CECENIA: Il presidente Kadyrov in difesa della poligamia

Dopo la notizia delle persecuzioni gay in Cecenia di poche settimane fa, Ramzan Kadyrov torna a rilasciare dichiarazioni sui generis in materia di violazioni dei diritti e discriminazioni.

La poligamia in Cecenia

Il fedele alleato di Putin si è espresso nuovamente a favore della poligamia: secondo la legge islamica, ogni uomo può avere fino a quattro mogli, ammesso che sia in grado di “offrire a tutte le stesse attenzioni e prosperità”. Nonostante la legge russa, che la repubblica è chiamata ad osservare in quanto parte della Federazione, vieti la pratica, essa risulta ad oggi ancora diffusa, soprattutto tra gli uomini di potere. Alcuni pensano inoltre che lo stesso Kadyrov possa avere più mogli oltre a quella ufficiale. Infatti, la legge “che conta” in Cecenia è quella dettata dal presidente, il quale ha gradualmente creato la sua personale interpretazione dell’adat, un codice di condotta diffuso in diverse varianti anche in Asia Centrale e nel sud-est asiatico.

I due sistemi giuridici sono quindi in competizione. Già in passato, Kadyrov aveva supportato alcune pratiche islamiche, come i matrimoni precoci, l’obbligo per le donne di coprirsi il capo in tutti i luoghi pubblici e il divieto di bere alcolici, suscitando la reazione di Mosca. Inoltre, nel 2009, con l’ormai storica frase “nessuno può imporci di non essere musulmani“, e sottolineando altri concetti quali “ogni moglie è proprietà di suo marito” o “l’unica ragione di vita della donna è la procreazione”, il presidente giustificò pubblicamente il delitto d’onore, in seguito al ritrovamento dei corpi di sette donne uccise dai parenti dei mariti in Cecenia.

Ma un vero e proprio scandalo scoppiò nella primavera 2015, proprio sul tema della poligamia: Elena Milashina, giornalista dell’indipendente Novaya Gazeta, portò alla luce il caso di Louisa Goilabuyeva, promessa sposa sedicenne di Nazhud Guchigov, ufficiale di polizia quarantasettenne già sposato. Inizialmente il matrimonio, deciso contro il volere della sposa, per di più minorenne, venne annullato, a causa della rinuncia di Guchigov in seguito al clamore mediatico suscitato dalla notizia; tuttavia, l’intervento di Kadyrov fu risolutivo: non solo confermò la volontà dell’ufficiale di polizia di sposare la minorenne cecena, ma assicurò che il matrimonio si sarebbe celebrato nel giorno del diciassettesimo compleanno della ragazza (età minima per sposarsi in Cecenia) e con il suo consenso, negando dunque ogni sorta di imposizione (secondo la Milashina, Guchigov avrebbe minacciato la famiglia della ragazza e predisposto dei posti di blocco nel loro villaggio al fine di evitarne la fuga).

Già all’epoca, il caso provocò una grande polemica in Russia, con Kadyrov che difese pubblicamente la poligamia per una serie di ragioni che spaziano dal problema demografico in Russia all’onestà nei confronti della propria famiglia – “meglio avere più mogli che amanti”. Pochi giorni fa invece, in un intervista a Russia Today, Kadyrov avrebbe ribadito le sue posizioni, negando però che la pratica sia diffusa e legale nel suo paese.

A questo punto verrebbe da chiedersi: a livello formale, come si può conciliare la tradizione cecena con la legge ufficiale russa? Nel caso della poligamia è semplice: i poligami registrano solo il primo matrimonio, mentre ai successivi viene concessa la sola cerimonia religiosa, riconosciuta esclusivamente dalle autorità cecene.

Il resto, secondo alcuni attivisti dei diritti umani, sarebbe parte del tacito accordo col presidente Putin: al di là delle critiche sistematiche mosse dalle autorità russe, Kadyrov sarebbe libero di applicare la sharia e ogni altra misura, in cambio di protezione da radicalismo e separatismo verso la Federazione.

Il risultato è un’ulteriore contraddizione: mentre internamente vengono tollerate le pratiche imposte da Kadyrov, a livello internazionale Putin viene dipinto dai “colleghi” europei, euroscettici e populisti, come il protettore delle radici cristiane contro la minaccia islamica globale.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association e PECOB, Università di Bologna.

Chi è Francesca Barbino

Nata in Calabria nel 1993, vive a Forlì dove si è laureata presso il MIREES, Interdisciplinary Research and Studies on Eastern Europe. Da maggio 2016 collabora con East Journal, per il quale si occupa principalmente di Caucaso.

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