IRAN: il cammino delle comunità giudeo-persiane (3)

Continuiamo il cammino degli ebrei iraniani dall’instaurazione della dinastia Qajar (1795-1925).

Lo status socioeconomico e giuridico degli ebrei iraniani all’inizio della dinastia Qajar era, in un certo senso, una continuazione dell’eredità dell’impero Safavide. In generale la vita degli ebrei era difficile e a volte molto pericolosa, come la descrisse a fine del XIX secolo, J. J. Benjamin storico e viaggiatore ebreo rumeno.

“Se un ebreo entra in un negozio per acquistare qualcosa, gli viene proibito di ispezionare la merce. Se la sua mano tocca incautamente la merce, deve prenderla a qualsiasi prezzo il venditore decida di chiederla. A volte gli iraniani si intrufolano nelle abitazioni degli Ebrei e si impossessano di ciò che a loro piace. Se il proprietario fa la minima opposizione per difendere la sua proprietà, corre il rischio di espiare la sua colpa con la vita. Se un ebreo si mostra per strada durante i tre giorni del mese di Muharram è sicuro di essere assassinato.”

Già nel 1800, la Russia e la Gran Bretagna perseguivano interessi coloniali in Iran. Sconfitti militarmente, i governanti Qajar dell’Iran fecero concessioni diplomatiche in diversi trattati umilianti. Questi trattati e le opportunità commerciali che presentavano introdussero l’economia isolata dell’Iran nella rete europea del commercio internazionale. A partire dal regno di Nāser al-Din Scià (1848-96), l’ebraismo britannico e francese iniziò a esercitare crescenti pressioni sulla corona affinché fornisse pari diritti e protezione legale agli ebrei. Dopo un viaggio in Europa nel 1873, Naser al-Din Scià migliorò le sue relazioni con la comunità ebraica e allentò alcune restrizioni. Tuttavia, questo allentamento non fu percepito positivamente dalle masse e dal clero sciita. Una lettera del 1875 della comunità ebraica di Teheran indica che sebbene lo scià sia un “re giusto e amante di tutto il seme degli ebrei come pupilla dei suoi occhi” e “lui e il suo vice sono amanti degli ebrei, ma le masse dei gentili sono abituate a maltrattare gli ebrei“. Nel 1876, in seguito alle pressioni di Moses Montefiore, il governo iraniano migliorò le condizioni di vita degli ebrei e ridusse le loro tasse. Nel 1881, Sir William Taylour Thomson riuscì infine a costringere lo scià ad abolire la tassa Jaziya per gli ebrei iraniani. L’arrivo delle scuole francesi dell’Alliance Israélite Universelle (AIU) in Iran segna uno dei fattori più significativi dell’influenza europea sulla situazione degli ebrei iraniani in questo periodo. La prima scuola dell’AIU aprì a Teheran nel 1898 dopo quasi venticinque anni di trattative, dando così finalmente agli ebrei l’opportunità di ricevere un’istruzione formale per la prima volta dopo secoli.

Il punto di svolta che permise agli ebrei iraniani di assumere un ruolo più visibile negli eventi nazionali fu la Rivoluzione Costituzionale (1905-1911). Agli ebrei fu concesso di avere un rappresentante nel Majles (parlamento), anche se il primo fu un ecclesiastico sciita di nome Sayyed Abd-Allāh Behbahāni. Questo periodo vide anche l’avvio di vari movimenti e istituzioni ebraiche, come la pubblicazione di un settimanale giudeo-persiano chiamato “Shalom” a partire dal 1915; la fondazione di “Società per il rafforzamento della lingua ebraica” nel 1917; e “Associazione sionista dell’Iran” nel 1919.

