Nazicomunisti russi, la sintesi degli estremi

SLOVACCHIA: Anche Bratislava equipara comunismo e nazismo

Qualcuno in Europa occidentale storcerà il naso, ma dopo Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria, anche la Slovacchia equipara dal punto di vista giuridico e penale il comunimo e il nazismo. Un’equiparazione che punisce quindi i crimini commessi dal comunismo durante i cinquant’anni di regime, e persegue l’apologia. Nell’atto pratico è possibile che la bandiera rossa con falce e martello venga proibita, in Polonia è già così, esattamente come la croce uncinata.

La Slovacchia ha approvato la legge il 2 luglio scorso, e certo il governo guidato dalla Radicova non si può definire “ultranazionalista”. La legge, in cantiere da tempo, era stata affossata nei primi anni Duemila dai partiti di sinistra e ha trovato – dopo la fine del governo Fico – nuova possibilità di approvazione grazie al partito cristiano-democratico. L’approvazione della legge, in Slovacchia come nei Paesi che l’hanno preceduta, corrisponde a un’elaborazione del proprio passato, dei cinquant’anni di terrore, delazione, persecuzione, che i regimi comunisti hanno rappresentato in Europa orientale. L’equiparazione è dunque un passo in avanti: facendo i conti col passato è possibile costruire il futuro. E per comprendere la forza di annichilimento del comunismo esteuropeo è sufficiente leggere qualche pagina di Jan Zabrana, di Zbigniew Herbert, o ricordarsi dell’insurrezione di Budapest, della rivolta di Praga, dell’eccidio di Katyn.

Giovanni Paolo II aveva definito il nazismo “male assoluto” mentre il comunismo “male e basta”. Detto da un Papa polacco era sembrata verità inconfutabile. Qualcuno dalle nostre parti ha gongolato di essere un “male minore”, anche se il pulpito non era comunque esente da colpe simili. Certo era quello un modo per tentare una riconciliazione storica durante la difficile fase di transizione dalla dittatura alla democrazia. Ora che questa fase è conclusa, i Paesi più avanzati dell’Europa centro-orientale possono guardarsi indietro senza paura, animati non dalla sete di vendetta quanto dalla necessità di metabolizzare la propria Storia recente. In Europa occidentale qualcuno dirà, come sovente si dice in questi casi, che i “nostri” partiti comunisti erano (e sono) un’altra cosa. In parte è senz’altro vero. Essi però rappresentano la barbarie del Novecento e la loro ombra rischia di inquinare lo sviluppo democratico che oggi l’Europa tutta deve affrontare, un inquinamento non diverso dai quello dei partiti di estrema destra che, in un modo o nell’altro, si rifanno ai fascismi del secolo scorso. Equiparare nazismo e comunismo è forse l’unico modo per superare il Novecento, e disinnescarlo per sempre.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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