Wagner Serbia
Russian President Vladimir Putin and Serbian President Aleksandar Vucic arrive for a news conference in Belgrade, Serbia, January 17, 2019. REUTERS/Stoyan Nenov

SERBIA: Wagner arruola soldati a Belgrado

Il gruppo paramilitare Wagner ha lanciato una campagna di propaganda per arruolare soldati in Serbia

L’invasione dell’Ucraina é in corso ormai da quasi un anno, e la Federazione Russa necessita costantemente di nuovi soldati da poter impegnare soprattutto nella regione del Donbass, diventato negli ultimi mesi l’epicentro della guerra. In particolare è il gruppo paramilitare russo Wagner  che sta portando avanti una campagna di mobilitazione per arruolare nuovi volontari e i suoi spot, presenti anche online, sono arrivati fin anche in alcuni paesi africani e in Serbia, considerata come uno dei paesi europei più vicini a Mosca.

Evgenij Prigozhin, fondatore della formazione paramilitare, offre ai nuovi volontari ottimi stipendi e polizze assicurative in caso di morte. Tale azione propagandistica sembra però aver infastidito il presidente serbo Aleksandar Vučić il quale, nei giorni scorsi, in un discorso alla tv nazionale, ha ribadito che Wagner non dovrebbe fare propaganda in Serbia perché partecipare al conflitto ucraino “va contro le nostre leggi”. Ciò in effetti è confermato dal fatto che i tribunali serbi hanno più volte condannato persone che si erano volontariamente arruolate su fronti di battaglia stranieri. A Belgrado alcuni gruppi pacifisti hanno presentato una denuncia ai danni dell’ambasciatore russo in Serbia e del capo agenzia per la sicurezza e l’informazione, entrambi accusati di essere coinvolti in tale operazione di propaganda.

Nel contempo nella stessa capitale i murali pro-Russia e pro-Putin sono innumerevoli e nei giorni scorsi ne è apparso uno rappresentante proprio il simbolo della Wagner, un teschio bianco su sfondo nero e rosso. L’opera è firmata da un gruppo di estrema destra, People’s Patrols che in passato aveva anche organizzato manifestazioni filo-russe.

Le reazioni internazionali

Tali avvenimenti hanno provocato reazioni opposte da parte di importanti esponenti internazionali: l’ambasciatore americano in Serbia, Cristopher Hill, si è detto sollevato dal fatto che Vučić abbia sottolineato “la minaccia alla pace e alla stabilità rappresentata da Wagner potenzialmente operante in Serbia”. Gli stessi Stati Uniti hanno recentemente riconosciuto il gruppo paramilitare come una “organizzazione criminale transnazionale”. Lo ha annunciato il Dipartimento di Stato USA contestualmente all’annuncio di nuove sanzioni nei confronti delle persone e le entità legate all’organizzazione militare. Discorso diverso vale invece per il parlamento europeo la cui maggioranza ancora minaccia di non sbloccare i negoziati in corso per l’adesione di Belgrado e non sembra troppo convinto dalla parole del leader serbo.

La Serbia tra Europa e Russia

Il conflitto in Ucraina ha, se possibile, complicato ulteriormente la situazione politica della Serbia che è da sempre legata alla Russia da una stretta amicizia, ma che negli ultimi anni ha visto crescere le spinte europeiste per aderire all’Unione. Vučić ha sempre confermato limpegno per entrare nell’UE e sviluppare integrazione regionale tramite la piattaforma Open Balkans (condivisa con i leader di Albania e Macedonia del Nord).

Allo stesso tempo il rapporto con Mosca non si è spento, nell’ultimo anno gli aerei San Pietroburgo-Belgrado hanno continuato a volare e moltissimi russi vivono oggi nella capitale serba. Molti serbi guardano a Mosca come un alleato e un partner commerciale molto più desiderato rispetto all’Europa, e ancor di più rispetto agli Stati Uniti.

Riguardo l’invasione dell’Ucraina, ormai quasi un anno fa, lo stesso Vučić ha mantenuto un atteggiamento ambiguo rifiutandosi di approvare le molteplici sanzioni alla Russia, ma, invece, approvando sempre le risoluzioni delle Nazioni Unite. Lo stesso presidente ha chiarito la sua posizione a riguardo: “Per noi, la Crimea è Ucraina, il Donbass è Ucraina, e tale rimarrà”.

La questione kosovara

Nei rapporti diplomatici degli ultimi 20 anni tra Russia e Serbia la questione kosovara ha avuto una certa rilevanza e il tema è di attualità per le continue crisi diplomatiche tra i due paesi balcanici e, nell’ultimo periodo, per le trattative in corso per normalizzare i rapporti tra Belgrado e Pristina.

Mosca, forte del suo posto nel Consiglio di Sicurezza ONU, ha sempre ostacolato un maggiore riconoscimento di Pristina nel panorama internazionale e ha utilizzato la questione kosovara per giustificare le proprie azioni in Crimea o nelle altre regioni di confine con l’Ucraina. Putin inoltre, secondo quanto denunciato dal premier kosovaro Albin Kurti, avrebbe anche mandato sul confine serbo-kosovaro alcuni membri della stessa Wagner oltre ad aver fornito a Belgrado armi e consiglieri militari. Secondo il primo ministro kosovaro, l’obbiettivo del presidente russo sarebbe quello di “utilizzare la Serbia, aiutandola ad avere l’esercito meglio armato tra quelli dell’ex Jugoslavia”.

La questione del riconoscimento del Kosovo e della normalizzazione dei rapporti tra i due paesi è di fondamentale importanza se Belgrado vuole realmente proseguire con successo il processo di adesione all’UE. D’altro lato, l’arrivo a Belgrado della propaganda Wagner è sintomo che le sirene russe sono ancora ben presenti in Serbia, ponendo il presidente Vučić sempre piu’ davanti a scelte difficili nel difficile equilibrio tra Europa e Russia.

Foto: Euractiv

Chi è Andrea Mercurio

Ho 26 anni, sono laureato in Scienze Politiche, amo scrivere in ogni modo e in ogni forma. Sono appassionato di Storia e Attualità, da qualche anno mi sono interessato in particolare ai Balcani.

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