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Bambini ucraini in Russia: spunta il caso di un orfanotrofio definito “campo di concentramento”

Sono note le manovre di Mosca per strappare dalla loro terra i bambini ucraini, ora viene alla luce il “caso Yolochka”. L’orfanotrofio nella regione occupata della Crimea è stato criticato da media russi per rappresentare un nuovo campo di concentramento…

Il caso delle deportazioni

Da tempo Kyiv accusa Mosca di trasferire minori ucraini dalle regioni occupate verso il territorio russo, denunciando quelle che sembrano essere vere e proprie deportazioni, a cui segue un processo di “adozione illegale”. Se non sembrano esserci al momento dei dati sufficientemente chiari sull’entità di queste operazioni, l’alto funzionario ucraino per i diritti dei bambini, Daria Herasymchuk, stimava alla fine dello scorso anno quasi undicimila casi di questa natura, fonti governative al momento indicano un numero vicino a quindicimila.

Per la sola città di Mariupol (vittima di un assedio che ha causato circa 20’000 vittime) si parlò di più di 1000 bambini costretti a spostarsi verso varie città della remota regione siberiana, in cui trovarono già delle nuove famiglie pronte ad accoglierli. La notizia venne diffusa da una fonte locale della città di Krasnodar in Russia, e fu ripresa dal ministro degli Esteri ucraino.

Indagine su Mariupol

Sulla vicenda seguì un’inchiesta dell’agenzia Associated Press riguardo una madre che perse i contatti con i suoi sei figli adottivi, i quali si trovavano in vacanza nella città portuale al momento in cui scoppiò l’aggressione russa. Durante l’assedio della città erano soli e furono costretti a nascondersi in una cantina, contando solo sulla supervisione del fratello maggiore di 17 anni. Quando ci fu la possibilità di evacuare, le forze militari russe li trattennero e furono dirottati in un ospedale nella Repubblica Popolare di Donetsk, da lì sarebbero stati destinati a una nuova vita in Russia.

In quel luogo il figlio maggiore, Timofey, venne a sapere che i suoi genitori avevano lasciato il paese per la Francia. I loro sforzi per rintracciare i figli non diedero risultati, a causa dei bombardamenti si persero i contatti telefonici e raggiungere Mariupol era ovviamente troppo rischioso; l’unica opzione ragionevole era trovare rifugio all’estero dove aspettare nuovi sviluppi. La svolta avvenne solo nel momento in cui un’associazione (SOS Children Village) si incaricò della faccenda; grazie alla mediazione di un avvocato volontario Timofey e i suoi fratelli poterono lasciare il Donbass diretti in Francia.

Il modello russo

Nell’articolo di AP si segnala che tale politica delle adozioni andrebbe ricondotta direttamente agli alti vertici della politica russa e allo stesso presidente, il quale espresse il suo esplicito sostegno a certi piani. Nel maggio del 2022 infatti Putin firmò un decreto finalizzato a rendere più semplice la procedura per le adozioni di quei minori ucraini sprovvisti di cure parentali. La Russia ad oggi giustifica le deportazioni basandosi sui referendum “farsa” con cui ha annesso quattro delle regioni ucraine; queste zone, dunque, sarebbero “terra russa” su cui esercitare la propria sovranità.

Alle famiglie russe che accolgono i bambini sembra venga garantito un sussidio. Inoltre, lo Stato russo organizzò dei campi estivi per orfani ucraini in cui offrire loro un’educazione patriottica; bisogna però ricordare che la maggior parte di questi bambini si trova in orfanotrofi non perché abbiano perso i genitori, ma per la ragione che le loro famiglie si trovano impossibilitate a mantenerli. Tramite negoziati dallo scorso marzo 96 bambini hanno potuto tornare alle loro case, ma a complicare le trattative c’è il fatto che spesso le istituzioni ucraine non sanno a chi rivolgersi per organizzare il loro ritorno perché non riescono a rintracciare le famiglie di provenienza.

Lo spettro del genocidio

Il fatto è grave in sé, ma il tema è particolarmente scottante per la ragione che rappresenterebbe una violazione della “Convenzione per la prevenzione e repressione del genocidio” promossa dalle Nazioni Unite, in cui all’articolo II si legge che nella definizione del crimine è incluso il trasferimento forzato di bambini dal gruppo della popolazione che si vuole colpire ad un altro. Riguardo questo aspetto preoccupano le dichiarazioni di chi ha espresso apertamente la volontà di privare i minori della loro identità ucraina per trasmetterli “l’amore per la Russia”. A questo si sommano i massicci spostamenti di civili ucraini costretti a lasciare la propria terra per il territorio russo, che secondo stime recenti del Dipartimento di Stato americano sono in un numero compreso tra i 900’000 e il milione e mezzo, cifra che include circa 260’000 bambini.

La recente scoperta che quattordici orfani ucraini sono stati rinchiusi in una struttura a loro riservata nella regione occupata della Crimea riporta la questione davanti ai nostri occhi. L’orfanotrofio di nome Yolochka, è stato accusato di crudeltà e maltrattamenti su minori in età infantile (vi si ospitano coloro con meno di cinque anni), tanto da venire descritta dagli stessi media russi come un “campo di concentramento per bambini” in cui, dai racconti diffusi dalle madri adottive, si evidenziano casi di malnutrizione, deidratazione, rachitismo e deformazioni al cranio. Una fonte indipendente di notizie russa, Verstka, presume dalle proprie ricostruzioni che gli orfani presenti allo Yolochka fossero stati lì trasferiti in seguito alla “evacuazione” dei civili che ebbe luogo poco prima della liberazione di Kherson, avvenuta lo scorso novembre per mano dell’esercito ucraino.

Chi è Lorenzo Fraccaro

Classe 1998, ha una laurea in scienze politiche presso l’università di Padova. Successivamente ha conseguito il suo titolo magistrale in relazioni internazionali all’Università Ca’ Foscari di Venezia con una tesi sui totalitarismi del Novecento. Grande appassionato di storia e politica internazionale, negli anni ha approfondito eventi e dinamiche riguardanti l’Europa Orientale. Per East Journal è il responsabile dell’area che si occupa di Russia, Ucraina, Bielorussia, Caucaso e Asia Centrale.

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