UCRAINA: Kiev e il nuovo Patto di Varsavia -pardon, di Tashkent

di Matteo Zola

Il presidente russo Dmitry Medvedev ha invitato l’Ucraina ad entrare nella Collective Security Treaty Organisation (CSTO), un’organizzazione di sicurezza a cui aderiscono molte delle repubbliche ex sovietiche, una sorta di nuovo Patto di Varsavia. Solo che non a Varsavia è stato siglato: la CSTO nasce nel 2002 con il Trattato di Tashkent, capitale uzbeka, con l’intendo di offrire reciproca sicurezza militare ai suoi membri sul modello della Nato. La CSTO sostituisce la vecchia Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) e ne amplia le funzioni acquisendo un carattere prevalentemente militare.

Membri della CSTO sono Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Bielorussia e Russia. Dal “Patto uralico” sorto a Tashkent si sono defilate nel 1999 la Georgia, poi in quota Nato, e l’Azerbaijan che è divenuto principale porto energetico europeo. Kiev ha instaurato relazioni amichevoli con il Cremlino da quando a febbraio è stato eletto presidente Viktor Yanukovich. Medvedev, nel corso della sua prima visita ufficiale in Ucraina, ha detto che accoglierebbe con favore Kiev nella Collective Security Treaty Organisation guidata dalla Russia. “Se in futuro considererete appropriato unirvi alla Csto, saremo felici di accogliervi”, ha detto Medvedev a Kiev. “La CSTO non è il Patto di Varsavia: non abbiamo bisogno di confrontarci con la Nato o altri blocchi militari”.

Sarà, ma un confronto con gli altri blocchi militari sarà inevitabile se -come ventilato- l’Iran dovesse entrare nella CSTO. E questo feeling con Teheran non sorprende, visto che da anni ormai il Cremlino arma e finanzia il regime degli Ayatollah. La CSTO si incrocia e sovrappone con lo SCO (Shanghai Cooperation Organisation), un’organizzazione intergovernativa di mutua sicurezza e cooperazione economica cui partecipano, oltre ai membri del “Patto uralico” anche la Cina, con India e Pakistan come osservatori e l’Afghanistan in attesa di entrare.

Se l’Ucraina accettasse, ed è assai probabile che ciò avvenga, il “go east” dell’Ucraina la proietterebbe verso l’Asia centrale, una volta per tutte lontano dall’Europa, unita o meno che sia.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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