STORIA: Le sorelle Baković. Due antifasciste che la Croazia si è dimenticata

Quella di Rajka e Zdenka Baković è una delle tante storie dimenticate di donne che parteciparono alla resistenza antifascista in Croazia. Le due sorelle, rispettivamente di 21 e 24 anni, morirono a Zagabria nel dicembre del 1941, dopo essere state catturate e torturate dalle milizie filo-fasciste degli ustascia.

La famiglia Baković e l’occupazione della Croazia

Rajka e Zdenka nascono in Bolivia, dove la famiglia, originaria dell’isola dalmata di Brać, si è stabilita agli inizi del secolo per cercare fortuna. Nel 1921 i Baković tornano in Croazia, parte del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, e dopo qualche anno si stabiliscono a Zagabria, dove Rajka si iscrive all’università e Zdenka lavora per l’azienda Singer.

L’intera famiglia Baković, specialmente Rajka e il fratello Jarko, è attiva nel Partito Comunista, dal 1937 guidato da Josip Broz Tito. Con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, la situazione politica a Zagabria precipita. L’occupazione nel 1941 del Regno di Jugoslavia da parte delle forze dell’Asse segna la nascita dello Stato Indipendente di Croazia, guidato dall’ustascia Ante Pavelić.

Tra le file di coloro che decidono di resistere all’occupazione fascista, c’è anche la famiglia Baković e, in particolare, Rajka, Zdenka e Jarko. Il negozietto di famiglia, al numero 7 di Nikolićeva Ulica, diventa uno dei luoghi chiave della resistenza di Zagabria. Le due sorelle raccolgono e recapitano messaggi segreti, inviano lettere ai partigiani e spiano gli ufficiali nazisti, che frequentano il negozio per comprare giornali tedeschi.

L’arresto

Il 20 dicembre 1941, Zdanka e Rajka vengono arrestate e portate al quartier generale ustascia, che si affaccia sulla Piazza III, oggi Piazza delle Vittime del Fascismo. Inizialmente, gli ustascia tengono le due sorelle al negozio, per intercettare altri membri della resistenza. La partigiana Hana Pavelić riesce però a capire dal comportamento delle ragazze che il negozio non è più un luogo sicuro, e lancia l’allarme. Dopo non molto tempo, Hana viene catturata e trasferita nel campo di concentramento di Stara Gradiška, dove morirà nel 1942.

Non potendo più usare le sorelle Baković come esche, gli ustascia decidono di provare ad estorcere informazioni con la tortura. Dopo giorni di sevizie, Rajka viene trasportata in ospedale, dove muore. Quando Zdenka scopre che la sorella non è più all’interno del suo stesso edificio, decide di uccidersi, gettandosi dalla finestra della sua cella.

In memoria delle sorelle Baković

Come molte altre storie della resistenza antifascista in Croazia, anche la vita delle sorelle Baković è stata più volte onorata o cancellata, a seconda delle necessità. Nel 1977, due statue raffiguranti le giovani vengono collocate in un vicolo nel centro di Zagabria, che prende il loro nome. Negli anni 90, durante la guerra d’indipendenza croata, le due statue sopravvivono all’opera di bonifica voluta da Franjo Tudjman, volta ad eliminare ogni traccia della Jugoslavia e della lotta antifascista. I volti delle due sorelle vengono lasciati al loro posto, in un buio angolo e senza targa, ma il vicolo prende il nome di Miškec, un leggendario senzatetto della capitale, probabilmente mai esistito.

Oggi, il vicolo è stato nuovamente dedicato alle due sorelle, che rimangono quasi invisibili su una parete. La loro storia, insieme a quella di molti altri partigiani, sta lentamente svanendo dalla memoria della città.

La storia di Zdranka e Rajka, e quella della resistenza a Zagabria, è stata recentemente raccontata da Jadran Boban nel film “Duhovi Zagreba” (Fantasmi di Zagabria).

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autrice sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna

Chi è Silvia Trevisani

Nata nel nord-est italiano, vive e lavora tra Zagabria e Copenaghen. Possiede una laurea triennale in Studi Internazionali (Università di Trento) e una magistrale in Interdisciplinary research and studies on Eastern Europe (Università di Bologna). Appassionata di Balcani, interessata agli studi di genere e spaventata dai neofascismi, ne scrive per East Journal. Parla inglese, francese e, dopo una rakija, serbo-croato.

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