Con questo articolo, lanciamo una serie di approfondimenti dedicati alle imminenti elezioni presidenziali russe. Putin resta il candidato favorito, ma accanto al suo nome ci saranno altri sette volti… che presenteremo nelle prossime settimane.
Si terranno il prossimo 18 marzo le elezioni presidenziali russe. La data è stata posticipata di una settimana ed ora coincide con il quarto anniversario dell’annessione russa della Crimea, un evento non troppo velatamente propagandistico a favore del presidente in carica Vladimir Putin. Ufficialmente la motivazione della modifica è di natura burocratica: stando alla legge, le elezioni vanno tenute la seconda domenica del mese in cui si sono tenute le ultime presidenziali, ma non in una settimana contenente un giorno festivo. Domenica 11 marzo pertanto non poteva essere un giorno utile, in quanto segue la festa dell’8 marzo, che in Russia non è giornata feriale.
Vladimir Putin è il candidato favorito, ancora una volta. La legge permette la sua seconda rielezione consecutiva; in totale risulterebbe essere la quarta, dopo le esperienze 2000-2004, 2004-2008 e 2012-2018.
Putin è l’unico candidato a presentarsi come indipendente – 300 mila le firme richieste in questo caso. I due candidati presentati dai partiti che siedono alla Duma – rispettivamente Vladimir Žirinovskij per LDPR (partito liberal-democratico) e Pavel Grudinin per KPRF (partito comunista) – non hanno avuto bisogno di presentare firme per venire registrati. I restanti cinque candidati, tutti presentati da partiti che non sono rappresentati alla Duma, hanno dovuto presentare 100 mila firme ciascuno.
Sulla scheda elettorale gli elettori vedranno pertanto otto nomi: in ordine alfabetico, Sergej Baburin (Rossijskij Obščenarodnyj Sojuz), Pavel Grudinin (KPRF), Grigorij Javlinskij (Jabloko), Vladimir Putin (indipendente), Ksenija Sobčak (Graždanskaja iniciativa), Maksim Surajkin (Kommunisty Rossii), Boris Titov (Partija rosta) e Vladimir Žirinovskij (LDPR).
Stando ai sondaggi VCIOM di metà febbraio, Putin è il candidato favorito con il 69,5% delle preferenze, seguono Grudinin con il 7,5% e Žirinovskij con il 5,3%. Tutti gli altri restano sotto all’1% (solo Javlinskij di poco lo supera, 1,4%).
Settanta erano inizialmente le candidature arrivate tra il 18 dicembre e il 12 gennaio alla commissione elettorale: molti hanno poi scelto di ritirarla, altri sono stati esclusi. Tra i grandi assenti, sicuramente Aleksej Navalny, escluso immediatamente il 25 dicembre dalla commissione elettorale a causa della condanna in corso a suo carico (per i casi KirovLes e Yves Rocher Vostok). Tre giorni dopo l’esclusione l’oppositore ha tentato un ricorso, rigettato definitivamente a inizio gennaio; l’avvocato di Navalny, Ždanov, ha annunciato di intendere denunciare l’avvenuto alla Corte Europea dei Diritti Umani. A fine gennaio Navalny ha invitato gli elettori a non recarsi alle urne in segno di protesta. Un altro escluso, per motivazioni simili, è il giornalista Oleg Lur’e, condannato per estorsione ai danni del senatore Sluckij. In altri casi la commissione elettorale ha rifiutato la candidatura per lacune nella procedura di presentazione della documentazione, come nel caso di Ajna Gamzatova, intellettuale e giornalista di riferimento per il mondo laico e musulmano dagestano, nonché moglie del mufti del Dagestan Abdulaev (suo primo marito è stato invece il precedente mufti Abubakarov, assassinato nel 1998). Il leader del partito monarchico Anton Bakov ha dovuto ritirare la sua candidatura invece perché si rifiutava di indicare come nazionalità una entità diversa dal suo amato Impero dei Romanov.
Nel frattempo, la rete si è popolata di video che invitano anche in maniera giocosa e leggera a recarsi alle urne a questa tornata elettorale. Ricordiamo che l’affluenza alle ultime parlamentari del 2016 non è andata oltre uno scoraggiante 47% (per quanto riguarda le presidenziali del 2012 era stata del 65%).