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Una nuova Visegrád? Come le elezioni in Polonia potrebbero cambiare tutto

L’esito non scontato delle elezioni in Polonia potrebbe stravolgere gli equilibri nella regione: che fine farà il gruppo Visegrád?

In autunno i polacchi si recheranno alle urne per eleggere una nuova Assemblea nazionale. L’esito, ancora molto incerto, avrà in ogni caso forti implicazioni per l’intera regione.

Cambio di governo a Varsavia?

Pur arrivando primo, il partito conservatore al potere, Diritto e Giustizia, rischia di non poter formare una maggioranza. Il partito del presidente Jarosław Kaczyński dovrebbe infatti contare sul sostegno di qualche parlamentare esterno o formare una coalizione di governo, ma nessun altro partito si è detto disposto a seguirlo.

Anche l’opposizione potrebbe non avere i numeri sufficienti per formare un governo. Questa ha scelto di rigettare il modello ungherese, visto il disastro elettorale dell’alleanza tra i vari partiti d’opposizione di fronte al Fidesz di Viktor Orbán, e correrà separatamente: a conferma di ciò, due partiti centristi (Polonia 2050 e gli agrari del PSL) hanno formato un’alleanza da soli. Altro partner d’opposizione, Lewica (Sinistra) sembra in leggera ripresa nelle ultime settimane.

Il partito liberale Piattaforma Civica guidato dall’ex premier Donald Tusk arriverà probabilmente secondo alle elezioni e cercherà in un secondo momento il supporto (quasi scontato) degli altri partiti d’opposizione. La campagna di Stato contro Tusk si è già aperta: i procuratori di Varsavia hanno aperto un’indagine per abuso di potere durante il suo mandato da premier. La richiesta è stata avanzata da Marek Falenta, uomo d’affari responsabile delle intercettazioni segrete fatte su politici vicini a Tusk che hanno portato alla caduta del governo di “Piattaforma Civica”. Secondo Falenta, Tusk avrebbe ordinato un’ispezione dell’azienda Składy Węgla (guidata dallo stesso Falenta) che si occupava di importare carbone russo in Polonia.

L’alleanza d’estrema destra Confederazione potrebbe quindi giocare un ruolo centrale per la formazione di un governo. Confederazione al momento si dice contraria a qualsiasi alleanza con i grandi partiti, ma Diritto e Giustizia sta muovendo i primi passi per sondare il terreno. Finora i maggiori partiti avevano deciso di ignorare Confederazione dato il rapido declino della formazione: l’estrema destra aveva infatti criticato il supporto generoso della Polonia agli ucraini, sostenendo che le risorse utilizzate sarebbero dovute andare in tasca ai polacchi. Tra una popolazione a gran maggioranza filo-ucraina, le dichiarazioni avevano suscitato un forte rigetto. Confederazione ha quindi deciso di cambiare tattica: al cambio di leader (l’anziano Koriwin-Mikke, ad esempio, è stato sostituito dal giovane imprenditore Sławomir Mentzen alla guida di KORWiN, uno dei partiti costitutivi dell’alleanza), si è quindi associata una svolta programmatica che al momento sembra pagare: messe da parte Russia e Ucraina, l’alleanza sta spingendo sulle sue proposte neoliberali. Se da un lato la moderazione sulla questione ucraina permetterebbe un avvicinamento a Diritto e Giustizia, le posizioni sull’economia resterebbero fortemente divergenti, visto che il partito di Kaczyński è un classico esempio di destra sociale.

Le ripercussioni nella regione

Qualsiasi sia l’esito delle elezioni, la regione – e in particolar modo il gruppo Visegrád (Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia) – ha gli occhi puntati sull’esito delle elezioni. La posizione più delicata è quella dell’ungherese Orbán: fermo restando che anche con Diritto e Giustizia al potere, l’Ungheria resterebbe parzialmente isolata a causa delle sue posizioni sull’invasione dell’Ucraina, una vittoria dei liberali sarebbe catastrofica per la tenuta dello spirito conservatore del gruppo Visegrád. I media vicino al governo ripetono gli attacchi a Slovacchia e Repubblica Ceca, tutte e due guidate da presidenti della Repubblica liberali, il neoeletto presidente ceco Petr Pavel e la slovacca Zuzana Caputová.

Seppure Pavel e Caputová non sono a capo dei rispettivi governi (più suscettibili nei prossimi anni ad avvicinarsi alle posizioni ungheresi), la vittoria dei liberali in Polonia rappresenterebbe la fine di Visegrád come la conosciamo oggi: impossibilitata a diventare un bastione liberale proprio per la presenza di Orbán, il gruppo potrebbe facilmente cadere nell’oblio. Dall’inizio della guerra in Ucraina, i paesi d’Europa centrale e orientale stanno infatti proponendo nuove forme di collaborazione regionale che permetterebbero di rivedere il ruolo giocato dall’Ungheria nella regione.

Foto: Ministry of Foreign Affairs of the Republic of Poland, Flickr

Chi è Gianmarco Bucci

Nato nel 1997 a Pescara, vive a Firenze. Si è laureato in Relazioni Internazionali all'Università di Bologna con una tesi sul movimento socialdemocratico in Cecoslovacchia, Ungheria e Romania. Al momento è ricercatore alla Scuola Normale Superiore di Pisa. Scrive su East Journal dal dicembre 2021, dove si occupa di Europa centrale e Balcani.

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