Lunedì 11 febbraio, a Vinogradovo, l’attivista russo Dmitry Gribov è stato assalito da un gruppo di persone mascherate, armate di mazze da baseball. Gribov si stava dirigendo verso casa della madre, quando ha subito l’attacco. Un passante, rendendosi conto della situazione, ha messo in fuga gli assalitori, minacciando di chiamare la polizia. Nonostante i soccorsi, tuttavia, Gribov è morto in ospedale alcune ore più tardi.
Le indagini
Dmitry Gribov era il responsabile del centro per combattere la corruzione nel governo, un’ONG attiva nell’oblast di Mosca. Il centro si occupa di denunciare casi di corruzione e di dare supporto alle persone che vogliano accusare di tali atti sia dei privati che le autorità. Secondo quando affermato dal Presidente della ONG, Viktor Kostromin, l’attacco sarebbe “connesso alle attività pubbliche e di anticorruzione di Gribov”. Kostromin, però, ammette anche la possibilità di un collegamento a una vicenda avvenuta due anni fa. Tre uomini avevano avuto una discussione accesa con Gribov, la quale era terminata con l’incendio dell’auto dell’attivista. La questione è stata successivamente portata in giudizio e il tribunale si è espresso a riguardo proprio poche ore prima dell’attacco.
Un uomo di 57 anni, sospettato di aver fatto parte del gruppo che ha attaccato Gribov, ha confessato di aver picchiato l’attivista a causa di questioni private. Gli investigatori sono ora in cerca dei complici – come riportato da Olga Vrady, assistente del capo della direzione del Comitato Investigativo.
Un problema sociale
La vicenda che ha coinvolto Gribov non è un caso isolato. Già a ottobre 2018, il report “Apologia of protest” aveva presentato un’analisi relativa alla violenza politica in Russia. Il comunicato, redatto da Agora International, denunciava un aumento, rispetto al 2014, di minacce e di attacchi verbali e fisici contro attivisti, giornalisti e politici. Si erano infatti registrati 21 casi nel 2015, 35 nel 2016, 77 nel 2017 – mentre nell’ottobre 2018 il numero era salito a più di 80. Tra le città più pericolose, Mosca si occupava il primo posto con 52 casi, seguita da San Pietroburgo (23) e Krasnodar (15). L’analisi riportava i dati affermando che “la realtà di oggi è tale che se hai deciso di impegnarti in attivismo sociale, preparati a minacce e attacchi, oltre alla detenzione per proteste pacifiche”.
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