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BULGARIA: Eletto il nuovo patriarca ortodosso, Danil il filorusso

Lo scorso 30 giugno, le campane della cattedrale Alexandr Nevskij hanno risuonato per le vie di Sofia annunciando l’elezione di Danil di Vidin, al secolo Atanas Trendafilov Nikolov, a nuovo Patriarca di tutta la Bulgaria. Dopo quattro votazioni nulle, i 138 membri del concilio ecclesiastico chiamati a scegliere il nuovo capo della Chiesa ortodossa bulgara, hanno infine espresso una maggioranza, seppur risicata, per il metropolita di Vidin, classe 1972, con alle spalle una lunga carriera che lo ha visto, tra l’altro, operare come vescovo negli Stati Uniti. Tuttavia, a differenza del suo defunto predecessore, che nelle sue ultime preghiere ha criticato l’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, Danil si è schierato dalla parte del Patriarcato di Mosca nella disputa sull’indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina. Soprattutto, il nuovo patriarca bulgaro ha apertamente criticato la decisione del governo bulgaro che, nel settembre del 2023, espulse tre chierici russi e bielorussi, accusati di essere una minaccia per la sicurezza nazionale. La sua elezione, con soli tre voti di scarto, riflette quindi le divisioni interne alla Chiesa e alla società bulgara in generale all’indomani dell’aggressione russa all’Ucraina.

Il ruolo delle chiese ortodosse nel più ampio conflitto russo-ucraino è tutt’altro che secondario. Una lotta per il potere religioso è attualmente in corso all’interno del mondo ortodosso. Un mondo plurale, teso tra spinte centrifughe e ricerca di unità. Non si può infatti parlare di “Chiesa ortodossa” (al singolare) se non in modo improprio, al solo fine di identificare l’insieme delle chiese che condividono la stessa dottrina e la stessa liturgia bizantina. Benché parte di uno stesso organismo, le chiese ortodosse si caratterizzano per una suddivisione nazionale e si distinguono tra autocefale e autonome. Le prime sono del tutto indipendenti, esprimono come guida un proprio patriarca, e non riconoscono altra autorità al di sopra di esso. Le seconde dipendono invece dalla prime, pur mantenendo ampie autonomie. Da tempo, però, le quattordici chiese che compongono il mosaico ortodosso si trovano in bilico tra la ricerca di unità e la volontà di conservare la propria indipendenza.

La ricerca di unità è un obiettivo ambizioso che passa, giocoforza, dall’individuazione di un leader. La Chiesa ortodossa russa, guidata dal patriarca Kirill, è la maggiore per numero di fedeli e da tempo contende il primato a Costantinopoli, sede del patriarca ecumenico, oggi Bartolomeo I, primus inter pares, con un ruolo preminente rispetto all’intero mondo ortodosso. Un’importanza che si deve a ragioni storiche – è la “chiesa madre”, architrave del potere imperiale romano e bizantino, da cui tutto il mondo ortodosso discende – ma che non è supportata dai numeri. Quello di Costantinopoli è un patriarcato declinante: appena tremila fedeli, tenuto in vita dalle settantadue diocesi della diaspora, in gran parte negli Stati Uniti. A contenderle il primato simbolico c’è il patriarcato di Mosca che, invece, si propone come braccio spirituale di un nuovo impero, non più quello romano, ma quello russo, espressione della “terza Roma”, velleitaria erede di Bisanzio.

La Chiesa ortodossa russa può contare, in questa lotta per il potere, su alcune solide alleanze: le chiese serba, bulgara e siriaca sono da sempre un “asse” attraverso cui il Cremlino estende la propria influenza su quelle società. Non a caso il governo bulgaro, pur esprimendo condanna verso l’aggressione russa dell’Ucraina, ha faticato ad aderire alle sanzioni contro la Russia sia per l’estrema dipendenza energetica dal gas russo, sia per gli antichi legami storici e simbolici che permeano l’immaginario collettivo.

Oggi la Chiesa ortodossa russa, e di conseguenza il Cremlino, possono contare su un alleato in più, poiché il nuovo patriarca bulgaro promette di rinsaldare quello storico legame con Mosca che il suo predecessore aveva allentato. Un segno di come i vecchi equilibri e le vecchie logiche riemergano mentre il sostegno internazionale verso Kiev e la sua battaglia si affievoliscono.

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Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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