ponti Mitrovica

KOSOVO: Al via i lavori per i nuovi ponti della discordia a Mitrovica

Il primo ministro ad interim del Kosovo, Albin Kurti, ha dato il via alla realizzazione di due nuovi ponti a Mitrovica, nel nord del paese. Entrambe le strutture saranno parallele e in stretta vicinanza al ponte principale esistente, l’uno veicolare l’altro solo pedonale, per un progetto da tre milioni di euro, tanto ambizioso quanto discusso.

La prima pietra

Non due ponti qualsiasi, infatti, ma la connessione ideale tra due mondi apparentemente inconciliabili, quello serbo a nord, quello albanese a sud, separati dal corso del fiume Ibar come nessun muro potrebbe fare. La simbolica cerimonia di posa della prima pietra si è svolta il primo luglio scorso per mano del premier kosovaro, accompagnato per l’occasione da Erden Atić sindaco di Mitrovica nord e Arijanit Tahiri vicesindaco di Mitrovica sud.

Indossato il gilet arancione e il caschetto d’ordinanza, Kurti ha dispensato sorrisi e ottimismo, rassicurando in merito al proprio impegno a garantire la “massima comunicazione e circolazione, il massimo scambio e la massima cooperazione possibili tra questi due comuni”. Il tutto, naturalmente, “a beneficio di tutti i cittadini”.

Dalle proteste alla petizione

Cittadini che, perlomeno a nord, sembrano tutt’altro che convinti della bontà dell’iniziativa, anzi. Il giorno della cerimonia sarebbero state almeno sei le persone fermate – membri del partito Democrazia Serba – per “resistenza a pubblico ufficiale” secondo la polizia, come “atto di repressione poliziesca” per i rappresentanti del movimento.

Sebbene il fermo si sia subito tramutato in una semplice multa, resta palpabile l’aperta ostilità delle persone comuni che nel nord a maggioranza serba contestano l’utilità dell’operazione – “un ponte c’è già” – sottolineandone viceversa il potenziale divisivo. È così che i leader di Srpska Lista (SL), il principale gruppo politico rappresentante dei serbi in Kosovo appoggiato da Belgrado, hanno avviato una raccolta firme per promuovere una petizione contro queste opere.

Opere definite da Igor Simic, vicepresidente della Srpska Lista e promotore dell’iniziativa, come “oggetti costruiti politicamente” pensati solo per mettere pressione sui serbi del Kosovo che “vogliono vivere in pace nel loro cuore secolare”. Parole, quest’ultime, che sono il fulcro della retorica ultranazionalistica alla base di ogni rivendicazione e di ogni conflitto. E se non è ancora del tutto chiaro se la petizioni sia stata un flop oppure no (poco più di tremila firme raccolte in poche ore, secondo SL) ci ha intanto pensato la magistratura kosovara ad avviare un’indagine sulla legalità del contratto.

La posizione dell’Unione europea

Per parte sua l’Unione europea ha fatto sapere non solo di non essere coinvolta nel progetto ma di non esserne nemmeno a conoscenza, auspicando altresì che “qualsiasi decisione di costruire infrastrutture sul fiume Ibar sia presa con attenzione e in modo globale, coinvolgendo pienamente tutte le comunità interessate”.

A rafforzare questa presa di posizione ci ha pensato anche l’ambasciatore tedesco in Kosovo, Jorn Rohde, che ha espressamente intimato le autorità kosovare “dall’astenersi dal costruire i due nuovi ponti sull’Ibar” e dal prendere decisione non coordinate e, soprattutto, non concordate.

Il timore di tutti, evidentemente, è che questa iniziativa possa portare su un binario morto l’annosa discussione sul destino del ponte principale già esistente e su qualsiasi ipotesi di accordo tra le parti per una sua definitiva apertura al traffico veicolare (il ponte è attualmente fruibile solo ai pedoni). Una discussione vecchia tanto quanto il Kosovo indipendente e che ha portato negli anni scorsi a picchi di tensione tra le due comunità.

Una preoccupazione cui il governo ad interim risponde sottolineando come il progetto di costruzione dei manufatti sia stato avviato su richiesta di entrambi i comuni, a seguito dell’istituzione del Consiglio congiunto di Mitrovica ma “omettendo” di ricordare che, anche a nord, l’attuale sindaco è espressione dell’etnia albanese (oltretutto dello stesso partito di Kurti, Vetëvendosje!) come conseguenza dell’autolesionistico boicottaggio della SL alle elezioni scorse. Boicottaggio accompagnato da settimane drammatiche di guerriglia urbana e scontri violentissimi. Al punto che ancora Simic ha tenuto a sottolineare che la petizione non verrà inviata all’attuale primo cittadino di Mitrovica nord, non riconosciuto a suo dire dai serbi, bensì proprio alla comunità internazionale.

Le elezioni di ottobre e il governo che non c’è

Che sullo sfondo della vicenda e, in particolare, sulla sua improvvisa accelerazione, ci siano – oltre che il tentativo di aggirare lo stallo sui negoziati per la riapertura del ponte principale – anche le prossime elezioni amministrative di ottobre è del tutto evidente. Elezioni cui stavolta SL parteciperà, portandosi a casa con ogni probabilità una vittoria schiacciante nei quattro comuni a maggioranza serba, compresa Mitrovica Nord. Una ragione in più per Kurti per accelerare il progetto, da concludere, secondo gli annunci, poco prima del voto.

Ma se è dunque palese che questa querelle sia (anche) una manovra preelettorale, essa va altresì contestualizzata nell’ambito delle difficoltà che il primo ministro in pectore sta incontrando da mesi nella formazione della nuova assemblea, che si è ormai radunata più di quaranta volte volte, sempre con un nulla di fatto. Situazione che ha scatenato le veementi reazioni delle opposizioni, che accusano Kurti di “tenere in ostaggio” le istituzioni comportandosi “come il padrone dello Stato”.

Si avvicina intanto il limite dei trenta giorni imposto da una recente sentenza della Corte costituzionale per la costituzione dell’assemblea. Se anche una soluzione per l’elezione del presidente del parlamento si dovesse trovare, appare evidente come manchino i numeri per formare una maggioranza parlamentare solida, con il serio rischio che il paese debba andare nuovamente ad elezioni parlamentari, magari da svolgersi insieme a quelle locali. E per quanto riguarda i ponti, se davvero si vorranno finire, ci sarà da correre. E da correre in fretta, con il serio rischio di alimentare ulteriori tensioni.

(Foto: Reportdifesa.it)

Chi è Pietro Aleotti

Milanese per caso, errabondo per natura, è attualmente basato a Parigi. Svariati articoli su temi ambientali, pubblicati in tutto il mondo. Collabora con East Journal da Ottobre 2018 per la redazione Balcani ma di Balcani ha scritto anche per Limes, l’Espresso e Left. E’ anche autore per il teatro: il suo monologo “Bosnia e il rinoceronte di pezza” ha vinto il premio l’Edizione 2018 ed è arrivato secondo alla XVI edizione del Premio Letterario Internazionale Lago Gerundo. Nel 2019 il suo racconto "La colazione di Alima" è stato finalista e menzione speciale al "Premio Internazionale Quasimodo". Nel 2021 il racconto "Resta, Alima - il racconto di un anno" è stato menzione di merito al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.

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