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Ebrei contro il sionismo. Storia dell’antisionismo ebraico

Yakov M. Rabkin | The Left BerlinL’opposizione ebraica al sionismo ha una lunga storia, dai tempi di Theodor Herzl fino alle comunità chassidiche e agli haredim odierni. Ne ha parlato Yakov M. Rabkin, professore emerito dell’Università di Montréal, in Canada, autore del volume A Threat from Within: A Century of Jewish Opposition to Zionism (Fernwood, 2006).

Il sionismo come ideologia nazionale per gli ebrei dell’Impero russo

Theodor Herzl a Basilea

L’idea sionista, spiega Rabkin, nasce dal protestantesimo: il ritorno degli ebrei in Terra Santa dovrebbe accelerare la seconda venuta del Cristo – un’idea che permane ancora oggi tra i cristiani sionisti d’America.

Il contesto è quello del XIX secolo: quando gli ebrei in Europa occidentale, dopo le riforme napoleoniche, avevano ottenuto i diritti civili e si integravano come cittadini di confessione ebraica (inculturazione ed emancipazione). In un tale ambiente, il nazionalismo ebraico di Herzl non trova terreno fertile. Il primo congresso sionista, organizzato a Monaco nel 1897, deve riparare a Basilea dopo che le organizzazioni ebraiche tedesce chiedono al governo di vietarlo. Minacciando l’integrazione degli ebrei nelle società occidentali, infatti, il sionismo si pone come uguale e contrario alla Lega Antisemita: entrambi sostengono che gli ebrei non abbiano posto nelle società europee.

Dall’altra parte, nell’Impero russo, gli ebrei restavano confinati nelle marche occidentali (pale of settlement), zona in cui abbandonano l’osservanza religiosa e la lingua yiddish per acquisire cultura russa e ideali socialisti, ridefinendosi come “ebrei secolari“. Trovandosi assieme ad altre nazioni senza stato, come polacchi e lituani, questi ebrei russi (ashkenaziti) sono più attratti all’ideale sionista. Il sionismo risponde a un loro preciso bisogno politico, come ideologia di colonizzazione e creazione di una enclave europea, che fosse in Uganda o in Palestina.

Il sionismo come minaccia all’identità religiosa ebraica

Joel Teitelbaum
Joel Teitelbaum

Oltre alle preoccupazioni per l’integrazione sociale, si sviluppano anche motivazioni religiose dell’antisionismo. Il sionismo infatti ridefinisce il significato dell’essere ebreo: non più basato sull’osservanza dei comandamenti divini (la prassi religiosa) ma secolarizzato e basato sull’appartenenza nazionale. Per i leader religiosi ebraici, ortodossi quanto rifomati, ciò appariva come una bestemmia. La confutazione teologica del sionismo, redatta nel 1958 da rabbi Joel Teitelbaum del chassidismo Satmar, resta un classico per gli ultraortodossi odierni, inclusi gli haredim di Gerusalemme. L’idea sionista è per loro una minaccia alla tradizionale identità ebraica: gli ebrei sono un gruppo confessionale e spirituale, non una nazione separata.

Il socialismo ebraico e il suo declino

Sono invece i movimenti socialisti ad accettare gli ebrei come nazione separata: il socialismo non si opponeva al sentimento nazionale in sè, benché ritenesse il nazionalismo borghese come una distrazione dalla lotta di classe. Nella Polonia interbellica, il Bund sosteneva la trasformazione socialista delle comunità ebraiche nei paesi in cui vivevano. Col tempo, vari movimenti socialisti sono poi confluiti nel sionismo, che in Israele proponeva almeno fino al 1967 una società socialista tra ebrei ashkenaziti.

Amazon.com: The Founding Myths of Israel: Nationalism, Socialism, and the Making of the Jewish State eBook: Sternhell, Zeev, Maisel, David: Kindle StoreZeev Sternhell, nel libro Nascita d’Israele, spiega come il socialismo sia stato sfruttato dai nazionalisti per creare l’infrastruttura del nuovo stato ebraico, poi trasformatosi nell’attuale economia neoliberista segnata da ampie diseguaglianze: dai kibbutz ormai privatizzati, all’egemonia culturale della nuova destra che fa oggi di Israele il riferimento politico-ideologico del nazional-populismo mondiale da Orban e Trump.

