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CROAZIA: Un’estate segnata da aggressioni verso la minoranza serba

A fine agosto in Croazia si sono verificati due episodi gravi di danneggiamenti e aggressioni, verbali e fisiche, verso persone appartenenti alla minoranza serba del paese. Si tratta solo degli ultimi esempi di attacchi su base etnica contro serbi in Croazia, il che mette in luce come il rispetto delle minoranze e i rapporti tra i croati e la minoranza serba sono ancora nodi irrisolti nel paese.

I fatti di agosto

Il 21 agosto nel villaggio di Uzdolje, nei pressi di Knin, una dozzina di persone a volto coperto ha fatto irruzione in un bar, gestito da serbi, che trasmetteva il preliminare di Champions League tra la Stella Rossa di Belgrado e gli svizzeri dello Young Boys. Gli uomini hanno insultato con frasi discriminatorie e razziste i presenti e li hanno aggrediti con mazze e bastoni. Il bilancio è stato di cinque feriti lievi. Venti minuti dopo, nella vicina Đevrske, la polizia ha ricevuto notizia di un altro bar preso d’assalto e danneggiato, questa volta senza feriti.

Secondo quanto riporta la stampa croata, gli autori sarebbero tutti tifosi della squadra di calcio dell’Hajduk di Spalato, città che dista un centinaio di chilometri dal luogo delle aggressioni. Sono stati identificati e ora rischiano dai sei mesi ai cinque anni di prigione.

I precedenti 

I fatti della fine di agosto non sono però dei casi isolati. Proprio a Spalato, il 9 febbraio, tre giocatori della Stella Rossa di Belgrado di pallanuoto sono stati attaccati da un gruppo di uomini, mentre il 9 giugno è toccato a quattro lavoratori stagionali dell’isola di Brač, bersaglio di alcuni ultras dell’Hajduk. Due delle vittime erano serbi di Croazia.

Il 10 giugno, poi, è morto Radoje Petkovič, il politico serbo picchiato a sangue settimane prima da un veterano di guerra croato a Viškovo, nei pressi di Rijeka. A inizio estate, ancora a Spalato, un uomo serbo è stato aggredito per un tatuaggio, giudicato provocatorio: il nome della città di Knin, in caratteri cirillici.

Tensioni storiche e odio ultrà

I serbi in Croazia sono il 4% del totale della popolazione, secondo il censimento del 2011, ma non hanno mai smesso di sentirsi mal sopportati, a più di vent’anni dalla fine delle ostilità, anche a causa della narrazione profondamente nazionalista che ha caratterizzato la nascita dello stato croato. La costituzione del 1990 relega infatti i serbi a minoranza, e quindi non più uno dei popoli costituenti della Repubblica al pari dei croati, come sanciva la precedente costituzione socialista. Le tensioni politiche tra Zagabria e Belgrado negli anni si sono riverberate nei rapporti tra le due comunità, infiammati in molti casi dalle frange più nazionaliste.

Molto spesso lo sport, e il calcio in particolare, è stato il terreno in cui è sfociato l’odio etnico. A fine agosto, ad esempio, qualche giorno prima della partita di ritorno tra Stella Rossa e Young Boys, davanti allo stadio Marakana di Belgrado, è comparso anche un carro armato T-55 della JNA, l’armata federale jugoslava, messo lì dalla società per “sostenere i giocatori”. In un momento in cui la tensione tra i due stati era palpabile l’episodio è stato considerato da Zagabria come una provocazione, dato che carri armati di quel tipo erano stati usati durante l’assedio della città croata di Vukovar nel 1991.

A questa provocazione, i “Bad Blue Boys”, principale gruppo del tifo organizzato della Dinamo Zagabria, ha risposto posizionando davanti allo stadio Maksimir un vecchio trattore, schernendo quindi quelle migliaia di famiglie serbe che fuggirono dalla Croazia in seguito all’operazione “Oluja” del 1995 a bordo dei veicoli agricoli.

Richiesta di uguaglianza

Il tema del rapporto tra lo stato croato e la minoranza è stato riportato all’attenzione dell’opinione pubblica durante la campagna elettorale per le elezioni europee di fine maggio grazie al Partito democratico indipendente serbo (SDSS), la forza politica che in Croazia rappresenta la minoranza serba, guidato da Milorad Pupovac. Sui manifesti elettorali del partito campeggiavano slogan come “Sapete com’è essere serbi in Croazia?”, oppure “Jednaki” (“Uguali”), scritti però in cirillico e accostati a bandiere croate. Molti hanno subito atti vandalici, sono stati strappati o coperti con scritte e simboli inneggianti agli ustascia, il movimento fascista croato durante la Seconda guerra mondiale.

L’SDSS ha poi preso il 2,66% dei voti, un buon risultato ma non abbastanza per superare lo sbarramento del 5%, soglia alzata dal precedente 3% proprio dall’HDZ. Grazie però alla campagna di comunicazione originale e coraggiosa la richiesta di uguaglianza da parte della minoranza serba ha avuto una grande risonanza.

Le reazioni della politica

Il premier croato Andrej Plenković, dell’Unione Democratica Croata (HDZ), ha subito condannato i fatti di Knin, mentre meno limpida è stata la presidente della repubblica Kolinda Grabar-Kitarović, che si è riservata di commentare gli episodi nel dettaglio solo dopo il resoconto della polizia. Grabar-Kitarović ha però sostenuto che non per forza un episodio che veda coinvolti serbi e croati debba essere definito come “motivato etnicamente”.

Il leader del Partito socialdemocratico (SDP) Davor Bernardić, all’opposizione, ha rimarcato il susseguirsi di attacchi a sfondo etnico durante l’attuale governo. Un esecutivo che, secondo Bernardić, “Tollera l’uso del saluto ustascia Per la patria, pronti!”.

Pupovac stesso, che sostiene il governo, ha duramente criticato i tentativi di riabilitare l’ideologia ustascia, nonostante abbia ammesso che con l’arrivo di Plenković “alcuni trend negativi” siano stati bloccati temporaneamente. Ora però, secondo Pupovac, la Croazia si sta trasformando “in un fattore di instabilità nella regione”. Dichiarazioni che hanno mandato su tutte le furie il premier, che ha rivendicato i passi fatti per ridurre la polarizzazione delle società croata, invitando Pupovac a non contribuire ad alimentare le tensioni.

In un momento in cui la Croazia si appresta a entrare nello spazio Schengen e ad assumere la presidenza semestrale di turno al Consiglio dell’Unione, i casi di discriminazione e violenza verso la minoranza serba non sono un problema di poco conto, che lo stato dovrà dimostrare di affrontare con ben altra fermezza.

Foto: Total Croatia News

Chi è Tommaso Meo

Giornalista freelance, si occupa soprattutto di Balcani, migranti e ambiente. Ha scritto per il manifesto, The Submarine e La Via Libera, tra gli altri. Collabora con East Journal dal 2019.

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