Il "Ponte della divisione" a Mitrovica

KOSOVO: Possibile riapertura del ponte che divide Mitrovica?

A meno di una settimana dalla loro nomina, i membri della nuova squadra municipale di Mitrovica Nord sfidano Belgrado e propongono la riapertura del ponte principale che divide i due lati della città, simbolo delle tensioni tra serbi e albanesi in Kosovo. 

Decisione simbolica quella che si apprestano a prendere i neoeletti componenti della nuova squadra municipale di Mitrovica Nord (nominati alle elezioni del 23 aprile scorso, boicottate dai cittadini serbi), i quali hanno deciso di riaprire il ponte principale sul fiume Ibar, che collega la parte settentrionale della città, a maggioranza serba, con quella meridionale, a maggioranza albanese. Dalla fine della guerra tra Kosovo e Serbia, il ponte, teatro di molti conflitti interetnici, incarna il simbolo dell città divisa. Nel 2011 vi furono erette le prime barricate dalle autorità serbe locali per “proteggere gli interessi dei serbi contro le intrusioni delle autorità di Pristina”. Nel 2016 venne addirittura eretto un muro, ribattezzato il “muro della vergogna”, poi demolito. Nonostante i lavori di ristrutturazione del ponte, finanziati dall’Unione Europea, la circolazione delle auto non è ancora consentita; per il momento infatti, il suo utilizzo è esclusivamente pedonale.

Le elezioni locali

Alle elezioni municipali del 23 aprile scorso, i candidati albanesi si sono aggiudicati i quattro comuni a maggioranza serba nel nord del Kosovo (Mitrovica Nord, Zubin Potok, Leposavic e Zvecan). Le votazioni sono state organizzate a seguito delle dimissioni nel novembre 2022 dei quattro sindaci serbi e dei consiglieri comunali, per protestare contro la decisione del governo del Kosovo di imporre la sostituzione delle targhe serbe con targhe kosovare.

Srpska Lista, il più grande partito serbo del Kosovo gestito da Belgrado, ha invitato gli elettori al boicottaggio. Con appena il 3% di affluenza, il municipio di Mitrovica Nord è stato vinto da Erden Atiq, ex consigliere e candidato del movimento “Vetëvendosje”, il partito del primo ministro Albin Kurti. Un’affluenza così misera è stata interpretata dalla parte serba come il fallimento più evidente della politica del premier.

Una “decisione prematura”?

Dei tredici nuovi consiglieri, undici sostengono l’apertura del ponte. A credere che questa riapertura rappresenti “un sollievo” per i cittadini, è l’assessore e promotrice del progetto Aida Ferati-Doli, la quale testimonia dei “complicati percorsi alternativi” che i residenti della parte nord di Mitrovica sono costretti ad operare quotidianamente. A dire il vero i consiglieri non hanno ancora specificato la data della riapertura, ma hanno inviato richiesta ufficiale al governo del Kosovo. In principio, Pristina sostiene questa decisione, ritenendola “giusta e corretta”, dal momento che, come ha dichiarato il portavoce del governo Prparim Kryeziu, il Kosovo “appartiene a tutti i suoi cittadini, che godono del diritto di muoversi liberamente in tutto il territorio”.

Dell’idea opposta si è invece fatto portavoce Dušan Milunović, l’unico rappresentante della comunità serba eletto in consiglio, il quale ha etichettato la decisione come “prematura” a causa delle criticità politiche che ancora minano i rapporti tra i due paesi. Anche Srpska Lista si è pronunciata, rendendo noto che tale decisione potrebbe condurre a “nuovi incidenti nell’area”, e chiedendo a KFOR, la missione Nato in Kosovo, ed EULEX, la missione europea, di impedirne l’attuazione “con urgenza”. Una reazione che è stata sostenuta dal presidente serbo Aleksandar Vučić, il quale ricorda da Belgrado che la chiusura del ponte “consente di tutelare gli interessi del popolo serbo”, accusando al contempo il primo ministro kosovaro Kurti di voler “cacciare i serbi” dal Kosovo con decisioni unilaterali adottate dai leader locali “su ordine di Pristina”.

La riabilitazione del ponte Ibar è uno dei tanti punti critici tra Belgrado e Pristina, e difficilmente può essere risolto a livello puramente locale. L’azione dell’assemblea comunale dunque, difficilmente porterà effetti concreti, ma ha sicuramente riportato sul tavolo dei negoziati uno dei tanti nodi irrisolti tra le due parti.

Foto: Balkan Insight

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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