Il cittadini residenti nelle repubbliche di Donetsk e Lugansk potranno entrare nella Federazione Russa col passaporto ed i documenti rilasciati dalle autorità separatiste e tali documenti saranno considerati validi su tutto il territorio della Federazione.
Un nuovo ordine mondiale fatto di… ordini esecutivi
Se nelle scorse settimane hanno fatto discutere alcuni ordini esecutivi firmati dal presidente statunitense Trump, in questo caso è un ordine esecutivo siglato da Vladimir Putin il 18 febbraio scorso a far pensare. Con una propria decisione il presidente russo ha deciso che gran parte dei documenti rilasciati dalle autorità separatiste di Donetsk e Lugansk avranno validità su tutto il territorio della Federazione Russa. Non si parla solo dei passaporti, che in passato erano poco più di carta straccia, dato che non erano riconosciuti validi per l’ingresso in alcuno stato del mondo, ma anche di altri documenti di identificazione, diplomi di studio, certificati di nascita, di matrimonio, di divorzio, di morte, targhe e documenti di registrazione dell’auto.
Ad ogni azione corrisponde una reazione
Fanno pensare i tempi in cui questo provvedimento è stato adottato. Poche ore prima della firma il vice presidente americano Mike Pence, durante il proprio intervento alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera, affermava che molta responsabilità degli avvenimenti nell’est ucraino, incluse le escalation degli ultimi giorni, erano colpa della Russia, e che le autorità russe sembravano poco interessate a far funzionare gli accordi di Minsk.
Un doccia fredda per il Cremlino che si aspettava un braccio teso dalla nuova amministrazione statunitense.
Che la firma dell’ordine esecutivo giusto qualche giro di lancette dopo sia in qualche modo connesso a ciò, quasi fosse una ritorsione? Non si può certamente escludere.
Argomento: diritti umani
Nella pagina della Presidenza russa in cui è pubblicato l’ordine esecutivo salta all’occhio l’argomento nel quale è inquadrato l’atto: diritti umani.
“Guidato dai principi universalmente riconosciuti e dagli standard del diritto internazionale umanitario e al fine di proteggere i diritti e le libertà degli individui”… ecco la motivazione addotta. Insomma Putin come un moderno paladino della giustizia, se si dovesse prendere per buona la motivazione ufficiale.
Era proprio necessario?
Ma torniamo ai cittadini delle zone sotto il controllo dei separatisti. Erano davvero ostaggi all’interno dei finti confini delle repubbliche di Donetsk e Lugansk? Tralasciando la possibilità di andare nei territori controllati dalle forze governative ucraine (con passaporto ucraino), per entrare in Russia di fatto erano sempre stati ammessi i documenti rilasciati dalle repubbliche separatiste, che venivano riconosciuti validi anche per girare liberamente nel paese. Inoltre, le dogane tra territori separatisti e Russia non possono affatto dirsi impermeabili.
Varie interpretazioni, e solo Putin ha le risposte
L’atto di Putin, nell’essere ben pensanti, ha davvero colmato un vuoto normativo e regolarizzato qualcosa di comunemente accettato, anche considerato che nell’atto si specifica che trattasi di cittadini ucraini in territorio ucraino. Se invece si vuol essere dietrologi, l’aver riconosciuto de jure documenti emessi dai separatisti che erano riconosciuti de facto può davvero rappresentare un punto di partenza per un eventuale riconoscimento delle repubbliche di Donetsk o Lugansk (al momento remoto) o – e questo più probabile – un modo per integrare meglio le popolazioni, le economie e le burocrazie rendendo quei territori di fatto parte della Federazione Russa. Fantapolitica? Può essere… lo dicevano anche della Crimea prima che passasse sotto controllo del Cremlino!