Čelik Zenica

CALCIO: Quando il Čelik Zenica sconfisse la Fiorentina

Il rosso del ferro incandescente e il nero del carbone sono i colori del Čelik, club di calcio simbolo del centro industriale bosniaco di Zenica, sede della più grande acciaieria e di una delle più importanti miniere di carbone del Paese. La squadra rappresenta completamente l’anima operaia della città, a partire dai colori e dal nome, Čelik, che significa letteralmente “acciaio”. Zenica è sede anche di quella che è stata la più grande prigione della ex-Jugoslavia, il KP Dom, molto presente nella cultura popolare e tema della canzone Zenica Blues del gruppo rock Zabranjeno Pušenje. La prigione ha dato il nome ai Robijaši, letteralmente “i carcerati”, gli ultras del Čelik.

L’andata della finale della Coppa Mitropa 1972

Una data importante per la città è il 4 ottobre 1972. Quel giorno, a Zenica, veniva aperto per la prima volta il nuovo stadio cittadino, il Bilino Polje. La partita inaugurale era la finale di ritorno della Coppa Mitropa: dall’altra parte del campo c’era la Fiorentina di Nils Liedholm. All’andata, allo Stadio Comunale di Firenze, il Čelik aveva sorpreso tutti, strappando un prezioso 0-0. Alojz Renić, allora capitano della squadra, ha ricordato quella partita in un’intervista con il giornale Oslobodjenje: “Al tempo era impensabile che noi potessimo tornare da Firenze senza essere sconfitti. È stata una grande sorpresa”. In quella partita, la Fiorentina ha fallito anche un calcio di rigore, finito sul palo. Lo ricordava ancora qualche anno fa, con una punta di veleno, Goran Peleš, ex centrocampista del Čelik: “Nella prima partita l’arbitro sosteneva gli italiani. Ha concesso loro anche un calcio di rigore molto discutibile”.

Il ritorno a Zenica

La partita di ritorno, a Zenica, però, è stata un’altra storia. Davanti a 34.000 persone, i rossoneri hanno controllato la partita, costringendo la Fiorentina ad asserragliarsi in difesa. Loris Ciullini, inviato de L’Unità, ha sottolineato la grande grinta dei giocatori di casa e il clima incandescente in cui la partita si è giocata.

A fare immediatamente le spese dell’aggressività dei giocatori del Čelik è stato Giancarlo De Sisti, anello fondamentale del gioco viola, infortunato alla coscia da Brdarević. A pochi minuti dal calcio d’inizio, la Fiorentina ha colpito un palo dopo un colpo di testa di Perego, ma i 70 minuti seguenti sono stati dominati dai giocatori di casa. Il Čelik ha continuato a premere e a controllare il pallone, mentre Renić falliva due importanti occasioni, complice anche il portiere viola Franco Superchi.

La pressione dei rossoneri è rimasta viva lungo tutto il corso della gara, mentre la Fiorentina attendeva i supplementari, tentando qualche sortita in contropiede. Una di queste, al minuto numero 87, ha gelato lo stadio di casa: Sormani ha deviato un pallone verso Clerici, che ha insaccato alle spalle del portiere Vujačić, ma l’arbitro austriaco Marshall, su indicazione del guardalinee, ha annullato il gol per fuorigioco, scatenando le proteste degli ospiti, che hanno portato all’espulsione dello stesso Clerici. Un minuto dopo, calcio d’angolo per il Čelik: il cross di Peleš ha trovato la testa del mediano Mirsad Galijašević, la cui deviazione ha spedito il pallone in rete. Tutto regolare per l’arbitro Marshall ed esplosione di gioia sugli spalti del Bilino Polje: quello è stato il gol decisivo. Il Čelik ha così conquistato la seconda Coppa Mitropa consecutiva, dopo il successo dell’anno precedente contro l’Austria Salisburgo.

Quella di Renić, Peleš e Galijašević è stata una generazione leggendaria del Čelik, che era entrato per la prima volta nella massima divisione jugoslava solo pochi anni prima, nel 1966. Prima della partita contro la Fiorentina e dell’apertura del Bilino Polje, i rossoneri giocavano le loro partite al campo di Blatuša, circondato, da una parte, dalla ferrovia e, dall’altra, dalle case dei ferrovieri. Gli spalti in legno accoglievano circa 10.000 tifosi. Da lì è partita la squadra che ha sconfitto la Fiorentina.

Il difficile presente del Čelik

Negli anni seguenti, i successi per il Čelik non sono mancati. In particolare, è rimasto speciale il legame con la Coppa Mitropa: i rossoneri hanno raggiunto la finale, senza vincere, nel 1973 e nel 1980. Anche dopo l’indipendenza della Bosnia-Erzegovina, la squadra, che è sempre stata una delle più seguite del Paese, ha conquistato tre tornei nazionali, fra cui il primo storico campionato del 1994. Negli ultimi anni, però, la cattiva gestione finanziaria del club ha portato il Čelik sull’orlo della bancarotta. Nonostante la trasformazione della struttura del club in un azionariato popolare, l’arrivo in società del controverso investitore turco Aydin Olgun ha portato a una fase di instabilità. Poche settimane fa, dopo due anni di gestione tutt’altro che trasparente, l’investitore turco ha lasciato il club, con strascichi di polemiche e stipendi non pagati da mesi. Il Čelik, che si è salvato più volte dalla bancarotta negli ultimi anni, oggi pare un passo più vicino alla propria fine. E l’inizio di questa fine è arrivato proprio ieri. La ripresa del campionato dopo lo stop dovuto alla pandemia da coronavirus ha condannato il Čelik alla seconda divisione bosniaca. Non succedeva dal 1989.

Foto: Pagina Facebook “La nostra Serie A negli anni 70“.

Chi è Dino Huseljić

Studente dell'Università di Pisa, cresciuto in Bosnia-Erzegovina e formato in Lombardia. Si interessa di Balcani e di tutto ciò che riguarda il calcio e la pallacanestro.

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