Serbia

SERBIA: Il nuovo governo che non c’è

La Serbia è ancora senza governo e le tempistiche previste dal Presidente Vučić  entro la fine di settembre saranno disattese

Sebbene i due leader Ana Brnabić e Aleksandar Vučić – rispettivamente Prima ministra e incaricata di formare il nuovo governo; Presidente della Repubblica di Serbia dal 2017 e leader del Partito progressista serbo al potere (Srpska napredna stranka, SNS) – abbiano più volte annunciato che il nuovo governo avrebbe preso vita entro la fine del mese corrente, il vicepresidente di SNS e sindaco di Novi Sad, Miloš Vučević, ha recentemente dichiarato che la data prevista per la proposta dei nomi dei nuovi Ministri potrebbe essere il 25 settembre.

Alla luce di queste incertezze, molti in Serbia – e non solo – si chiedono se, di fatto, la Brnabić riuscirà davvero a formare il nuovo governo entro la fine di questo mese, come aveva previsto Vučić ad aprile, all’indomani della sua vittoria elettorale (si veda sotto). L’unica cosa certa per ora è che alcuni dei Ministri attualmente in carica verranno sostituiti – come il Ministro della salute Zlatibor Lončar. Da canto suo, Vučević, visti i tempi difficili e gli scenari “da labirinto” imminenti, prosegue sulla strada della prudenza affermando che la scadenza per l’elezione del nuovo governo è fissata al 30 ottobre; a chi gli chiede se verrà eletto Ministro della giustizia o degli affari interni, o se prenderà il posto di Vučić alla guida di SNS, Vučević taglia corto e smentisce tutte queste voci, dichiarandosi “membro della squadra” e ribadendo la sua volontà nel mantenere Vučić alla leadership del partito. Una squadra che, questo è certo, non resta immobile su altri aspetti cruciali, come la volontà di vietare l’Europride, l’aggrovigliarsi della crisi ucraina o le sempre tese questioni con il Kosovo, complicando così uno scenario già difficile per il paese.

Lo scenario politico in Serbia

Previste inizialmente per il 2024, lo scorso 3 aprile in Serbia si sono tenute le elezioni generali per l’elezione del Presidente e dei membri dell’Assemblea, oltre alle elezioni locali in 12 comuni e 2 città, inclusa Belgrado. Il partito di Vučić, SNS, è al potere dal 2012, dopo aver formato un governo con il Partito socialista serbo (Socijalistička partija Srbije, SPS) di Ivica Dačić, e ottenuto la maggioranza dei seggi alle elezioni parlamentari del 2020, boicottate dalla maggioranza dei partiti. Presentandosi alle urne con la coalizione denominata Aleksandar Vučić – Zajedno možemo sve (Insieme possiamo fare tutto), e ottenendo il 60% delle preferenze al primo turno, Vučić ha vinto così il suo secondo mandato quinquennale come presidente, davanti al candidato dell’opposizione Zdravko Ponoš, a capo del partito Narodna Stranka e, per l’occasione, leader della coalizione Ujedinjeni za pobedu Srbije, UZPS – Uniti per la vittoria in Serbia, che comprendeva altri partiti d’opposizione e che ha ottenuto il 17% dei voti.

Alcune ONG serbe hanno denunciato irregolarità in almeno il 10% dei seggi, ma le loro voci sono state silenziate dagli organi statali, i quali hanno assicurato la totale trasparenza delle operazioni di voto e scrutinio. Salvo poche eccezioni, l’opposizione e il pensiero critico devono fronteggiare un forte ostruzionismo, sia a livello politico che mediatico. I media serbi sono perlopiù filogovernativi e i funzionari abusano delle risorse statali a proprio piacimento; infine, gli elettori possono votare, ma non hanno voce in capitolo su chi viene effettivamente nominato. La maggior parte dei dipendenti pubblici ha subìto pressioni, e talvolta minacce, per votare il SNS; per quelli tra loro con contratto a tempo determinato è stato imposto l’obbligo di assicurarsi 20 voti per poter guadagnare una proroga del contratto di lavoro. Come se non bastasse, a corollario di tutto ciò, sono da segnalare i meccanismi di intimidazione degli elettori dell’opposizione, la compravendita di voti e la frode. Considerando tutti questi elementi, risulta chiaro come le elezioni in Serbia siano state condotte con l’unico scopo di dare un seguito ai mandati di Vučić e di estendere i poteri del SNS.

