Alla Berlinale Holy Week, il terzo lungometraggio di Andrei Cohn adatta un racconto di Luca Caragiale, ambientato in una locanda di fine ottocento.

CINEMA: Berlinale – Holy Week di Andrei Cohn, l’antisemitismo nella romania ottocentesca

Alla Berlinale Holy Week, il terzo lungometraggio di Andrei Cohn adatta un racconto di Ion Luca Caragiale, ambientato in una locanda di fine ottocento.

L’Est è quasi tutto in Forum: oltre ai documentari o a The Editorial Office, fa parte della selezione di questa categoria anche Holy Week di Andrei Cohn. Il regista, già noto per Arest, che raccontava la dittatura di Ceausescu attraverso un interrogatorio brutale, torna ancora più indietro nel tempo, al XIX secolo. Al mondo urbano si sostituisce la ruralità della campagna, in una locanda isolata. Un periodo ed un’ambientazione che ricordano per certi versi solo Aferim! di Radu Jude e pochi altri film rumeni, anche se, al contrario di Jude, Holy Week non gioca con i generi, nè è in bianco e nero.

Sicuramente un’atmosfera mozzafiato, un paesaggio quasi fiammingo che circonda un film dall’argomento cupo: sono gli anni in cui le idee di Cesare Lombroso sullo psicosomatismo arrivano in Romania, e si mescolano con credenze popolari. Così, il protagonista del racconto, di etnia ebraica, viene identificato come un “altro” dagli stessi clienti della sua locanda. Non aiuta l’arrivo della settimana santa di Pasqua, durante la quale le differenze culturali e tradizionali raggiungono il culmine, e la minaccia di un pericolo diventa sempre più concreta.

Holy Week si costruisce sulla tensione, l’attesa dell’arrivo di un evento violento, più che sulla violenza stessa – anche se ad aprire il film è una scena cruenta, una donna che viene aggredita da un uomo in un luogo pubblico. Il film si caratterizza per un ritmo lento, lunghe inquadrature intense, e che quando giunge al suo climax ribalta le aspettative. Il protagonista, Leiba, ebreo praticante e molto autoritario e severo, è un personaggio grigio, che per via del suo carattere difficile si fa disprezzare più facilmente dagli altri personaggi che per le sue origini. Cohn, di origini ebraiche, aveva già accennato alla questione dell’antisemitismo in Arest, ma in Holy Week amplia la riflessione, inserendo anche il tema del sionismo ottocentesco (evidenziandone cause e problemi), dipingendo al contempo il preludio di ciò che sarebbe avvenuto un cinquantennio più tardi.

Holy Week non è senza lacune: per certi versi, si inserisce a livello stilistico troppo nel solco già tracciato da altri per il cinema rumeno, mantenendosi come un prolungamento di quel versante iperrealistico che si era formato nelle prime opere di Puiu e Mungiu, senza evoluzioni troppo “personali”. Resta in ogni caso un film visivamente accattivante, tematicamente particolare e con un’ambientazione che viene sfruttata troppo raramente dal cinema rumeno.

Chi è Viktor Toth

Cinefilo focalizzato in particolare sul cinema dell'est, di cui scrive per East Journal, prima testata a cui collabora, aspirante regista. Recentemente laureato in Lingue e Letterature Straniere all'Università di Trieste, ha inoltre curato le riprese ed il montaggio per alcuni servizi dal confine ungherese-ucraino per il Telefriuli ed il TG Regionale RAI del Friuli-Venezia Giulia.

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