Una fascinazione per Israele, quella dell’ultradestra, che si basa anche sulla sua immagine di potenza militare. Ma la militarizzazione della società causa anche il rifiuto da parte di molti ebrei che considerano Israele una negazione della moralità ebraica – unendosi così al rabbi Teitelbaum nel considerare il sionismo come contrario alla tradizione e ai valori ebraici.

Il sionismo come ideologia nazionale e movimento mondiale

Il sionismo si presenta nel dopoguerra come ideologia nazionale di salvazione per gli ebrei. La Shoah diviene giustificazione per la creazione dello Stato d’Israele, come sostenuto anche dal ministro degli Esteri sovietico Gromyko per argomentare l’ingresso d’Israele all’ONU.

Tuttavia, lo sterminio delle popolazioni ashkenazite aveva privato lo stato ebraico del suo bacino demografico di riferimento. L’opzione di riserva fu quella di rivolgersi agli ebrei provenienti dai paesi arabi – i mizrahim – che fino ad allora erano rimasti ai margini del movimento sionista (negli anni ’30 solo lo 0.3% dei membri dell’Organizzazione sionista mondiale erano ebrei non europei).  Ma questa sostituzione etnica non fu senza problemi: per assimilarsi nella società israeliana, ai mizrahim fu richiesto di abbandonare la propria identità culturale e assumere quella ashkenazita, dominante nello Stato-nazione ebraico.

Allo stesso tempo, l’adesione al sionismo è diventata l’opzione di base per l’espressione sociopolitica dell’ebraismo anche nelle comunità della diaspora. La leadership delle organizzazioni ebraiche americane era a lungo rimasta nelle mani delle famiglie di ebrei tedeschi, socialmente affermati e antisionisti.  L’arrivo in America degli ebrei russi e la loro progressiva integrazione sociale hanno portato queste organizzazioni – come l’Anti Defamation League – su posizioni più simpatetiche al sionismo. Per molti ebrei americani secolarizzati, oggi, il sostegno allo Stato di Israele è rimasta l’unica espressione quotidiana di identità ebraica.

Il futuro dell’antisionismo ebraico

Jacob Israël de Haan - Wikipedia
Jacob de Haan

L’antisionismo ebraico non è mai stato popolare. La prima vittima fu Jacob de Haan, ebreo olandese membro dell’Alleanza ultraortodossa, assassinato nel 1925 dall’Hagana, l’organizzazione militare sionista, mentre organizzava una visita di rabbini antisionisti a Londra. L’antisionismo è oggi assimilato all’antisemitismo: come già sostenuto negli anni ’60 dal ministro degli esteri israeliano Abba Eben, ciò avrebbe portato alla delegittimazione finale dell’opposizione al sionismo.

L’antisionismo dei rabbini chassidici resta un elemento di dissonanza cognitiva per le nuove generazioni di coloni israeliani in Cisgiordania, convinti dell’appropriatezza delle proprie azioni per la tradizione ebraica, che richiede un approfondimento. Un dibattito sull’antisionismo ebraico è oggi più facile in Israele che non in Occidente, dove resta un argomento tabù.

Allo stesso modo, è in corso una transizione generazionale e sociopolitica anche nelle comunità ebraiche della diaspora angloamericana, con una crescita dell’attivismo antisionista ebraico, per motivazioni religiose o politiche e morali. Le posizioni nazionaliste dei governi di destra israeliani degli ultimi vent’anni, sempre più esplicite ed abrasive, risultano infatti alle orecchie dei giovani ebrei in contraddizioni con i valori morali e la tradizione culturale ebraica. I giorni dell’antisionismo ebraico non sono ancora contati.

Chi è Andrea Zambelli

Andrea Zambelli è uno pseudonimo collettivo usato da vari membri della redazione di East Journal.

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