Con la crescente influenza degli Stati Uniti negli affari internazionali, molte organizzazioni ebraiche americane, come l’American Jewish Joint Distribution Committee (JDC), intervennero attivamente a favore degli ebrei iraniani. Durante la grande carestia in Iran durante la Prima Guerra Mondiale il rappresentante del JDC Albert Lucas riuscì a convincere il governo statunitense a donare 15.000 dollari (250.000 nel 2020) agli ebrei iraniani. La JDC di Philadelphia donò altri 10.000 dollari nel settembre 1918. In questo modo, le vittime della carestia tra gli ebrei furono minime rispetto al resto della popolazione iraniana. La carestia fu causata dall’invasione illegale dei britannici, russi e ottomani del territorio iraniano nonostante la dichiarazione di neutralità. Morirono di fame e di malattie circa 3 milioni di iraniani su una popolazione di 10-12 milioni.

La dinastia Pahlavi (1925 – 1979)

Con la caduta dei Qajar e l’ascesa di Reza Scià Pahlavi, la condizione degli ebrei iraniani continuò a migliorare. Più assimilati socialmente alla comunità generale di quanto non fossero stati nei secoli precedenti, erano ora soggetti a tutti gli stessi cambiamenti sociali e riforme politiche dei loro compatrioti musulmani, come la riforma dell’abbigliamento obbligatorio per gli uomini voluta da Reza Scià nel 1928 e il “disvelamento” ufficiale delle donne nel 1936.

Ayub Loqman Nehuray, il rappresentante ebraico nel Majles (1909–1925, 1927–1943), sostenne e ottenne alcuni diritti legali fondamentali per gli ebrei durante il suo mandato: ha cambiato le leggi sull’eredità che discriminavano gli ebrei, in particolare le leggi sull’eredità sciita che concedevano un’eredità piena ed esclusiva a qualsiasi sciita convertito da una famiglia ebraica indipendentemente dalla vicinanza di parentela con il defunto; collaborò con rappresentanti zoroastriani e armeni cristiani per eliminare la legge che richiedeva la registrazione del matrimonio e del divorzio presso un ufficio governativo, che consentiva alle minoranze religiose di seguire le proprie pratiche comunitarie.

Con l’ascesa al potere del Terzo Reich però, Reza Scià non tardò ad allinearsi con Hitler, in parte a causa delle ardenti ideologie nazionalistiche che entrambi condividevano. Questa simpatia politica portò rapidamente a una propaganda antisemita senza precedenti in tutta l’Iran (ad esempio cambiare il nome ufficiale del paese nei rapporti internazionali dalla Persia all’Iran con chiari riferimenti alla razza ariana), con entità come Radio Berlino e il Partito Paniraniano che incitavano i sentimenti antisemiti del pubblico. La base di sostegno di Reza scià erano giovani riformatori istruiti in Europa con un programma nazionalistico, che richiedeva politiche come la separazione della religione dalla politica e la sostituzione delle lingue minoritarie in tutto l’Iran con il persiano. Idealizzavano l’Iran pre-islamico e denunciavano l’imperialismo arabo-musulmano, che vedevano come la causa dell’arretratezza dell’Iran e della “pura razza ariana dell’altopiano iranico” e credevano che il fascismo fosse il modo più efficace per raggiungere la coesione nazionale. Va sottolineato che “Airya” è una parola di origini Indo-Iraniane e nell’Avesta, il libro sacro di Zoroastriani, gli antichi popoli iraniani usavano il termine per designare se stessi come un gruppo etnico e in riferimento alla loro mitica patria, “Airyanăm Vaēăō” cioè “distesa degli Arya”.

“In un paese in cui il 99% della popolazione è sotto il dominio elettorale dei mullah reazionari, la nostra unica speranza è un Mussolini che possa spezzare l’influenza delle autorità tradizionali e creare così una prospettiva moderna, un popolo moderno e una nazione moderna.”

E questo, plagiando Robbie Robertson in The Last Waltz, fu solo “l’inizio dell’inizio della fine dell’inizio”.

 

Foto: www.tabletmag.com

Chi è Emad Kangarani

Nato nel 1985 a Teheran, giornalista e scrittore, nel 2011 si trasferisce a Milano per continuare gli studi presso l'università Cattolica. Al momento è docente d'inglese in una scuola superiore a Milano. Collabora con East Journal dal settembre 2022 dove si occupa dell'Iran

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