di Emad Kangarani
Nelle scorse settimane, una foto aerea che giustappone la situazione del lago di Urmia negli ultimi 22 anni è diventata virale e ha fatto riaprire, ancora una volta, il dibattito interno sulla crisi idrica in Iran.
Si tratta di una condizione per niente nuova o sorprendente. L’Iran da decenni vive fenomeni climatici senza precedenti e, in combinazione con problemi relativi alla gestione, deve far fronte a molti disastri. Dalla riduzione di un numero significativo di laghi e fiumi, al cedimento del suolo, dalle inondazioni alla siccità, dalle tempeste di polvere alle temperature da record.
L’Iran ha anche condizioni estremamente critiche nelle risorse idriche sotterranee a causa del loro sfruttamento eccessivo, infatti il paese si colloca tra i peggiori al mondo. A queste va aggiunto l’aumento della frequenza delle inondazioni: dal 2015 al 2018, sei grandi inondazioni si sono verificate solo nelle regioni situate nelle aree aride e semiaride del paese.
Un po’ di numeri
La precipitazione media annua è stimata in 228 mm, variando da 50 mm in alcune parti del bacino idrico centrale, a più di 1.500 mm in alcune zone costiere vicino al Mar Caspio. Il 30% delle precipitazioni si verifica sotto forma di neve e il resto cade sotto forma di pioggia.
Dei 406 miliardi di metri cubi delle precipitazioni annue, si stima che il 68% evapori prima di raggiungere i fiumi. A questa terribile inefficienza va aggiunto l’inquinamento dovuto alla gestione inadeguata delle acque reflue e dei rifiuti solidi. Quasi due terzi delle acque reflue degli impianti industriali finiscono nelle acque superficiali e sotterranee senza alcun trattamento. Inoltre, la mancanza di rete delle acque reflue e il consumo eccessivo, in particolare nelle grandi città, inquinano le risorse di acqua dolce disponibili e ne limitano l’uso.
Secondo l’agenzia meteorologica iraniana, la temperatura media del paese è aumentata di 2°C dagli anni ’60 e le precipitazioni sono diminuite del 20% negli ultimi 20 anni.
Tra i paesi della zona, l’Iran sperimenterà un aumento di 2,6 °C delle temperature medie e un calo del 35% delle precipitazioni nei prossimi decenni. L’Iran, è il primo paese mediorientale responsabile del cambiamento climatico per emissioni totali di gas serra, nonché il settimo al mondo.
Acqua, una questione politica?
Il governo imputa l’attuale crisi idrica in Iran al cambiamento climatico globale, alla frequente siccità e alle sanzioni internazionali, ritenendo che la carenza d’acqua sia periodica. Tuttavia, i drammatici problemi di sicurezza idrica dell’Iran sono radicati in decenni di pianificazione disintegrata e miopia manageriale. L’Iran ha sofferto di un paradigma di gestione basato sui sintomi, che si concentra principalmente sulla cura di questi piuttosto che sull’affrontarne le cause.
Due progetti ambiziosi e costosi discussi dalle amministrazioni iraniane sono esempi di questa miopia: il trasferimento di acqua sia dal Mar Caspio a nord che dal Golfo Persico a sud. I due progetti hanno sollevato preoccupazioni sia economiche che ambientali. Gli economisti ritengono che portare acqua desalinizzata nelle province meridionali del Golfo Persico costerebbe troppo e non sarebbe sostenibile. Gli ambientalisti ritengono che i tubi sotterranei, o addirittura fuori terra, necessari per tale impresa, porterebbero alla deforestazione e danneggerebbero la biodiversità delle regioni nordiche.
Come se non bastasse, a causa delle sanzioni internazionali, il governo ritiene che il paese sia autosufficiente quando a prodotti ad alta intensità idrica come riso, grano e canna da zucchero.
Il 2021 è stato apice di turbolenze quando molti iraniani, agricoltori e non, sono scesi in strada per protestare contro la carenza d’acqua e la cattiva gestione del governo. Le manifestazioni sono iniziate nella regione del Khuzestan e si sono diffuse in altre città, inclusa Teheran. Ancor prima, nel 2017, pochi giorni dopo una grossa manifestazione a Isfahan, gli iraniani della regione adiacente sono scesi in piazza per la stessa causa. Per giorni, centinaia di residenti di Chaharmahal e Bakhtiari si sono radunati nel capoluogo per protestare contro la scarsità d’acqua. Quasi metà milione di residenti di quella regione lotta per ottenere acqua potabile. Una regione che fatica a fornire acqua per l’agricoltura che dà lavoro alla maggior parte dei residenti.
Acqua, una questione interna?
Tra Teheran e Ankara la questione della gestione delle acque transfrontaliere sta gradualmente occupando il centro del palcoscenico delle relazioni tra i due Paesi.
Al centro della questione c’è un progetto multimiliardario dell’Anatolia sudorientale: il progetto comprende 22 dighe e 19 centrali idroelettriche sui fiumi Tigri ed Eufrate che hanno causato grave siccità in gran parte della Siria e dell’Iraq. Vista da Teheran, tuttavia, è la diga di Ilisu sul fiume Tigri a rappresentare la minaccia ambientale più grave per le sue province meridionali e occidentali ricche di risorse, sì, ma altamente impoverite. Secondo i funzionari iraniani, il recente aumento delle tempeste di sabbia in queste regioni è il risultato diretto della riduzione dei flussi d’acqua nel Tigri e della successiva siccità in Iraq causata dalla diga di Ilisu.
Dall’altra parte, il Kurdistan iracheno, ha sofferto la sua giusta quota di crisi idriche nel corso dei decenni, ma una catastrofe più seria si sta profilando in quanto l’Iran continua a bloccare le principali forniture d’acqua dai due fiumi principali della regione, principali fonti di sostentamento per quasi due milioni di persone. I fiumi Sirwan e Piccolo Zab sono cruciali per le due principali dighe della regione, e se l’Iran continuasse a limitare il flusso d’acqua in Iraq, le conseguenze potrebbero essere disastrose per l’intera zona.
Ci sono tensioni idriche quasi analoghe con altri paesi confinanti, dall’Afghanistan fino all’Azerbaijan.
Un’estate tragica
Nell’estate 2022 appena conclusa, le nuove inondazioni hanno investito quasi la metà del territorio iraniano, specialmente le regioni meridionali le quali raramente ricevono piogge così torrenziali nei mesi estivi.
Il bilancio finora è davvero tragico: più di 90 decessi e centinaia di dispersi, migliaia di ettari di campi coltivati e frutteti allagati o distrutti, numerose frane e diverse dighe spazzate via. I video delle macchine che galleggiano nei fiumi, fiumi che scorrono improvvisamente nei bacini fino ad allora secchi, girano ancora sui social e le grida di aiuto di persone intrappolate in mezzo ai torrenti sono diventate la nuova normalità delle vacanze estive degli ultimi anni.
Per l’Iran, l’unica luce in fondo al tunnel sono i fulmini del prossimo temporale.
foto: khabaronline.ir