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La Russia dopo l’invasione dell’Ucraina. Un commento di Pal Dunay

L’invasione russa dell’Ucraina ha aperto un nuovo capitolo nella storia europea, secondo il professor Pál Dunay del George C. Marshall Centre for European Security Studies di Garmisch, in Germania, intervenuto il 19 gennaio all’’Institut royal supérieur de défense di Bruxelles.

L’indebolimento progressivo della Russia

La struttura del sistema internazionale tuttavia non è destinata a mutare radicalmente. La Russia si indebolirà, almeno temporaneamente, e diverrà più dipendente dalla Cina. L’Europa ritornerà più vicina agli Stati Uniti, che consolideranno la propria leadership del mondo occidentale, appannata durante l’amministrazione Trump.

La strategia russa di piegare la volontà ucraina è fallita, e la guerra è destinata a continuare con un certo livello di intensità, secondo Dunay. Oggi, il 90% degli ucraini esprimono la volontà di combattere e riconquistare militarmente i territori occupati.

La Russia inizia a soffrire delle sanzioni, nonostante la contrazione economica sia stata limitata da un’abile gestione finanziaria (non potendo più importare, e continuando ad esportare, il rublo si è apprezzato). Il PIL russo ha segnato meno 3,4% nel 2022 e seguirà gli stessi ritmi nel 2023 (-3,5%) e 2024 (-4%), quando la decrescita economica inizierà a far sentire i propri effetti diretti sulla popolazione. La Russia rimane inoltre il paese più corrotto in Europa, davanti ad Azerbaigian e Ucraina nel Corruption Perception Index.

La scommessa putiniana di un nuovo ordine mondiale

La Russia attorno all’anno 2020 è una potenza revisionista e in declino – la combinazione più pericolosa per l’ordine internazionale. Dopo aver accettato lo status quo per 15 anni per evitare un ulteriore declassamento, dal 2005 la Russia inizia a cercare di cambiarlo, una volta riottenuto un certo potere e influenza. E’ nel 2005 che Putin per la prima volta indica la dissoluzione dell’URSS come più grande catastrofe del 20° secolo – e non certo per nostalgia ideologica del socialismo.

Due anni dopo, alla Conferenza di Monaco, Putin pronuncia il suo famoso discorso. L’anno successivo, nel 2008, con l’operazione in Georgia dà il via all’uso politico dello strumento militare nell’estero vicino e oltre, dalla Siria all’Africa. Le moderate sanzioni che fanno seguito all’annessione della Crimea nel 2014 e al sostegno militare alle repubbliche secessioniste in Donbass convincono Putin che la strada è quella giusta.

Il 18 novembre 2021, Putin dichiarava che è “imperativo cercare serie garanzie a lungo termine per assicurarsi la sicurezza della Russia. La Russia non può dover continuare a pensare costantemente a cosa possa succedere domani [ai suoi confini].”

Le irricevibili richieste russe di fine 2021

Le richieste russe arrivano a dicembre 2021: si tratta di una “doppia zona cuscinetto“, per ritrovare profondità strategica. In primis, la garanzia che la NATO non si sarebbe allargata oltre – lasciando così i paesi post-sovietici (Baltici a parte) in un’area di contesa geopolitica. In secondo luogo, la Russia intende riavvolgere la storia fino al 1997, anno dell’Atto fondativo del Consiglio NATO-Russia. Mosca pretende che la NATO non stazioni truppe nel territorio di quegli Alleati entrati nella NATO dopo tale data.

Una proposta chiaramente irricevibile. Per Mosca, si tratta di un semplice giochetto per legittimare future azioni militari: se l’Occidente accetta l’ultimatum, la Russia vince; se rifiuta, la Russia è libera di agire unilateralmente per garantirsi la propria sicurezza.

Il 14 gennaio 2022, il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov esprime quelle che sono le “linee rosse” di Mosca: l’adesione alla NATO di Ucraina e Georgia (o di altri paesi postsovietici), e lo stazionamento di armi offensive sui loro territori sulla base di trattati di sicurezza bilaterali.

Si tratta del preludio all’invasione dell’Ucraina, presentata come “operazione militare speciale”. Un fallimento fatale, dovuto a una “grande strategia” sbagliata che la tattica militare non può mitigare. Dopo il fallimento del blitzkrieg su Kyiv, Mosca si ritrova impantanata in una guerra d’attrito, con difficile logistica e rifornimenti, e basso morale delle proprie truppe d’invasione. Una situazione da cui ancora oggi fatica a individuare una via d’uscita.

Foto: Pixabay

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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