Già da marzo le autorità russe hanno lanciato Max, un’app di messaggistica sviluppata da VKontakte, uno tra i più grandi social in lingua russa. Da questa estate i legislatori stanno facendo pressione su istituzioni e cittadini affinché sostituiscano Telegram e WhatsApp con questa alternativa “patriottica”.
Cos’è Max?
Sviluppato da VKontakte (VK) – social creato da Durov, fondatore di Telegram, ma oggi posseduto dalla banca statale GazpromBank – Max è un’app di messaggistica che integra le funzioni basilari comuni alle altre applicazioni con la possibilità di accedere ai servizi governativi ed effettuare pagamenti.
Le criticità espresse dai cittadini non riguardano però l’interfaccia o i contenuti di Max, ma la sua sicurezza. L’applicazione rappresenta soltanto l’ultima operazione di un più ampio tentativo del Cremlino di arrivare ad una sovranità tecnologica che vorrebbe comprendere qualsiasi aspetto della vita online degli utenti. Da YouTube alle piattaforme streaming, dalle VPN ai sistemi di pagamento, Mosca ha da anni intrapreso un percorso che mira a mettere sotto controllo tutti i servizi internet.
Così come la cinese WeChat, anche Max non possiede alcuna crittografia end-to-end – il sistema di comunicazione cifrata attraverso il quale solo mittente e destinatario possono accedere ai messaggi scambiati. Inoltre, la registrazione sull’applicazione richiede l’utilizzo di un numero di telefono russo o bielorusso, che a sua volta necessita un ID governativo: in questo modo, tutti i dati archiviati da Max possono essere facilmente ricondotti all’identità dell’utilizzatore del servizio.
Una campagna efficace?
La campagna di promozione di Max ha visto alternarsi sponsorizzazioni più classiche e misure coercitive. L’applicazione è comparsa in numerosi video di influencer, cantanti e personaggi noti, che ne hanno esaltato la comodità. Dall’altra parte, misure più drastiche sono state messe in campo per convincere gli utenti di WhatsApp e Telegram – le due piattaforme di messaggistica che ancora oggi accolgono il maggior numero di iscritti in Russia: come già era stato fatto per agevolare la migrazione da YouTube a RuTube (la versione russa del noto servizio streaming), il Cremlino si è “limitato” a peggiorare drasticamente l’esperienza sulle applicazioni concorrenti. Roskomnadzor (il Servizio federale per la supervisione delle comunicazioni, della tecnologia dell’informazione e dei mass media) ha disabilitato le funzioni di chiamata sia sul prodotto di Meta sia su quello di Durov, citando la necessità di far fronte alle chiamate indesiderate di truffatori o malintenzionati. Oltre ad essere un pretesto fazioso atto a legittimare una campagna di migrazione coatta sulla nuova app, le dichiarazioni di Roskomnadzor rivelano anche quanto le operazioni dei servizi ucraini – che spesso agiscono tramite questo tipo di chiamate, ricattando i cittadini russi o impersonificando organi di polizia o altre autorità – siano diventate un problema quotidiano.
Accanto alle pressioni esercitate sui cittadini, infine, vanno annoverate anche quelle nei confronti delle istituzioni – scuole, posti di lavoro, enti governativi -, le quali sono dovute passare a Max per le comunicazioni ufficiali.
Dall’inizio di settembre Max è diventata l’app di messaggistica di default, venendo preinstallata su tutti i dispositivi mobili, smart tv e computer.
Un “gulag digitale”
La creazione di Max è solo l’ultimo tentativo del Cremlino di avere il controllo completo sulle attività online dei cittadini. Il progetto ha incontrato la resistenza di alcuni attivisti e persone comuni, che hanno organizzato piccole manifestazioni di dissenso autorizzate. Ad oggi, tuttavia, non esistono alternative concrete alle mosse del Cremlino – salvo esporsi a maggiori rischi e possedere conoscenze informatiche che non sono alla portata di tutti. Possiamo essere quindi certi che Max entrerà nelle case, nelle scuole e negli uffici dei russi: certamente, questo è l’effetto di una pressione coercitiva esercitata dall’alto; dall’altra parte, però, non va sottovalutato l’aspetto di “convenienza” e “comodità” offerto da questo tipo di servizi.
In un sistema autoritario come quello russo, in cui non sono forti correnti ideologiche a tenere unita la società, il mascheramento di misure coercitive con l’elargizione di servizi “convenienti” – come può essere un’applicazione unica che permette di pagare le multe, mandare messaggi, fare chiamate, prenotare visite mediche – diventa uno strumento funzionale al raggiungimento di una certa “legittimità” del regime.