Un nuovo partito: Srpski Blok

Mentre il presidente Vučić in questi giorni sta tenendo colloqui a Belgrado con il presidente turco Erdoğan prima, e con l’inviato UE per il dialogo Serbia/Kosovo Miroslav Lajčák poi, il panorama politico serbo è in subbuglio anche per un’altra questione: la nascita di un nuovo partito chiamato Srpski Blok dalle intenzioni ancora poco comprensibili. La natura stessa di questa formazione è poco chiara: semplice provocazione o vera e propria strategia di Vučić per restare al potere? Dalle parole del presidente sembra che questo partito nasca per due motivi principali: dare voce a tutti coloro che “non sono né per l’Oriente né per l’Occidente”, fornendo così una collocazione a chi si esclude dalla dicotomia filorussi / filoccidentali, e “unificare non i partiti politici, ma la scena politica serba”.

Secondo l’analista Nikola Tomić, il partito rappresenterebbe “una sorta di unificazione delle forze politiche verso SNS: poco più di una coalizione e poco meno di un partito unico, una sorta di alleanza consolidata sotto la guida di Vučić”. Prima di Tomić si era espresso Vladimir Đukanović, membro dell’Assemblea nazionale e avvocato al servizio di Vučić, in un discorso controverso sulle responsabilità dei cittadini serbi non estremisti verso la madrepatria, da cui un estratto: “possiamo cambiare, ma solo se entriamo con coraggio nella lotta per una Serbia dignitosa, una Serbia che attraverso il Srpski Blok combatterà contro l’ingerenza degli stranieri nelle relazioni interne e contro ogni forma di estremismo politico finanziato da stranieri. Non intendiamo combattere per gli interessi altrui, ma solo per gli interessi nazionali”.

Zoran Lutovac, presidente del Partito democratico (Demokratska stranka, DS) ha dichiarato al quotidiano Danas che “la creazione del Srpski Blok mira a mantenere quanto già depredato e a riciclarlo attraverso una nuova legittimità politica” e che “la Serbia non ha bisogno del Blok, ma di un gruppo completamente nuovo di persone al potere”. Sempre secondo Lutovac, il presidente Vučić “crea falsi problemi che poi risolve pur di non affrontare i problemi reali (si veda l’episodio della visita negata a Jasenovac in concomitanza con l’aereo ucraino precipitato e carico di armamenti) , alimentando la confusione su chi sarà il titolare del mandato per la formazione del nuovo governo e chi saranno i ministri”.

Un tentativo di analisi

Se natura e progetti di questa operazione politica sono ancora nebulosi, possiamo comunque avanzare un’analisi delle componenti in gioco ad oggi. Se per alcuni questo nuovo Srpski Blok è solo una valvola di sfogo per incanalare i dissensi dell’SNS dovuti all’incognita sulle nomine dei Ministri di cui sopra, per altri esso è un escamotage per dare adito a un presunto aumento del pluralismo politico nel paese, mentre per altri ancora non sarebbe altro che il bacino ideale dove raccogliere gli estremisti di destra.

Fondamentale è anche tenere in considerazione le ripercussioni che la guerra in Ucraina rende già manifeste, non solo in Serbia: seguendo le dichiarazioni sui fini neutrali di cui sopra in merito al progetto Blok, creare un partito “centrista” potrebbe implementare questo vuoto decisionale conclamato tra Est e Ovest alimentando politicamente il non posizionamento della Serbia in vista delle difficoltà che l’inverno e tutti i suoi rincari porteranno con sé su una popolazione già provata. 

Photo: Wikimedia Commons

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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