia sono stati ampiamente condivisi, sottolineando l’importanza del sostegno e della comprensione reciproci per superare le divisioni storiche e religiose  in nome dell’unità. Le foto di ragazze velate con le bandiere serbe nelle blokade studentesche, o delle bandiere nazionali intrecciate (la bandiera della Repubblica serba e quella della comunità bosgnacca del Sangiaccato) sono rimbalzate sui media e sui social in tutta la regione.

Il discorso del veterano

Una delle espressioni di maggiore impatto di questo stato nascente, vista nelle scorse settimane, è stato il discorso di un veterano serbo, pronunciato a braccio davanti agli studenti bosgnacchi che occupavano la Radio e Televisione Serba:

“Vorrei che tutti salutassimo i nostri cari ospiti di Novi Pazar: selam aleikum!  Mi chiamo Goran Samardžić. Voglio dire ai genitori di questi ragazzi di Novi Pazar di non preoccuparsi e che non c’è differenza tra i nostri e i vostri figli. Sono tutti figli nostri. Insieme ai miei compagni, veterani di guerra, ci siamo schierati a protezione dei nostri figli, dei nostri studenti. Abbiamo giurato tutti davanti a Dio che, se necessario, avremmo dato la vita affinché nulla accadesse a questi ragazzi.”

Samardžić ha sottolineato che, oltre a essere un veterano, è anche un invalido di guerra, essendo stato ferito a Sarajevo nel maggio del 1992. All’epoca non aveva ancora compiuto 21 anni, che è, come ha ricordato, l’età della maggior parte degli studenti che protestano oggi in Serbia. “La mia generazione ha iniziato o si è trovata nel mezzo della guerra in Bosnia. Alcuni di noi hanno iniziato a opporsi e a combattere contro, tra virgolette, i ‘balija’, o ‘turchi’, che volevano ‘creare uno stato islamico sul suolo europeo’, e dovevamo ‘salvare le sante terre serbe e proteggere il popolo serbo’. Nell’aprile del ’92, il sanguinoso calderone bosniaco è stato acceso. Tutte le parti accorrevano per alimentarlo”. Samardžić ha poi aggiunto: “La fucina che diffondeva odio e menzogne ​​si trova in questo edificio alle nostre spalle. È la stessa RTS che ancora oggi diffonde menzogne ​​e odio. La mia generazione è caduta in queste menzogne. Credevamo di fare la cosa giusta e di avere ragione, e che gli altri fossero malvagi. E gli altri pensavano lo stesso di noi. Si è così avviato il circolo del male, che sembra non fermarsi mai e che continua a perdurare per molti ancora oggi!”

Ha ripetuto che la sua generazione “è caduta in queste menzogne”, ma le nuove generazioni si sono alzate per fermarle. “Sono loro che diffondono amore e illuminano il futuro. Tutti noi vogliamo quel futuro, e la nostra generazione fallita deve alzarsi e seguirli“. Samardžić ha anche detto che “questi ragazzi, negli ultimi mesi, ci hanno fatto crescere. Desidero esprimere la mia ammirazione per il coraggio dei veri eroi di oggi, i nostri studenti, i nostri figli”, ha concluso, seguito da un fragoroso applauso.

Il discorso del veterano è stato condiviso e amplificato sui social media, non solo in Serbia, ma anche in Bosnia Erzegovina e Montenegro, con un forte impatto. I maggiori canali di informazione serbi, controllati dal governo, l’hanno invece ignorato.

Semi di riconciliazione per un altro futuro possibile

Come spiega un attivista belgradese, “né io né i miei colleghi, attivi da decenni nella giustizia di transizione, ricordiamo una dichiarazione simile a favore della riconciliazione da parte di un veterano di guerra, pronunciata spontaneamente in un grande raduno pubblico e politico.” Sebbene i veterani di tutti i gruppi etnici siano stati spesso tra i più efficaci promotori di pace nella regione, si trattava sempre di piccoli gruppi, che spesso si rivolgevano a un pubblico ristretto di persone con idee simili.

La fraternità tra serbi e bosgnacchi, e il discorso del veterano agli studenti di Novi Pazar, dimostrano come le richieste di buongoverno, stato di diritto e sviluppo sostenibile possano essere un fattore unificante in Serbia e contribuire alla riconciliazione nei Balcani. Mentre le relazioni interstatali nella regione si stanno ulteriormente deteriorando, con la continua narrativa ufficiale di Belgrado che vede i manifestanti come ‘quinta colonna’ pagata dalla Croazia o dall’Occidente, le società in Serbia e nei Balcani sono pronte ad andare oltre. Pronte ad accogliere una contro-narrazione che abbandoni il vittimismo e si apra al riconoscimento delle esperienze e delle sofferenze altri. Nei prossimi anni, la generazione degli studenti serbi potrà dimostrare cosa significhi metterlo in atto.

Foto: Radar

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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