SERBIA: Il paese scende in piazza “contro la dittatura”

Da BELGRADO – “Sei finito!” Questo è il coro di protesta che da due giorni sta animando la piazza di Belgrado, ma non solo. Nei due giorni che hanno seguito le elezioni presidenziali, fino a diecimila persone sono scese in piazza per protestare contro quella che definiscono “una dittatura”, riferendosi all’egemonia politica del neo-eletto Presidente della Repubblica Aleksandar Vučić.

A Vučić, che si è aggiudicato il 54% dei voti, viene contestato lo strapotere che ha conquistato all’indomani di una campagna elettorale che è durata appena un mese e durante la quale sono stati interrotti i lavori del parlamento – cosa che ha di fatto impedito che questi divenisse il luogo del confronto pre-elettorale tra le varie forze politiche.
Inoltre, il nuovo presidente serbo viene accusato di non garantire la libertà di stampa e di avere un eccessivo controllo sui media. In tal senso, a crescere l’indignazione è stata l’ultima giornata di campagna elettorale, quando il logo e motto di Vučić sono comparsi per intero sulle prime pagine dei sette quotidiani nazionali più letti.

Dal canto suo, la piazza ha un volto e una composizione eterogenea. Va detto infatti che non si tratta di proteste indette dall’opposizione, né rivendicate da alcun partito e soprattutto che finora non si sono registrati episodi di violenza. Gli organizzatori sono infatti consapevoli che qualora le manifestazioni degenerassero in senso violento, offrirebbero il giusto pretesto allo stesso Vučić per la loro delegittimazione.

Non è un caso, infatti, che Vučić e i giornali a lui vicino, durante la campagna elettorale, abbiano più volte fatto ricorso al concetto di “scenario macedone” per delegittimare sia i leader dell’opposizione che più in generale il malcontento nei suoi confronti. In questo modo, egli preserva il suo ruolo di “garante di stabilità” sia per il paese che per la regione, cosa che all’indomani delle elezioni gli è stata riconosciuta sia dal presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk che dal presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker.

La protesta contro Vučić è un’iniziativa spontanea di carattere civico, che vede coinvolti per lo più giovani studenti, ma non solo. La novità sta nel fatto che per la prima volta non si tratta di manifestazioni circoscritte alla sola Belgrado, ma vede coinvolte tante altre città, come Niš, Novi Sad, Čačak, Kragujevac, Bor e Novi Pazar.

Il carattere delle proteste ricorda molto quello dell’anno scorso, quando la popolazione scese in piazza per diversi mesi per chiedere verità e giustizia circa il caso Savamala. Si trattò della prima sollevazione di massa di carattere civico e apartitico contro il governo, quando fu denunciato che le autorità cittadine non andarono in soccorso dei cittadini coinvolti nelle demolizioni di alcuni edifici di una via del centro di Belgrado.

Anche per queste manifestazioni, il luogo di ritrovo è il parlamento serbo, da cui inizia una marcia pacifica per le principali vie del centro e nelle quali si concentrano edifici governativi e sedi di testate giornalistiche.
Le proteste continueranno anche oggi e, come sostengono gli organizzatori, “proseguiranno ad oltranza” perché la popolazione non dovrebbe dimenticare che “anche Milošević vinse le elezioni”.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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