Serbia Jasenovac

SERBIA: Il presidente Vučić al campo di Jasenovac, storia di una visita negata

Tensione tra Serbia e Croazia dopo la visita negata del presidente Vučić al campo di Jasenovac

Un’estate di tensione ha segnato le relazioni tra Serbia e Croazia dopo che Zagabria ha negato al presidente serbo Aleksandar Vučić la visita al memoriale di Jasenovac, luogo simbolo delle violenze perpetrate dallo Stato indipendente di Croazia – com’era chiamato lo stato fantoccio creato durante la Seconda guerra mondiale sotto il controllo delle potenze dell’Asse – durante la Seconda guerra mondiale. Il 17 luglio, il presidente Vučić voleva infatti visitare privatamente il campo di Jasenovac, dove numerosi serbi – e non solo – trovarono la morte durante il secondo conflitto mondiale.

Pur avendo incaricato il presidente dell’SDSS (Samostalna demokratska srpska stranka, Partito Democratico Indipendente Serbo) Milorad Pupovac di informare Zagabria dell’imminente visita, le autorità croate non hanno apprezzato la “scaletta” preparata da Vučić e riportata dal quotidiano Jutarnji list, il quale rendeva nota l’intenzione di Vučić di giungere a Jasenovac alle ore 11 per raggiungere poi la città di Pakrac alle 14 dello stesso giorno. A tal proposito, il ministro degli Affari esteri ed europei, Gordan Grlić Radman, aveva convocato una conferenza stampa straordinaria il 17 luglio, durante la quale il capo della diplomazia croata sottolineava quanto una tale pratica diplomatica sia fuori da ogni schema e quindi, di fatto, inammissibile. Il governo croato afferma infatti che la visita di un capo di stato senza un adeguato preavviso costituisce una violazione del protocollo, poiché rende di fatto impossibile la preparazione di tutte quelle norme di sicurezza previste per le alte cariche in visita ufficiale.

Belgrado risponde

Le reazioni di Belgrado a questa trasferta negata non si sono fatte attendere. Il primo ministro serbo Ana Brnabić lo ha definito “il più grande scandalo nella storia recente di Serbia e Croazia”, mentre il ministero degli Affari esteri lo considera una decisione “illegale, antieuropea e incivile”. Lo stesso presidente Vučić ha dichiarato che “la sua unica colpa è stata quella di voler entrare in Unione Europea e deporre un fiore alla memoria”, pubblicando al contempo sui suoi canali social tutto il suo disappunto a riguardo.

Alcuni tabloid serbi hanno definito il comportamento che le autorità croate hanno riservato a Vučić come ustascia, cioè fascista: il giornale Informer, ad esempio, titolava: “Gli ustascia vietano a Vučić di recarsi a Jasenovac”, mentre l’Objektiv sottolineava il presunto attacco ustascia ai danni di Vučić. Solo per citarne alcuni. Si sono tuttavia levate anche voci discordi da parte di testate serbe non filo-governative; Nova ha manifestato il proprio scetticismo sulle intenzioni di Vučić tirando in ballo il Kosovo e la Russia, mentre Danas ha posto dubbi sulla natura stessa di questo scarso preavviso temporale gestito da Belgrado 

Un tempismo poco convincente

Non sono chiari i motivi per cui Vučić aveva deciso di visitare Jasenovac, e desta perplessità il fatto che la visita fosse programmata pochi giorni prima dall’anniversario del genocidio di Srebrenica, per il quale le autorità serbe non hanno speso nemmeno una parola, ma anche a pochi giorni dall’anniversario di un altro evento bruciante nella memoria collettiva serba, il ricordo dell’operazione miliare Oluja (Tempesta), quando ad inizio agosto del 1995 le forze speciali dell’esercito croato tornavano in possesso dei territori sottratti a Zagabria dai secessionisti della Krajina, che sin dal 1991 aveva rappresentato, militarmente parlando, il casus belli della guerra in Croazia.

L’aereo ucraino precipitato 

Quel che è certo è che poche ore prima la visita, nella tarda serata di sabato 16 luglio, un aereo cargo Antonov di una compagnia aerea ucraina si è schiantato  vicino alla città di Kavala, nel nord della Grecia. Le autorità greche hanno affermato che il volo era diretto dalla Serbia alla Giordania; i media greci hanno riferito che a bordo si trovavano otto persone, tutte di nazionalità ucraina, e che l’aereo stava trasportando, secondo la versione ufficiale, 11 tonnellate di materiale militare serbo verso il Bangladesh. Il vice primo ministro serbo, Nebojša Sefamović, ha smentito categoricamente notizie apparse su media serbi e internazionali secondo cui sull’aereo precipitato vi fossero armamenti serbi destinati all’Ucraina

Se da un lato è ovviamente impossibile stabilire con certezza il nesso tra l’accanimento di Vučić nel voler visitare il campo di Jasenovac e la tragedia dell’aereo precipitato, dall’altro ci si consenta l’azzardo di sospettare quanto la tempistica dei due eventi possa celare la volontà da parte di Belgrado di tenere l’opinione pubblica ancorata il più possibile al caso Jasenovac – con tutte le turbolenze internazionali che ciò comporta – nella speranza di lasciare sullo sfondo l’assai più spinosa questione degli armamenti. 

Più chiaro ed esplicito circa la poca trasparenza dei gesti di Vučić è stato invece il sopracitato ministro croato Radman, il quale ha dichiarato che la volontà del presidente serbo di visitare Jasenovac non deriva dal suo personale desiderio di rendere omaggio alle vittime, ma “è motivata da esigenze politiche interne alla Serbia prima della formazione del governo”.

Ad ogni modo, Zagabria ha successivamente reso noto che acconsentirà ad una visita privata del presidente serbo al campo di Jasenovac, fermo restando il totale rispetto dei tempi diplomatici necessari. Ma le relazioni diplomatiche tra Serbia e Croazia restano tese. 

Foto: Wikicommons

Chi è Paolo Garatti

Storico e filologo, classe 1983, vive in provincia di Brescia. Grande appassionato di Storia balcanica contemporanea, ha vissuto per qualche periodo tra Sarajevo e Belgrado dove ha scritto le sue tesi di laurea. Viaggiatore solitario e amante dei treni, esplora l'Est principalmente su rotaia

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