“Non voglio dover pensare solamente al profitto. Voglio avere un ruolo nello sviluppo della società, nella collettività in cui vivo. Un uomo non vuole essere solo libero, ma padrone del proprio destino“. Da questa risposta a un’intervista in Germania deriva il sottotitolo del nuovo film della regista sarajevese Jasmila Žbanić, “Blum – Masters of Their Own Destiny” (Blum: Gospodari svoje budućnosti).
La regista di punta della scuola cinematografica sarajevese, consacrata al successo con Grbavica (2006), sui bambini nati da stupri di guerra, e Quo Vadis, Aida? (2020), sul genocidio di Srebrenica, già candidato all’Oscar, fa oggi un passo indietro, concentrandosi sulla figura emblematica di Emerik Blum, fondatore e manager della Energoinvest, azienda pubblica jugoslava di livello mondiale con sede a Sarajevo.
Tra testimonianze dei suoi vecchi collaboratori e filmati d’archivio raccolti in tre anni di ricerca, Žbanić delinea il ritratto di un dirigente umanista e un astuto agente para-diplomatico, in grado di sfruttare a proprio favore il non-allineamento internazionale della Jugoslavia. Fu anche grazie al suo prestigio internazionale se Sarajevo venne scelta come sede delle Olimpiadi invernali 1984, e proprio Blum venne nominato sindaco della città per gestire la costruzione degli impianti e la preparazione dei giochi.
Emerik Blum e la modernità dell’industrializzazione socialista
Nato a Sarajevo nel 1911 in una famiglia di ebrei ungheresi, studente di ingegneria elettronica a Praga a fine anni ’30, Blum sopravvive nel 1944 al campo di sterminio ustascia di Jasenovac. Nel 1951 fonda quella che diventerà la Energoinvest, che cresce nel tempo da 70 fino a 42.000 dipendenti, trasformandosi in uno dei primi conglomerati industriali jugoslavi.
“Le persone sono la cosa più importante, senza le persone non funzionano nemmeno i computer”, diceva Blum. Energoinvest forniva borse di studio a migliaia di studenti per le facoltà ingegneristiche o anche i dottorati all’estero, dalla Francia agli Stati Uniti. Anziché restarvi, questi tornavano poi a Sarajevo, dove trovavano lavoro alla Energoinvest. Ogni dipendente aveva diritto a un appartamento aziendale e a ferie pagate, mentre nei club ricreativi “Steleks” dell’azienda si sperimentavano teatro e musica che avrebbero lasciato il segno nella scena artistica degli anni ’80.
Un “capitalista rosso”, come da definizione di Newsweek? Ma Blum rivendica le proprie credenziali comuniste, e l’autogestione operaia. “Questa non è la mia azienda, sono solo un dirigente”, ripete all’intervistatore. Eppure, sa bene che la sua multinazionale ad autogestione operaia deve fornirsi dei migliori strumenti per competere sui mercati mondiali. Per questo affida a McKinsey una costosa consulenza manageriale. Grazie al non-allineamento jugoslavo, Energoinvest penetra i mercati in crescita di Africa e Asia, compete con Siemens e Hitachi, e si dimostra capace di vincere appalti per linee elettriche in California e costruire componenti per le centrali nucleari sovietiche.
Tornare padroni del proprio destino, la sfida per i bosniaci oggi
Blum dimostra come nella Jugoslavia socialista ci fosse un ruolo per l’imprenditorialità e per la visione di progresso tecnologico e sociale. Mostra il ruolo dell’industrializzazione socialista per il progresso sociale. Dà visione di un passato di modernità, in cui la Bosnia era al centro di una rete globale di tecnologia all’avanguardia. Blum muore nel giugno 1984, poco dopo i giochi olimpici. Neanche un decennio dopo, la Jugoslavia si disintegra, e con essa la Energoinvest. Intorno alla ex fabbrica Energoinvest di Potocari – oggi sede del memoriale – si svolge il genocidio di Srebrenica.
“Maestri del proprio destino” è esattamente ciò che i bosniaci non sono più, da 40 anni in qua, da quando il posto di Blum è stato preso da imprenditori della politica, poeti e psichiatri falliti in grado di manipolare le persone per il proprio tornaconto.
“La storia di Blum e dei suoi colleghi mette in luce una visione umana del lavoro e dell’innovazione, nonché il loro coraggio, che hanno fatto progredire la nostra società. Speriamo che questo film incoraggi le nuove generazioni a credere in cambiamenti positivi per le loro società”, affermava Žbanić alla prima visione del film, nel febbraio 2025 al MoMa di New York.
Ed è effettivamente difficile, oggi, pensare che la modernità sia passata anche da qui, dalla Bosnia oggi in preda all’etnopolitica, all’emigrazione e all’inquinamento dell’aria. La nostalgia per un passato irripetibile può portare all’apatia e alla disillusione. Oppure può dare una spinta per il cambiamento. Come avrebbe fatto Blum. Anche questa è la speranza di Jasmila Žbanić.
Foto: Deblokada